Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33518 del 11/11/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23357-2020 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PO, 22, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO PERNAZZA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

GR.AN., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NAZIONALE 172, presso lo studio dell’avvocato GIULIO CORSINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA PANZAROLA;

GR.AN.MA., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, VIA NAZIONALE 172, presso lo studio dell’avvocato Guido M. Pottino, che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

G.G., L.O.M.L., F.E., F.E., GO.EL., S.L., G.B., ST.IG.UM., ST.BA., S.S., S.C.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1346/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Roma ha dichiarato improcedibile l’appello proposto da G.A. contro la sentenza del Tribunale di Roma, resa nel contraddittorio con Gr.An. e Gr.An.Ma. e altri; e ciò perché la causa di impugnazione era stata iscritta a ruolo il 13 dicembre 2016, laddove le notifiche dell’atto di citazione in appello erano avvenute fra l’1 e il 2 dicembre 2016.

La Corte di merito ha osservato che l’appellante aveva proposto una prima istanza di rimessione in termini solo il 5 luglio 2016 e una ulteriore istanza l’11 gennaio 2009. Le istanze, pertanto, non erano accoglibili, essendo palesemente intempestive rispetto al verificarsi della decadenza. La stessa Corte di merito aggiungeva che le ragioni addotte a sostegno della richiesta di rimessione in termini (il legittimo impedimento dei difensori nella data di scadenza) non erano comunque idonee a giustificarne l’accoglimento: essendo tre i difensori ben avrebbero potuto organizzarsi diversamente, tenuto conto dell’ampiezza del termine accordato dalla legge per procedere all’iscrizione.

Per la cassazione della sentenza G.A. ha proposto ricorso affidato a un unico motivo, con il quale denuncia la violazione dell’art. 153 c.p.c. Si sostiene che la tempestività dell’istanza di rimessione in termini va valutata in rapporto alla scadenza del termine per compiere l’attività processuale e la data di compimento dell’attività preclusa, che, nella specie, era stata compiuta il giorno successivo allo spirare del termine stesso. Sono censurate inoltre le considerazioni della Corte d’appello nella parte in cui questa ha negato che il legittimo impedimento dei difensori, nella data di scadenza, potesse giustificare la rimessione in termini. La ricorrente rileva che non è configurabile il rimprovero al difensore di non avere organizzato diversamente la propria attività.

Si rappresenta ancora che la Corte d’appello, nel valutare l’istanza di rimessione in termini, avrebbe dovuto considerare che, per molto tempo, fu consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che il termine per la costituzione nel giudizio d’appello decorresse dalla data dell’ultima notificazione e non dalla prima.

Hanno resistito con distinti controricorsi Gr.An. e Gr.An.Ma..

Gli altri destinatari della notificazione del ricorso sono rimasti intimati. La ricorrente e Gr.An. hanno depositato memorie.

Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1. Si propone, infatti, una interpretazione della disciplina sulla rimessione in termini contraria alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “La rimessione in termini prevista dall’art. 153 c.p.c., comma 2, (ovvero, in precedenza, dall’art. 184 bis dello stesso codice) deve essere domandata dalla parte interessata senza ritardo e non appena essa abbia acquisito la consapevolezza di avere violato il termine stabilito dalla legge o dal giudice per il compimento dell’atto. La rimessione in termini prevista dall’art. 153 c.p.c., comma 2, (ovvero, in precedenza, dall’art. 184-bis c.p.c.) deve essere domandata dalla parte interessata senza ritardo e non appena essa abbia acquisito la consapevolezza di avere violato il termine stabilito dalla legge o dal giudice per il compimento dell’atto” (Cass. n. 4841/2012; n. 25289/2020).

La Corte d’appello, pertanto, allorché ha valutato la tempestività della reazione in relazione al tempo decorso dalla data della decadenza e il momento di presentazione dell’istanza, è in tutto e per tutto conforme a questo principio.

L’argomento, ancora ripreso dalla ricorrente con la memoria, secondo cui dovrebbe ritenersi ammissibile la istanza quando la decadenza sia conseguita a un ritardo minimo (nella specie di un solo giorno), non è accettabile. Ciò che rileva non la entità della “decadenza”, che non è determinante ai fini della rimessione, ma l’onere del richiedente di reagire immediatamente al palesarsi della necessità di svolgere l’attività processuale ormai preclusa. I principi, stabiliti da questa Corte per l’ipotesi di notificazione non andata a buon fine per causa non imputabile al notificante, richiamati nella memoria, non sono pertinenti alla fattispecie. Da essi, infatti, non si può trarre argomento per sostenere che chi abbia compiuto un atto oltre il termine di decadenza, nell’ipotesi che il ritardo sia minimo, sarebbe esonerato dal richiedere, con immediatezza e tempestività, la rimessioni in termini per il compimento dell’attività preclusa.

E’ altrettanto consolidato il principio secondo cui “nel giudizio di appello con pluralità di appellati, l’appellante deve costituirsi entro dieci giorni dalla prima notificazione, senza che assumano rilevanza le posizioni sostanziali o processuali di ciascuno dei chiamati” (Cass. n. 6963/2019).

Quanto alle critiche rivolta contro la decisione impugnata, nella parte in cui la Corte d’appello ha negato il legittimo impedimento dei difensori rispetto alla tempestiva iscrizione della causa a ruolo, esse si rivolgono contro considerazioni proposte nella decisione ad abundantiam, rimaste del tutto prive di incidenza sulla decisione. Si sa che la censura che investa una considerazione della sentenza impugnata che non abbia spiegato alcuna rilevanza sul dispositivo è inammissibile per difetto di interesse (Cass. n. 10420/2005; n. 8087/2007).

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente, al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida, per entrambi, nell’importo di Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472