LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giovanni – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5475-2019 proposto da:
B.A.L., rappresentato e difeso dall’avvocato DIEGO GERACI giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
NEW COSTRUZIONI S.R.L., CONDOMINIO *****, S.C., rappresentati e difesi dall’avvocato FABIO DI GIORGIO giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e EUROP ASSISTANCE S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2576/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 04/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le memorie dei controricorrenti.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE B.A.L. e Pagano Rosa, nella qualità di condomini del ***** (d’ora in poi Condominio) proponevano opposizione agli atti di precetto loro notificati dalla New Costruzioni S.R.L. ed al decreto ingiuntivo n. 2649/2008, emesso dal Tribunale di Catania contro il Condominio, sempre in favore di detta società, per il pagamento del corrispettivo di lavori edili eseguiti dalla società sul fabbricato condominiale.
Gli opponenti deducevano l’illegittimità degli atti loro notificati dalla New Costruzioni S.R.L. e l’eccessività delle somme precettate; chiamavano in causa il Condominio e il suo amministratore di condominio, S.C., adducendo una sua responsabilità professionale.
Si costituiva l’amministratore di condominio, il quale contestava le avverse domande e, per il caso di sua soccombenza, chiamava in causa il proprio assicuratore per la responsabilità civile professionale, Europ Assistance S.p.A., la quale, a sua volta costituitasi, contestava la chiamata in causa, sul rilievo che la polizza coprisse solo le spese legali e non i rischi professionali.
Il Tribunale di Catania, con la sentenza n. 1594/2015 dell’11/04/2015, rigettava l’opposizione e condannava gli opponenti al pagamento di Euro 12.000,00 in favore della New Costruzioni S.R.L. e di S.C., oltre spese processuali.
Proponevano appello sia B.A.L., con citazione notificata ai difensori di Rosa Pagano e della Europ Assistance, sia P.R., con citazione notificata ai difensori di B.A.L. e della Europ Assistance.
Non andava a buon fine la notifica di entrambi gli appelli alla New Costruzioni S.R.L., a S.C. ed al Condominio, risultando i rispettivi procuratori trasferiti altrove, come attestato dalla relazione dell’ufficiale giudiziario.
Ottenuti i termini per rinnovare la notifica, si costituivano la New Costruzioni S.R.L., S.C. ed il Condominio, i quali eccepivano la tardività delle impugnazioni.
La Corte d’Appello di Catania, con la sentenza n. 2576/2018 del 04/12/2018, dichiarava inammissibili gli appelli di B.A.L. e P.R. e condannava questi ultimi alla refusione delle spese di lite.
La Corte riteneva fondata l’eccezione di tardività delle impugnazioni quanto alla notifica nei confronti della New Costruzioni S.R.L., di S.C. e del Condominio, che era stata tentata l’ultimo giorno utile per l’impugnazione (8/09/2015), a mezzo ufficiale giudiziario, che però non aveva consegnato l’atto ai destinatari, che risultavano trasferiti altrove. La notifica non si era perfezionata per causa imputabile ai notificanti, dal momento che, operando i procuratori nel medesimo circondario del Giudice che aveva emesso la sentenza, ed essendo iscritti nel relativo albo professionale, era onere del notificante verificare il domicilio effettivo.
La Corte distrettuale osservava che il mutamento di domicilio del procuratore della New Costruzioni S.R.L. era avvenuto nel corso del giudizio di primo grado, era stato comunicato all’ordine professionale ed indicato negli atti difensivi successivi. Parimenti i procuratori del Condominio e del suo amministratore avevano notificato la sentenza di primo grado agli appellanti, apponendovi il timbro recante i nuovi recapiti di studio; lo stesso risultava dai certificati rilasciati dall’Ordine degli Avvocati di Catania. In entrambi i casi, quindi, i procuratori degli appellati avevano comunicato il proprio cambio di domicilio legale all’Ordine di appartenenza, prima dell’avvio del procedimento di notifica del gravame.
Pertanto, trattandosi di notifica meramente tentata, doveva essere considerata inesistente, con conseguente inapplicabilità dell’art. 291 c.p.c., anche in considerazione della mancata repentina ripresa del processo notificatorio, a fronte dell’irragionevole e ingiustificato lasso di tempo (5 mesi) trascorso tra la notifica tentata ed il perfezionamento della stessa, nel febbraio 2016.
Nessun effetto sanante poteva, poi, attribuirsi alla costituzione degli appellati, avvenuta successivamente alla data di consumazione del potere di impugnazione.
La tardività della notifica, tuttavia, non investiva la Europ Assistance S.p.A., alla quale i gravami erano stati validamente e tempestivamente notificati. Tuttavia, gli appellanti non avevano svolto alcuna domanda nei confronti di tale società, la quale si era costituita per sostenere il proprio difetto di legittimazione passiva, sul rilievo che la polizza coprisse solo le spese legali e non i rischi professionali.
A parere della Corte, la domanda di garanzia nei confronti dell’assicuratore doveva essere considerata rinunciata da S.C., in difetto di una sua riproposizione ai sensi dell’art. 346 c.p.c.
La costituzione dell’Europ Assistance S.p.A., pertanto, non le conferiva la qualità di parte processuale e la notifica aveva il valore di mera litis denuntiatio; sicché la Corte escludeva la necessità di integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., dal momento che la sua costituzione non avrebbe potuto determinare l’insorgenza di un litisconsorzio necessario con le altre parti, ancor meno di carattere meramente processuale.
Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione B.L.A., sulla base di due motivi.
La New Costruzioni S.R.L., il Condominio ***** e il Rag. S.C. hanno resistito con controricorso, illustrato da memorie.
Non ha svolto difese l’intimata Europ Assistance S.p.A.
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., l’applicazione erronea dei principi del litisconsorzio necessario e/o processuale ex art. 331 c.p.c., la violazione del principio del contraddittorio, nonché il diniego di legittimazione passiva processuale.
La sentenza sarebbe errata nella parte in cui ha ravvisato un’ipotesi di litis denuntiatio ed ha escluso la qualità di parte processuale della Europ Assistance, ancorché fosse stata espressamente citata nell’atto di appello, nel quale si chiedeva anche la riforma del capo relativo alla condanna alle spese del giudizio di primo grado (Euro 4.000,00), sul rilievo che la società assicuratrice avesse svolto difese nel merito, sostenendo la tesi dell’irresponsabilità dell’assicurato e negando, in ogni caso, che rientrassero nella polizza assicurativa i rischi professionali.
In ragione del litisconsorzio necessario, determinato dall’estensione soggettiva dell’accertamento della chiamata in causa di primo grado e dalla necessità di procedere all’accertamento anche nel contraddittorio del garante, l’impugnazione dell’attore originario doveva essere rivolta nei confronti del garante e del garantito, ai sensi dell’art. 331 c. p.c.
Parimenti erronea sarebbe la sentenza nella parte in cui ha ritenuto rinunciata la domanda di garanzia da parte di S.C., per non averla riproposta in appello ai sensi dell’art. 346 c.p.c., cosicché la notifica dell’atto di appello nei confronti dell’assicurazione doveva essere considerata quale mera litis denuntiatio.
Il ricorrente censura questa conclusione, che avrebbe l’effetto di paralizzare ingiustamente ogni azione dell’attore originario in appello, condizionandola alla successiva costituzione del garantito e alle decisioni assunte in tale sede. Ne’ sarebbe pensabile un appello incidentale del garantito vittorioso, con il quale riproponga la domanda di garanzia, perché difetterebbe il requisito della soccombenza.
La Corte avrebbe dovuto considerare le cause inscindibili, dal momento che l’accertamento del rapporto principale con il garantito doveva essere esteso anche al rapporto secondario con il garante, legittimato a contraddire con pari dignità e con qualità di parte processuale e, trattandosi di litisconsorzio necessario processuale, avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio.
Il motivo è fondato.
In passato la giurisprudenza distingueva le ipotesi di c.d. garanzia propria da quelle di c.d. garanzia impropria, ravvisando le prime in quei casi nei quali la struttura tipica dell’azione di garanzia sotto il profilo funzionale – che è sempre la pretesa a che taluno si faccia carico verso un soggetto, sulla base di un rapporto che dicesi di garanzia, delle conseguenze sfavorevoli patite da quel soggetto sulla base di altro rapporto giuridico verso altro soggetto e, quindi, se esse si sono verificate all’esito del giudizio su di esso, della sua soccombenza verso quest’altro soggetto – trova una giustificazione già nella previsione di una norma che stabilisce essa stessa un collegamento fra il rapporto giuridico garantito ed il rapporto giuridico di garanzia.
Le seconde sono state invece ravvisate in quelle ipotesi nelle quali l’operare del meccanismo strutturale della garanzia non ha un referente per così dire preliminare ed astratto in una norma che prevede il collegamento fra il rapporto garantito e quello di garanzia, ma emerge perché un fatto storico, insorto nell’ambito di un rapporto giuridico fra due soggetti e sfavorevole ad uno di essi, integra, come accadimento della vita, e, quindi, in via del tutto occasionale, il presupposto per cui in un diverso rapporto, che lega quel soggetto ad un altro, è previsto (per lo più in via negoziale) che una certa tipologia di eventi, cui quel fatto risulta ex post riconducibile, dia luogo all’insorgenza a favore del soggetto dell’altro rapporto di un dovere di prestazione di garanzia, cioè di farsi carico delle conseguenze negative del fatto sfavorevole.
L’intervento di questa Suprema Corte a Sezioni Unite (Sentenza n. 24707 del 04/12/2015) ha portato al superamento di questa distinzione, che si è ritenuto non abbia alcun fondamento normativo e che assuma valore meramente descrittivo. La sentenza ha poi chiarito il regime applicabile alla chiamata in garanzia, rispetto agli artt. 32,108 e 331 c.p.c. La Corte ha distinto due diversi profili della chiamata in garanzia ex art. 106 c.p.c.
Sotto il primo profilo, la chiamata in garanzia del terzo ha come oggetto – premessa la deduzione dell’esistenza del rapporto di garanzia soltanto come rapporto legittimante la chiamata stessa (cioè l’ingresso del terzo nel processo, senza una richiesta di accertamento dell’effettiva esistenza di detto rapporto e del suo modo di essere e del riconoscimento di diritti basati su di esso) – la mera estensione al terzo garante dell’efficacia della decisione sul rapporto principale.
Sotto il secondo profilo, invece, il garantito chiama il garante in giudizio, non solo chiedendo che si estenda nei suoi confronti l’accertamento del rapporto principale, ma anche formulando una richiesta di accertamento dell’esistenza del rapporto di garanzia (che, dunque, non viene più solo prospettato come situazione legittimante la chiamata) e, nel presupposto che tale esistenza risulti accertata, nonché eventualmente una richiesta (avente natura di domanda subordinata all’accertamento del rapporto principale in modo sfavorevole e, quindi, tale da giustificare la prestazione della garanzia) di attribuzione della prestazione di garanzia, naturalmente se ed in quanto a sua volta il modo di essere del rapporto di garanzia giustifichi quell’attribuzione. In tal caso l’allargamento dell’oggetto del giudizio non è solo soggettivo, ma è anche oggettivo, nel senso che l’accertamento non riguarda più solo il rapporto principale, sebbene con l’estensione soggettiva al garante della legittimazione, ma concerne anche il rapporto di garanzia, il suo modo di essere ed il diritto alla prestazione (condizionato). Quanto alla soluzione dell’individuazione del legame che avvince le varie parti in sede di gravame, le Sezioni Unite hanno affermato che in entrambi i casi debba trovare applicazione il regime di cui all’art. 331 c.p.c., qualificando la chiamata in garanzia quale causa inscindibile in sede di impugnazione.
La Corte ha raggiunto una simile conclusione analizzando i diversi possibili esiti del giudizio di primo grado, e tra questi quello, che rileva nel caso di specie, in cui in primo grado sia soccombente l’attore originario e sia stata esclusa la responsabilità del garantito.
Rispetto al primo profilo – chiamata in garanzia con effetti estensivi solo soggettivi – la legittimazione ad impugnare sarà, dunque, soltanto dell’attore originario e l’impugnazione, in ragione del litisconsorzio determinato dall’estensione soggettiva dell’accertamento determinata dalla chiamata in causa e dalla necessità di procedere all’accertamento anche nel contraddittorio del garante, dovrà attingere sia il garantito sia il garante, vertendosi, dunque, in ipotesi di applicazione dell’art. 331 c.p.c.
Non sembra, del resto, ipotizzabile che l’impugnazione venga rivolta soltanto contro il garantito e che costui possa limitarsi a riproporre la domanda di estensione dell’accertamento al garante ai sensi dell’art. 346 c.p.c. L’assunto non è sostenibile, in quanto non è dato comprendere come potrebbe giocare l’istituto di cui a quella norma, nei confronti di una parte, il garantito, che non è stato chiamato nel giudizio di impugnazione. Non è nemmeno pensabile che, una volta ricevuta l’impugnazione, il garantito possa e debba ribadire la domanda di estensione dell’efficacia soggettiva al suo garante proponendo un’impugnazione incidentale tardiva ai sensi dell’art. 331 c.p.c.: una simile impugnazione, infatti, dovrebbe supporre una soccombenza del garantito nei confronti del garante che, però, non c’e’ stata.
In realtà, la natura litisconsortile necessaria del giudizio insorta sul piano processuale per effetto della chiamata meramente estensiva della legittimazione al garante, impone all’unico soccombente riguardo al modo di essere del rapporto principale, cioè all’attore originario (pretendente), di impugnare anche nei confronti del garante, perché costui era divenuto parte legittimata a contraddire su quel rapporto per effetto della chiamata e l’estensione della legittimazione non può essere sciolta.
Il rapporto nel processo è ormai divenuto trilatero.
Si può inoltre aggiungere che, essendo stata la chiamata del terzo garante in definitiva espressione di una modalità dell’esercizio del diritto di difesa del garantito, non sarebbe giustificabile che a costui non si assicurino, in sede di impugnazione, le medesime condizioni della difesa articolata nel precedente grado.
Rispetto al secondo profilo – chiamata in garanzia con estensione soggettiva dell’accertamento del rapporto principale e accertamento del rapporto di garanzia – la Corte è pervenuta alle medesime conclusioni, circa l’applicabilità del regime giuridico dell’art. 331 c.p.c.
Per quanto rileva nel caso di specie, per l’ipotesi in cui era stato chiesto da una delle parti del rapporto di garanzia l’accertamento di tale rapporto solo per il caso di soccombenza del garantito, le Sezioni Unite hanno osservato che la relativa domanda, in caso di rigetto della domanda proposta nei confronti del garantito, deve reputarsi assorbita.
L’unico soccombente è dunque l’attore originario e se egli impugna deve rivolgere l’impugnazione, non diversamente dal caso in cui la chiamata sia stata effettuata al solo fine di ottenere l’estensione soggettiva dell’accertamento, sia contro il garantito che contro il garante. Chi ha proposto la domanda inerente al modo di essere del rapporto di garanzia, non essendovi stata decisione su di essa, la potrà riproporre ai sensi dell’art. 346 c.p.c. Quindi se a proporla era stato il garantito sarà lui tenuto a riproporla, mentre se era stata avanzata dal garante sarà quest’ultimo a dover riproporla.
Non è però necessaria l’impugnazione incidentale perché manca l’oggetto dell’impugnazione, atteso che una decisione sulla domanda non vi è stata. Ne’ può pensarsi che la necessità dell’impugnazione si giustifichi perché, sebbene condizionatamente all’accoglimento del gravame dell’attore riguardo al rapporto principale, la decisione sulla domanda inerente il rapporto di garanzia alla quale è tenuto il giudice dell’impugnazione in qualche modo verrebbe a risolversi in una “riforma” della decisione di primo grado e dunque esiga la postulazione di tale riforma con l’impugnazione.
Non è invero dato comprendere come possa parlarsi di riforma di una decisione che non vi era stata in ragione dell’assorbimento.
Alla luce di queste considerazioni, emerge l’errore in cui è incorsa la Corte d’Appello che avrebbe dovuto applicare alla chiamata in garanzia il regime processuale dettato dall’art. 331, trattandosi di causa inscindibile rispetto al rapporto principale (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 25822 del 31/10/2017).
Per l’effetto, il giudice di appello, lungi dal pervenire alla declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto nei confronti del condominio, dell’impresa appaltatrice e dell’amministratore, avrebbe dovuto invece, come peraltro fatto, ancorché facendo riferimento alla previsione di cui all’art. 291 c.p.c., fissare termine per l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c., sicché una volta provvedutosi ad effettuare la notifica nel termine assegnato, sarebbe stata doverosa la decisione nel merito dell’appello.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio per la decisione nel merito dell’appello, dinanzi alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione.
Il secondo motivo investe la tempestività della notificazione e della sanatoria. Si deduce che in un primo momento, la Corte aveva ritenuto correttamente che le cause fossero inscindibili e, pertanto, aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti del giudizio. L’integrazione era prontamente adempiuta ai sensi dell’art. 291 c.p.c., con sanatoria ex tunc della nullità della prima notifica.
Peraltro, il procuratore del Condominio aveva evidenziato solo nella comparsa di costituzione in appello di aver comunicato all’Ordine professionale il nuovo domicilio nelle more del termine di impugnazione breve (il nuovo domicilio era comunicato il 14/07/2015, pubblicato il 16/07/2015) e notificando la sentenza di primo grado dal vecchio domicilio ingenerava nell’appellante il convincimento della sua permanenza nello stesso.
La notifica dell’appello, non andata a buon fine in conseguenza del trasferimento del domicilio del procuratore, sarebbe nulla e non inesistente e, non sussistendo alcuna negligenza del notificante, che aveva fatto affidamento nel domicilio indicato nella notifica della sentenza di primo grado, la notifica avrebbe dovuto essere ritenuta tempestiva.
Il motivo è assorbito a seguito dell’accoglimento del primo motivo, dovendo reputarsi, per quanto detto, che la notifica disposta a seguito della concessione del termine da parte del giudice di appello, abbia assicurato l’osservanza del precetto di cui all’art. 331 c.p.c.
Il Giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo ed assorbito il secondo, cassa la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021
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