Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33173 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29116-2019 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA, 120, presso lo studio dell’avvocato FABIO VETRELLA, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIO ROMANO, RUGGERO MARIA PIGRINI, ENEA PIGRINI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1780/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 29/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA DE FELICE.

RILEVATO

che:

R.A., amministratore unico di società a responsabilità limitata, domanda la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli che, confermando la sentenza del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, ha rigettato la sua opposizione nei confronti di una cartella esattoriale e di due avvisi di addebito concernenti il pagamento dei contributi previdenziali per l’iscrizione alla gestione commercianti;

la Corte territoriale ha ritenuto legittima la doppia iscrizione (alla gestione separata e alla gestione commercianti) per essere risultato, R.A., in possesso dei requisiti soggettivi per l’iscrizione anche alla gestione commercianti, ricoprendo all’interno della società, in via prevalente ed abituale, la funzione di responsabile dell’attività commerciale;

R.A. ha affidato le sue ragioni a un unico motivo, ulteriormente illustrato con memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale;

l’Inps ha depositato tempestivo controricorso;

e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Illegittima iscrizione del ricorrente nella gestione commercianti. Violazione e falsa applicazione della L. 22 luglio 1966 n. 613, art. 1, così come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 202 e ss., dall’art. 2697 c.c.”; lamenta il mancato accoglimento, da parte della Corte d’appello, delle doglianze rappresentate circa la ritenuta sussistenza dei requisiti richiesti dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 202 e ss. ai fini dell’iscrizione alla gestione commercianti, insistendo nell’affermare che l’attività da lui svolta all’interno della società di cui era amministratore mai si era tradotta in una partecipazione all’attività d’impresa e che, in ogni caso, l’onere della prova dell’abitualità e della prevalenza di una prestazione di lavoro autonomo commerciale sarebbe stata a carico dell’Inps; denuncia al riguardo che l’Istituto si sarebbe limitato a fornire visura camerale dell’azienda, irrilevante ai fini della decisione, senza fornire nessun elemento probatorio diretto a fondare l’obbligo retributivo preteso;

il motivo è inammissibile;

pur prescindendo dall’assorbente rilievo secondo cui la censura, a fronte di un accertamento di fatto della Corte territoriale (ma anche del primo giudice) in ordine al ruolo di responsabile dell’attività commerciale del R. all’interno della società di cui era anche amministratore unico appare diretta ad una rivalutazione del merito, va, altresì, rimarcato che il motivo, nel suo svolgimento argomentativo, non rende intelligibile la violazione delle norme che richiama in epigrafe;

secondo le Sezioni Unite n. 23745 del 2020, il ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, deve indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, esaminarne il contenuto precettivo e raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa;

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione dell’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’INPS, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.200,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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