LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32176-2019 proposto da:
L.C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA U. BARTOLOMEI 23, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CARUSO, rappresentata e difesa dagli avvocati SONJA SIRACUSA, GIUSEPPE SIRACUSA;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE SPA *****, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNA MARIA CORNA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1589/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 10/06/2021 dal Presidente Relatore Dott. ESPOSITO LUCIA.
RILEVATO
che:
La Corte d’appello di Milano, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda proposta da L.C.G. nei confronti di Poste Italiane s.p.a., diretta alla dichiarazione di nullità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato stipulato tra le parti il 1719/3/2004, con conseguente declaratoria della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra le parti e condanna di Poste Italiane S.p.A. a riammettere in servizio la lavoratrice e a corrisponderle le retribuzioni maturate dal 23/7/2004 all’effettiva riammissione in servizio;
la Corte territoriale, facendo applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte remittente, in forza del quale è sufficiente che “nelle situazioni aziendali complesse l’esigenza di sostituire lavoratori assenti… risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del rapporto di lavoro)”, rilevava che la clausola appositiva del termine, formulata nei termini che seguono: “… ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale addetto al servizio di recapito presso il Polo Corrispondenza Lombardia assente nel periodo dal 15/3/2004 al 31/5/2004”, conteneva le specificazioni sufficienti a consentire un controllo sulla effettività delle esigenze sottostanti la stipula del contratto a termine e rispondeva quindi ai requisiti di specificità come enunciati dal giudice del rinvio;
avverso la sentenza propone ricorso per cassazione L.C.G. sulla base di quattro motivi;
Poste Italiane s.p.a. resistono con controricorso;
entrambe le parti hanno prodotto memorie;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio.
CONSIDERATO
che:
Con i primi due motivi di ricorso, da trattare unitariamente in ragione dell’intima connessione, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché quella dell’art. 113 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, poiché non risultava assolto l’onere di trasparenza, riconoscibilità e verificabilità delle ragioni giustificative dell’apposizione del termine, non contenendo la lettera di assunzione l’indicazione di tutti gli elementi di specificazione necessari e consentendo al datore di lavoro di adattare la causale ex post a situazioni diverse, sicché risultavano del tutto irrilevanti le generiche esigenze sostitutive aziendali sommariamente esplicitate in motivazione;
le censure sono prive di fondamento poiché la Corte territoriale, in conformità al principio di diritto enunciato in sede di legittimità, ha preso in considerazione il complesso degli elementi ritenuti rilevanti in forza del consolidato orientamento di questa Corte (ex multis Cass. n. 1246 del 25/01/2016), mentre non si evidenzia alcun vizio di motivazione che trasmodi in violazione di legge, essendo il percorso motivazionale a supporto della decisione congruo e adeguato a esplicitare l’iter argomentativo a fondamento della decisione, nei termini enunciati da Cass. n. 8053 del 07/04/2014, tanto più che la nozione di motivazione apparente risulta circoscritta al caso in cui la stessa non consenta alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, 8 (Cass. n. 13248 del 30/06/2020);
con il terzo e il quarto motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, ex art. 360 c.p.c., n. 5;
i motivi, di cui il primo inammissibilmente formulato mediante commistione e continuo rimando e inserimento di atti processuali, sono altresì inammissibili perché non enunciamo gli elementi di fatto che la corte avrebbe trascurato e mediante l’indicazione di presunte violazioni di legge propongono una diversa valutazione dei fatti di causa rispetto a quella compiuta dal giudice del merito (Cass. n. 8758 del 04/04/2017, SU 34476 del 27/12/2019);
in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato;
in considerazione della statuizione, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021
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