Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33335 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32106-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 114/B, presso lo studio COLETTA, rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO FATICONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1718/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Presidente Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

Che:

La Corte di appello di Roma con la sentenza n. 1718/2019 aveva ritenuto estinto per intervenuta prescrizione il credito contributivo per l’anno 2009 relativo alla mancata iscrizione presso la Gestione separata Inps di R.M.. La Corte territoriale aveva infatti valutato che tra la data di scadenza del debito in questione (16 giugno 2010) e la richiesta di pagamento da parte dell’Inps avvenuta il 6 luglio 2015 si fosse consumato il termine di prescrizione non interrotto da alcun atto a ciò qualificato. In particolare la Corte escludeva che la mancata compilazione del quadro RR potesse ritenersi equivalente ad un atto preordinato ad un doloso occultamento del debito contributivo da corrispondere all’Inps.

Avverso tale decisione l’Inps proponeva ricorso affidato ad un solo motivo cui resisteva con controricorso R.M..

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

Che:

1) Con unico motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 2941 c.c., n. 8, in relazione alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 e della L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver, la corte territoriale, erroneamente valutato che l’omessa compilazione del quadro RR, necessario per la determinazione dei contributi dovuti, non costituisse comportamento doloso ai fini della sospensione della prescrizione.

Il ricorso risulta infondato. Questa Corte ha chiarito che “In materia previdenziale la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo” (Cass. n. 27950 del 2018, 19403 del 2019; sez. 6 n. 13049 del 2020).

Con specifico riguardo alla sospensione della prescrizione, deve rilevarsi che la sentenza d’appello ha motivato sulla infondatezza della censura formulata dall’Inps e, premesso che l’operatività della causa di sospensione della prescrizione, di cui all’art. 2941 c.c., n. 8, “ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito” (v. sul punto Cass. n. 19640 del 2018; n. 21567 del 2014), ha ritenuto, in riferimento al caso di specie, che “la mancata denuncia del reddito non equivalga né ad un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo da corrispondere all’Inps; né che essa configuri impedimento assoluto, non scongiurabile con i normali controlli che l’Istituto può invece sempre attivare e sollecitare anche rivolgendosi all’Agenzia delle Entrate”.

Si tratta, come evidente, di accertamento in fatto da parte dei giudici di appello non suscettibile di riesame in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come peraltro affermato dalla stessa ordinanza di questa Corte n. 6677/19, dovendosi escludere che possa stabilirsi un automatismo, come sembra pretendere l’Istituto, tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo (Cass. n. 7254/2021).

Per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 1.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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