Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33797 del 12/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26437/2015 proposto da:

CONFESERCENTI PROVINCIALE DI ISERNIA, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO, 23/A, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ROSSI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 148/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 11/07/2015 R.G.N. 108/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/05/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata l’11.7.2015, la Corte d’appello di Campobasso ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da Confesercenti Provinciale di Isernia avverso la cartella esattoriale con cui le era stato ingiunto il pagamento di somme per contributi non versati;

che avverso tale pronuncia Confesercenti Provinciale di Isernia ha proposto ricorso per cassazione, deducendo sei motivi di censura, successivamente illustrati con memoria; che l’INPS ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia omessa pronuncia sul motivo di appello relativo all’eccezione di prescrizione, per avere la Corte di merito ritenuto che tale eccezione dovesse reputarsi assorbita nelle considerazioni svolte relativamente al merito della pretesa;

che, con il secondo motivo, la medesima doglianza di omessa pronuncia è ripetuta con riguardo all’eccezione di prescrizione delle somme aggiuntive, siccome anch’essa ritenuta assorbita dalle considerazioni relative al merito della pretesa;

che, con il terzo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., in relazione alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 230, per avere la Corte territoriale confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva fatto decorrere la prescrizione dei contributi oggetto della cartella dall’8.11.2000, epoca in cui essa aveva provveduto all’ultimo dei pagamenti rateali del condono al quale aveva avuto accesso, senza considerare che trattavasi di pagamento di rata scaduta il 30.9.2000 e che perfino la prima rata, scaduta il 30.9.1999, era stata pagata con ritardo in data 20.1.2000;

che, con il quarto motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 635 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che l’INPS avesse dato prova che i contributi pretesi, ancorché cronologicamente riferentisi al medesimo periodo per il quale aveva già iscritto a ruolo somme oggetto di altra cartella esattoriale poi annullata dal Tribunale di Isernia, poggiassero su presupposti di fatto differenti;

che, con il quinto motivo, le medesime doglianze sono ripetute sub specie di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; che, con il sesto motivo, la ricorrente denuncia omessa pronuncia sul motivo di appello concernente la mancata specificazione e prova della quantificazione del debito per contributi, anch’esso ritenuto assorbito dalle considerazioni relative al merito della pretesa;

che questa Corte ha da tempo chiarito che il vizio di omessa pronunzia ex art. 112 c.p.c., si sostanzia nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto (così, tra le più recenti, Cass. nn. 21257 del 2014, 6835 del 2017);

che, ciò premesso, il primo, il secondo e il sesto motivo sono all’evidenza infondati, atteso che la Corte di merito, ritenendo assorbite dalle considerazioni svolte circa il merito della pretesa le doglianze rassegnate da parte ricorrente nei corrispondenti motivi di appello, ha ovviamente statuito sui medesimi, rigettandoli;

che, viceversa, è fondato il terzo motivo, essendosi chiarito che l’esigenza pubblicistica di garantire all’ente creditore una rapida realizzazione dei suoi diritti, riducendo il contenzioso attraverso una parziale remissione dei debiti, comporta, ove il contribuente acceda al condono, la parziale sottrazione del rapporto obbligatorio al regime civilistico, con l’attribuzione al termine per l’adempimento di un carattere decadenziale, non prorogabile quali siano le ragioni dell’inadempimento o del ritardo, per cui la domanda di condono, pur non assumendo valore di riconoscimento del debito, determina ugualmente la sospensione del termine prescrizionale solo fino a quando l’interessato rispetti le modalità di pagamento delle somme richieste (Cass. n. 26604 del 2017);

che infondato, per contro, è il quarto motivo, atteso che l’eccezione secondo cui i contributi pretesi dall’INPS poggiavano sugli stessi presupposti di fatto di altri già iscritti a ruolo e richiesti in pagamento con altra cartella esattoriale annullata dal Tribunale di Isernia costituisce fatto impeditivo del diritto fatto valere dall’ente previdenziale, che era dunque onere dell’odierna ricorrente provare;

che il quinto motivo, invece, è radicalmente inammissibile, non essendo consentita la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo nel caso di doppia conforme in fatto (art. 348-ter c.p.c., u.c.);

che, pertanto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Salerno, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Salerno, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

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