Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.36724 del 25/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13717-2018 proposto da:

DE VIZIA TRANSFER S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CORNELIO NEPOTE 16, presso lo studio dell’avvocato ROSARIA INTERNULLO, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA GRASSO;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA LOIACONO ROMAGNOLI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO CERESANI, GIAMPAOLO LANDO;

– controricorrente –

nonché contro S. SERVIZI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 58, presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARLO CESTER, FRANCESCO ROSSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza non definitiva n. 385/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 14/06/2017 R.G.N. 571/2016;

avverso la sentenza definitiva n. 949/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/01/2018 R.G.N. 571/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/04/2021 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO.

RILEVATO

Che:

1. A.A. ha convenuto in giudizio le società De Vizia Transfer spa e S. Servizi srl e, premesso che la prima era subentrata alla seconda nel subappalto per la gestione dei servizi di igiene ambientale nei comuni di *****, a cui il medesimo era addetto, ha chiesto, ai sensi dell’art. 6 CCNL Igiene Ambientale, la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato in capo alla subentrante De Vizia Transfer spa, la condanna di entrambe le società al risarcimento dei danni o, in subordine, la condanna della ex datrice di lavoro S. Servizi srl al ripristino del rapporto e al risarcimento dei danni.

2. Il Tribunale di Padova ha respinto il ricorso sul rilievo che, con verbale di accordo del 9.12.2012, il lavoratore avesse rinunciato alla costituzione del rapporto alle dipendenze della De Vizia Transfer spa.

3. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza non definitiva n. 385/2017, ha accolto l’appello del lavoratore e dichiarato costituito tra il medesimo e la De Vizia Transfer spa un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con qualifica di operaio livello 2B CCNL igiene ambientale, con decorrenza dall’1.2.2013.

4. Con successiva sentenza definitiva n. 949/2017, la medesima Corte territoriale ha condannato la De Vizia Transfer spa a risarcire in favore del lavoratore il danno commisurato alla retribuzione globale di fatto (pari ad Euro 1.848,78), dall’1.2.2013 fino all’effettivo ripristino del rapporto, detratto l’aliunde perceptum.

5. La Corte d’appello ha dato atto che:

-il lavoratore era stato assunto il 19.6.2008 con contratto a tempo indeterminato alle dipendenze della S. Servizi srl, subappaltatrice del servizio di gestione igiene ambientale per i comuni di *****;

-il ***** si era infortunato e da quella data era rimasto assente dal lavoro;

-nel periodo in cui il predetto era assente, la De Vizia Transfer spa era subentrata nel contratto di subappalto per il citato servizio di gestione igiene ambientale;

– il 9.12.2012 era stata sottoscritta una bozza di accordo tra il lavoratore e i legali rappresentanti della S. Servizi srl;

– il 14.1.2013 la S. Servizi srl aveva intimato al lavoratore il licenziamento per giustificato motivo oggettivo con preavviso, con effetto dal 31.1.2013, e il lavoratore aveva impugnato tale licenziamento orale con lettera del 13.5.2013;

-in data 8.10.2013 il lavoratore, per il tramite del legale, aveva comunicato alla De Vizia Transfer spa la messa a disposizione delle proprie prestazioni.

6. La sentenza d’appello n. 385/17 ha disposto l’estromissione dal giudizio della S. Servizi srl per l’assenza, nel secondo grado, di conclusioni nei confronti della stessa.

7. Ha rilevato che il verbale del 9.12.2012, in quanto di data anteriore rispetto al subentro nell’appalto (con effetto dall’1.2.2013), dovesse considerarsi, ai fini dell’art. 2113 c.c., relativo a diritti non ancora entrati nella sfera patrimoniale del lavoratore.

8. Ha ritenuto che ove anche si attribuisse a detto verbale il valore di rinuncia del lavoratore alla costituzione del rapporto in capo alla società subentrante, si tratterebbe, comunque, di una rinuncia sottoposta alla condizione sospensiva dell’ottenimento di un indennizzo, condizione non verificatasi.

9. I giudici di appello hanno ritenuto applicabile il CCNL Igiene Ambientale; hanno interpretato l’art. 6 come tale da sancire il diritto del lavoratore all’assunzione da parte della società subentrante nell’appalto, con inquadramento e contenuti del rapporto di lavoro esattamente definiti dal medesimo contratto.

10. Hanno accertato che il lavoratore era in forza presso l’azienda cessante nei 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione ed osservato che l’eventuale inadempimento della S. Servizi srl all’obbligo di comunicazione del nominativo del lavoratore appellante, non incidesse sul diritto di quest’ultimo all’assunzione e sul corrispondente obbligo in capo alla società subentrante.

11. La De Vizia Transfer spa, dopo aver formulato riserva di impugnazione ai sensi dell’art. 361 c.p.c. (notificata il 13.12.17 ai difensori costituiti e reiterata all’udienza del 14.12.17), ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

12. A.A. e la S. Servizi srl hanno resistito con controricorso ed hanno depositato successive memorie.

CONSIDERATO

che:

13. Col primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c. e art. 1362 c.c. e ss.; nonché omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

14. Si censura la sentenza non definitiva d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la rinuncia del lavoratore di cui al verbale del 9.12.2012, non fosse valida perché concernente un diritto futuro e, comunque, perché sottoposta ad una condizione non verificatasi; che parimenti anteriore al sorgere del diritto fosse la nota del rappresentante sindacale del 30.1.13 che comunicava il disinteresse del lavoratore al passaggio alle dipendenze della De Vizia Transfer spa.

15. Si sostiene che, ai fini dell’art. 2113 c.c., rilevi unicamente la determinatezza o determinabilità dell’atto dismissivo; che, comunque, la rinuncia aveva ad oggetto un diritto, oltre che determinato, attuale, in quanto alla data del 9.12.12 la procedura di passaggio era già in atto, come si ricava dalle comunicazioni eseguite dalla S. Servizi srl ai fini dell’art. 6, comma 7 CCNL, in data 13.12.2012.

16. Si afferma che la Corte di merito ha male interpretato il verbale in oggetto, considerando la rinuncia condizionata al pagamento di un indennizzo, in contrasto con la comune intenzione delle parti desumibile anche dal loro comportamento successivo e, specificamente, dai seguenti fatti che la sentenza impugnata avrebbe omesso di esaminare: la nota del 13.12.12 con cui la società cessante comunicava alla subentrante il nominativo dei lavoratori coinvolti nel passaggio diretto, tra cui non era compreso l’appellante (oltre al fratello dello stesso); la comunicazione della cessante alla subentrante del 14.1.13 in cui si ribadiva che “i due raccoglitori…hanno già fatto sapere che rinunceranno al passaggio diretto”; la omessa comunicazione dei dati dell’appellante da parte della S. Servizi srl alla richiesta della De Vizia Transfer spa di documentazione sui lavoratori in malattia o infortunio; l’accordo sottoscritto dalla subentrante con i rappresentanti sindacali e la RSA S. Servizi srl in cui non si fa cenno alla posizione dell’appellante; l’impugnativa del licenziamento in data 30.1.13 da parte dell’associazione sindacale nell’interesse del lavoratore ove si ribadisce che il dipendente non era interessato al passaggio; la mancata impugnazione della rinuncia da parte del lavoratore.

17. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per più ragioni.

18. Anzitutto, il motivo è formulato in violazione dei requisiti prescritti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 in quanto la parte ricorrente ha fondato le censure su documenti del giudizio di merito (il verbale del 9.12.2012 contenente la pretesa rinuncia all’assunzione presso la subentrante, di cui è trascritto solo un estratto, e la comunicazione della S. Servizi srl datata 13.12.12), senza riprodurli integralmente nel ricorso ovvero depositarli unitamente a questo.

19. Inoltre, la Corte d’appello ha escluso che il verbale del 9.12.2012 (il quale non sembra redatto in sede protetta o alla presenza di un rappresentante sindacale) contenesse una valida rinuncia del lavoratore al diritto di essere assunto dalla società subentrante nel subappalto cioè La De Vizia Transfer spa (che, peraltro, non risulta parte dell’accordo oggetto del citato verbale, redatto unicamente tra il lavoratore – unitamente al fratello – e il legale rappresentante della S. Servizi srl), e ciò ha fatto in base a due autonome rationes decidendi: l’essere la pretesa rinuncia relativa ad un diritto futuro ed essere la stessa sottoposta a condizione sospensiva non verificatasi.

20. Le critiche mosse a questa seconda ratio decidendi sono formulate attraverso la violazione degli artt. 1362 c.c. e ss..

21. Al riguardo, occorre premettere, in conformità al consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 15471 del 2017; n. 25270 del 2011), che l’interpretazione degli atti negoziali e degli atti unilaterali implica un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, che, come tale, può essere denunciato in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (art. 1362 c.c. e ss. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) ovvero per vizio di motivazione (art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4), fermo l’onere del ricorrente di indicare specificamente il modo in cui l’interpretazione si discosti dai canoni di ermeneutica o la motivazione relativa risulti apparente, non potendosi, invece, la censura limitare a contrapporre interpretazioni o argomentazioni alternative o, comunque, diverse rispetto a quelle adottate dal giudice di merito. Il controllo di logicità del giudizio di fatto non può infatti risolversi in una revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice di merito ad una determinata soluzione della questione esaminata.

22. Si e’, in particolare, precisato come la censura non possa limitarsi a prospettare una pur plausibile interpretazione alternativa degli atti richiamati, fondata sulla valorizzazione di talune espressioni ivi contenute piuttosto che di altre, ma deve rappresentare elementi idonei a far ritenere erronea la valutazione ermeneutica operata dal giudice del merito, cui l’attività di interpretazione degli atti negoziali e degli atti unilaterali è riservata (Cass. n. 19089 del 2018; n. 15471 del 2017; n. 15890 del 2007; n. 9245 del 2007).

23. Il motivo di ricorso in esame, che addebita alla Corte di merito di non aver adeguatamente colto il significato del verbale in oggetto e di non aver bene valutato la condotta delle parti successiva al 9.2.12, non prospetta alcuna violazione dei canoni ermeneutici, ma si limita a contrapporre alla plausibile lettura data dal giudice di merito, una lettura alternativa. Come tale, la censura è inammissibile.

24. Parimenti inammissibile è la censura svolta in relazione al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, atteso che essa denuncia non l’omesso esame di un fatto, inteso in senso storico fenomenico ed avente portata decisiva (v. Cass., S.U. n. 8053 del 2014), bensì l’errata valutazione di plurimi fatti e documenti, peraltro presi in considerazione dai giudici di appello, la cui pluralità è già sufficiente a collocare la critica all’esterno del perimetro del citato vizio motivazionale, derivando dalla pluralità l’assenza di decisività del singolo fatto.

25. L’inammissibilità del motivo di censura su una delle autonome rationes decidendi rende ultroneo l’esame delle residue censure in quanto l’eventuale accoglimento di queste non potrebbe comunque condurre alla cassazione della pronuncia (v. Cass. 3363 del 2017).

26. Col secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del CCNL igiene ambientale del 21.3.2012; omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

27. Si assume che la Corte d’appello abbia errato nel ritenere sussistente, in base al citato art. 6, un vero e proprio obbligo/diritto di assunzione in quanto la disposizione citata, nel prevedere la costituzione ex novo dei rapporti di lavoro in capo alla subentrante e, quindi, la stipula di nuovi contratti di lavoro, richiede necessariamente l’incontro della volontà delle parti, attraverso la stipula del contratto, unica fonte costitutiva del rapporto di lavoro subordinato.

28. Si aggiunge che, ove pure si ritenesse previsto dalla norma collettiva un obbligo di assunzione, lo stesso sarebbe non suscettibile di provocare una pronuncia costitutiva del rapporto di lavoro, a causa della genericità della previsione, non contenente tutti gli elementi essenziali del futuro contratto.

29. La società ricorrente afferma, inoltre, che le indicazioni date dalla cessante nello svolgimento della procedura disciplinata dal CCNL costituiscono condizione necessaria ai fini delle successive assunzioni e che la subentrante adempie al proprio obbligo ove provveda a perfezionare le assunzioni dei lavoratori indicati dall’impresa cessante. Nel caso di specie, tale obbligo è stato adempiuto dalla De Vizia Transfer spa con riferimento a tutti i lavoratori inclusi nell’elenco inviato dalla S. Servizi srl, in cui non era compreso l’appellante.

30. Il motivo è infondato.

31. La fattispecie in esame, di subentro di una nuova impresa nel medesimo servizio oggetto di subappalto, per il quale non risulta dedotto né accertato un fenomeno successorio riconducibile all’art. 2112 c.c. (in base al testo del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 come modificato dalla L. n. 122 del 2016, art. 30, comma 1), è disciplinata dalla contrattazione collettiva attraverso le c.d. clausole sociali.

32. La Corte di merito ha interpretato il CCNL 21.3.2012, applicato dalle società parti in causa, ritenendo contemplato dall’art. 6 un vero e proprio diritto del lavoratore all’assunzione, con corrispondente obbligo per la società subentrante nell’appalto, e ciò sia in base al tenore testuale dell’art. 6 cit., comma 2 che fa riferimento ad una “assunzione ex novo senza periodo di prova”, e sia in base alla lettura complessiva della disposizione che definisce tutti gli elementi caratterizzanti il rapporto (inquadramento, retribuzione, rapporti assicurativi e previdenziali) ed individua anche il meccanismo regolativo dell’anzianità lavorativa pregressa; inoltre, per il rilievo che sul piano procedimentale è prevista un’unica fase di “perfezionamento” dell’assunzione.

33. L’interpretazione del contratto collettivo, che questa S.C. può scrutinare ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (v. Cass. n. 13860 del 2019; n. 6335 del 2014), appare corretta e rispettosa dei principi di ermeneutica contrattale stabiliti dall’art. 1362 c.c. e ss., quanto in particolare all’applicazione del criterio letterale e della lettura complessiva delle clausole.

34. Nel CCNL oggetto di causa, diversi sono i dati testuali che supportano l’interpretazione dell’art. 6 nel senso della previsione di un obbligo di assunzione a carico dell’impresa subentrante.

35. L’art. 6 cit. premette che “in caso di avvicendamento nella gestione dell’appalto… tra imprese che applicano il presente CCNL…le imprese sono tenute ad osservare le seguenti disposizioni relativamente al subentro nella gestione e al rapporto di lavoro del personale”. Univoco è il significato da attribuire alla previsione contenuta nel comma 1 secondo cui “il rapporto di lavoro tra l’impresa cessante e il personale a tempo indeterminato addetto in via ordinaria allo specifico appalto è risolto”, in correlazione al disposto del successivo comma 2, in base al quale “l’impresa subentrante assume ex novo senza effettuazione del periodo di prova tutto il personale in forza a tempo indeterminato addetto in via ordinaria allo specifico appalto”. La esplicita esclusione del periodo di prova evidenzia il collegamento professionale dei lavoratori con l’appalto, alle cui vicende circolatorie è legata la finalità, propria delle c.d. clausole sociali, di garantire continuità occupazionale.

36. Sulla stessa falsariga si pongono i commi successivi che disciplinano la procedura per l’assunzione ex novo del personale (comma 7), prevedono l’applicazione ai rapporti di lavoro del CCNL in esame (comma 9), con riconoscimento dell’anzianità di servizio determinata dal periodo di lavoro prestato alle dipendenze delle precedenti imprese e considerazione del lavoro svolto in determinate posizioni al fine della progressione professionale; sanciscono il divieto di promozioni e variazione dei trattamenti retributivi da parte dell’impresa cessante nei 240 giorni antecedenti l’inizio della nuova gestione (comma 6) nonché la cessazione dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione di secondo livello in vigore presso l’azienda cessante e la sostituzione degli stessi in base alle statuizioni del CCNL (comma 9).

37. La regolamentazione in dettaglio, nel CCNL, dei nuovi rapporti di lavoro alle dipendenze della subentrante nell’appalto, non solo depone nel senso della previsione di un obbligo di assunzione, ma costituisce anche la base giuridica per l’applicazione della tutela costitutiva di cui all’art. 2932 c.c.

38. Questa Corte ha affermato che l’art. 2932 c.c., sulla esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto mediante emanazione di sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso, trova applicazione anche nel caso di obbligo contrattuale di stipulazione di un contratto di lavoro subordinato, purché risultino compiutamente indicati tutti gli elementi del contratto, anche nei dettagli, e, quindi, non occorra l’intervento della volontà delle parti ai fini della concreta specificazione del suo contenuto in ordine ad elementi essenziali (v. Cass. n. 8568 del 2004; n. 12516 del 2003).

39. Tale orientamento è stato ribadito con specifico riferimento ad ipotesi di subentro nell’appalto, precisandosi che, ove le parti abbiano concordato, in sede di accordo sindacale, l’obbligo per il datore di lavoro di assumere personale in forza presso un’altra azienda, prevedendo il contratto collettivo applicabile ai nuovi dipendenti, la relativa categoria di inquadramento, nonché il riconoscimento dell’anzianità pregressa e del superminimo individuale, l’oggetto del contratto di lavoro deve ritenersi sufficientemente determinato. Ne consegue che il lavoratore, in caso di inadempimento, può richiedere, ai sensi dell’art. 2932 c.c., l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto, senza che rilevi la mancata predeterminazione della concreta assegnazione della sede lavorativa e delle mansioni, che attiene alla fase di esecuzione del contratto (v. Cass. n. 27841 del 2009; n. 28415 del 2020 in motivazione).

40. Infondata è anche la tesi esposta dalla società, secondo cui le indicazioni date dalla cessante nello svolgimento della procedura disciplinata dal CCNL costituiscono condizione necessaria ai fini delle successive assunzioni e che la subentrante adempie al proprio obbligo ove provveda a perfezionare le assunzioni dei lavoratori indicati dall’impresa cessante, ciò al fine di escludere l’esistenza di un obbligo di assunzione nei confronti del lavoratore controricorrente in quanto non inserito dalla cessante nell’elenco dei dipendenti in forza.

41. Questa Corte (in riferimento ad un precedente CCNL del medesimo settore), ha precisato che l’obbligo di assunzione, come definito dalla norma contrattuale, preesiste all’incontro tra l’impresa subentrante e le organizzazioni sindacali, incontro il quale ha solo una funzione di agevolare l’adempimento dell’obbligazione da parte dell’impresa, atteso che l’obbligo di assunzione è già definito in tutti i suoi elementi dalla normativa collettiva e non richiede ulteriori integrazioni di carattere negoziale (v. Cass. 20192 del 2011). In altre pronunce, concernenti l’art. 4 CCNL Multiservizi 19.12.2007 che reca disposizioni analoghe al CCNL oggetto di causa, questa Corte ha chiarito che l’obbligo di assunzione da parte dell’impresa subentrante non risulta subordinato alla preventiva consegna della comunicazione inerente le quantità e caratteristiche dei lavoratori addetti all’appalto. Tale documentazione assume rilievo al solo fine della identificazione dei lavoratori ed alla conoscenza delle anzianità, delle qualifiche ed inquadramenti degli stessi, ma non può costituire elemento integrativo del diritto all’assunzione, in primo luogo perché non dipendente dal lavoratore stesso e rimesso al corretto adempimento degli obblighi procedurali dell’azienda cessante, e comunque per la stessa natura intrinseca del documento in questione, diretto solo a fornire un chiaro quadro dei dipendenti e dunque privo di qualsivoglia efficacia costitutiva di un diritto (in tal senso Cass. n. 779 del 2015; n. 28246 del 2018 in motiv.).

42. Anche nel caso di specie, alla luce dell’art. 6 CCNL, risulta che unica condizione prevista ai fini dell’obbligo di assunzione fosse l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze dell’impresa uscente, in essere nel periodo di 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione.

43. Col terzo motivo, in via subordinata, si censura la decisione d’appello, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del CCNL; per nullità del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

44. La ricorrente assume che la sentenza impugnata abbia male interpretato gli atti e documenti di causa ed abbia errato nel ritenere dimostrato l’impiego del lavoratore nei 240 giorni anteriori alla scadenza del subappalto; afferma che il verbale del 9.2.12 dimostrerebbe unicamente l’impiego del lavoratore nel subappalto alla data in cui il medesimo è stato redatto e non in epoca anteriore; ribadisce di avere dedotto la mancata adibizione continuativa del lavoratore al servizio appaltato e di aver articolato prove sul punto e ribadisce l’acquiescenza manifestata dai rappresentanti sindacali, nel corso della procedura di passaggio, all’esclusione del lavoratore.

45. Il motivo è inammissibile in quanto si limita a censurare la valutazione compiuta dai giudici di merito degli atti e documenti di causa, nonché della condotta tenuta dai rappresentanti sindacali, in tal modo collocandosi all’esterno del perimetro del vizio di violazione di legge e di contratto collettivo, come dedotto. Neppure può dirsi integrato il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la Corte d’appello ha preso in esame tutti i fatti e le circostanze sopra indicate (in particolare, l’adibizione del lavoratore al servizio appaltato nei 240 giorni anteriori alla scadenza, pag. 22 e 23 della sentenza), ha ricostruito gli stessi in base alle risultanze istruttorie ed ha proceduto ad un apprezzamento non suscettibile di revisione in questa sede.

46. Col quarto motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 75,99,100,101,108,109,111,112 c.p.c.; degli artt. 1586 e 1777 c.c., in relazione alla sussistenza della legittimazione passiva di S. Servizi srl, alla regolare instaurazione del contraddittorio, all’omessa pronuncia sulla domanda proposta nei confronti di S. servizi srl, alla inapplicabilità dell’estromissione; nonché nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione al vizio di omessa pronuncia sulla domanda proposta nei confronti di S. Servizi srl.

47. Si impugna la sentenza nella parte in cui ha estromesso dal giudizio la S. Servizi srl sull’erroneo presupposto dell’assenza di conclusioni nei confronti della stessa e, specificamente, senza tener conto della domanda, proposta sia in primo grado e sia in appello, con cui la De Vizia Transfer spa chiedeva alla società cessante di tenerla indenne “da ogni esborso…in ragione della propria legittima condotta ed a fronte del negligente comportamento di S. Servizi”, domanda rispetto a cui quest’ultima società si era specificamente difesa.

48. Sotto altro profilo, si afferma che l’estromissione è stata disposta al di fuori dei casi espressamente previsti dalle disposizioni indicate in rubrica.

49. Il motivo è fondato.

50. Nella sentenza non definitiva d’appello sono riportate (pag. 4) le conclusioni formulate dalla De Vizia Transfer spa tra cui, al capo b), quella subordinata all’ipotesi di accoglimento dell’appello del lavoratore e volta ad ottenere di essere “tenuta indenne da ogni esborso…in ragione della propria legittima condotta ed a fronte del negligente comportamento di S. Servizi e dello stesso appellante”. Le medesime conclusioni della De Vizia Transfer spa sono riprodotte nel controricorso della S. Servizi srl (pag. 5).

51. La Corte d’appello, con la sentenza non definitiva, ha accolto l’istanza della S. Servizi srl di essere estromessa dai giudizio ed ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della stessa per l’assenza di conclusioni formulate nel secondo grado di giudizio nei confronti di tale società. In tal modo, ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di manleva proposta dalla De Vizia Transfer spa sin dal primo grado e reiterata in appello. Ne’ la condotta processuale di quest’ultima società, di rimettersi a giustizia sull’istanza di estromissione avanzata dalla S. Servizi srl, può integrare gli estremi di una rinuncia tacita alla domanda.

52. La rinunzia all’azione (e le stesse considerazioni valgono per la rinuncia ad una singola domanda), se pure non richiede formule sacramentali e può quindi essere anche tacita, presuppone che vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento della parte e la volontà di proseguire nell’azione proposta; occorre in altri termini il riconoscimento dell’infondatezza dell’azione, accompagnato dalla dichiarazione di non voler insistere nella medesima, in modo che possa dirsi venuta meno la contestazione tra le parti sul diritto sostanziale dedotto e che conseguentemente non vi è più la necessità di affermare la volontà della legge nel caso concreto (v. Cass. n. 19845 del 2019; 21685 del 2005; n. 4505 del 2001). Tali requisiti difettano completamente nel caso in esame.

53. La censura sulla illegittima estromissione della S. Servizi srl deve ritenersi ritualmente proposta, avendo questa Corte chiarito che quando il giudice d’appello abbia pronunciato l’estromissione di una parte dal giudizio, il soccombente è legittimato a proporre il ricorso per cassazione, oltre che nei riguardi dell’altra parte, anche contro la parte estromessa, soltanto qualora impugni la sentenza anche sul punto dichiarativo della estromissione. Altrimenti, se non intende proporre ricorso sul punto della estromissione ed accetta, quindi, l’uscita dal processo della parte estromessa, egli è tenuto soltanto a notificare il ricorso ai sensi dell’art. 332 c.p.c. (v. Cass. n. 15734 del 2007). Nella specie la De Vizia Transfer spa ha impugnato il capo della sentenza d’appello che ha disposto l’estromissione, ed ha fatto valere l’illegittimità della estromissione per essere stata proposta domanda di manleva avverso la società estromessa nonché l’omessa pronuncia sulla domanda medesima.

54. Col quinto motivo, in via subordinata, si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1217,1219,1220,1223,1227 c.c., dell’art. 18St. Lav., dell’art. 31 Coll. Lav.; nonché omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

55. Si critica la sentenza definitiva d’appello nella parte in cui ha determinato il risarcimento del danno, senza considerare che lo stesso era conseguenza diretta non dell’inadempimento della società subentrante, bensì della condotta colposa del lavoratore che, assunto a tempo indeterminato dalla Jolly Immobiliare srl e dopo la cessazione di tale rapporto il 20.12.13, aveva avviato una rischiosa attività autonoma, anziché cercare di conservare il lavoro stabile oppure cercare altra occupazione, così concorrendo a provocare e/o ad aggravare il danno. Il lavoratore neppure aveva dato prova di essersi adoperato per la ricerca di nuova occupazione.

56. Si argomenta la violazione dell’art. 1217 c.c. assumendo che il lavoratore, cessato il rapporto con la S. Servizi srl, aveva tempestivamente offerto la prestazione a questa società mentre alla subentrante nell’appalto soltanto con lettera dell’8.10.2013, sicché solo da quest’ultima data poteva decorrere il diritto al risarcimento, da limitare alla retribuzione tabellare, escludendo le mensilità aggiuntive.

57. Il motivo è anzitutto inammissibile perché le censure sono formulate senza il rispetto degli oneri imposti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, atteso che non sono trascritti né depositati i documenti invocati a fondamento dei vizi dedotti (assunzione e cessazione del rapporto di lavoro con la Jolly Immobiliare, lettera dell’8.10.2013).

58. Il motivo e’, comunque, infondato in quanto la decisione d’appello è conforme all’orientamento di questa S.C. secondo cui il datore di lavoro, che non adempie all’obbligo di assumere il lavoratore, è obbligato, per responsabilità contrattuale, a risarcire l’intero pregiudizio patrimoniale che il lavoratore ha subito durante tutto il periodo in cui si è protratta l’inadempienza. Tale pregiudizio può essere in concreto determinato, senza bisogno di una specifica prova del lavoratore, sulla base del complesso delle utilità che il lavoratore avrebbe potuto conseguire, ove tempestivamente assunto, mentre spetta al datore di lavoro provare l'”aliunde perceptum”, oppure la negligenza del lavoratore nel cercare altra proficua occupazione (v. Cass. n. 2402 del 2004; v. Cass. n. 11141 del 2001, relativa all’obbligo di assunzione previsto dall’art. 34 del contratto collettivo nazionale per le cooperative sociali, in caso di subentro nell’appalto del medesimo servizio).

59. In sostanza, il danno da omessa assunzione, non diversamente da quello dipendente da un illegittimo licenziamento (v. Cass. n. 17683 del 2018; n. 2499 del 2017; n. 9616 del 2015), è per sua natura ragguagliabile alle retribuzioni perse, restando a carico del datore di lavoro l’onere di prova dell’aliunde perceptum e percipiendum, quale fatto impeditivo della pretesa risarcitoria dell’attore. Nel caso di specie, l’attuale società ricorrente sembra voler invertire tale criterio là dove addebita alla sentenza impugnata di avere “ignorato che il lavoratore non ha dato dimostrazione, come sarebbe stato suo onere, di aver cercato una nuova occupazione dopo la cessazione del rapporto con Jolly Immobiliare del 20.12.2013, provando in particolare l’iscrizione nelle liste di collocamento”.

60. A proposito di “aliunde percipiendum”, si è affermato che il datore di lavoro ha l’onere di allegare le circostanze specifiche riguardanti la situazione del mercato del lavoro in relazione alla professionalità del danneggiato, da cui desumere, anche con ragionamento presuntivo, l’utilizzabilità di tale professionalità per il conseguimento di nuovi guadagni e la riduzione del danno (v. Cass. n. 17683 del 2018 cit.).

61. Peraltro, dallo stesso ricorso in esame risulta che il lavoratore, dopo la cessazione del rapporto con la Jolly Immobiliare (di cui si ignora la causa), ha svolto attività d’impresa da cui devono ritenersi provenienti i redditi che la Corte di merito ha detratto dal risarcimento del danno, per gli anni dal 2014 al 2017, a titolo di aliunde perceptum.

62. Le residue censure, che non investono il capo della sentenza d’appello che ha dichiarato costituito tra le parti un rapporto di lavoro subordinato a far data dall’1.2.2013 (sugli effetti della sentenza ex art. 2932 c.c. vedi Cass., 27841 del 2009; n. 8250 del 2009; n. 26233 del 2005; n. 10564 del 2003), sono parimenti infondate.

63. La censura con cui si contesta la decorrenza dell’obbligo risarcitorio dall’1.2.2013, data di subentro nell’appalto, anziché dalla messa in mora nei confronti della subentrante che si assume avvenuta solo con lettera dell’8.10.2013, è infondata in quanto la data di insorgenza dell’obbligo di assunzione, da cui la Corte d’appello ha fatto decorrere il risarcimento del danno, è ricavabile dalla disciplina dettata dal contratto collettivo, e ciò rende non necessaria la messa in mora (v. art. 1219 c.c., comma 2, n. 3).

64. La censura mossa in relazione al computo del risarcimento, in quanto comprensivo delle mensilità aggiuntive, risulta inammissibile per difetto di specificità, atteso che la parte ricorrente non ha indicato le ragioni per cui detto calcolo si porrebbe in contrasto con le disposizioni invocate. La decisione della Corte di merito appare, peraltro, in linea con la giurisprudenza di legittimità già citata secondo cui, in caso di inadempimento all’obbligo di assunzione, il lavoratore ha diritto all’integrale risarcimento dei danni derivanti dal comportamento del datore di lavoro, la cui quantificazione, trattandosi di responsabilità contrattuale, va effettuata ai sensi degli artt. 1226 e 1227 c.c. in misura pari alle retribuzioni mensili spettanti in caso di assunzione (v. oltre alla giurisprudenza citata al par. 58, Cass. 488 del 2009; n. 5766 del 2002, in materia di assunzione obbligatoria).

65. In base alle considerazioni svolte, va accolto il quarto motivo di ricorso, dichiarati inammissibili il primo e il terzo motivo e respinti i residui motivi; la sentenza non definitiva deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibili il primo e il terzo, rigetta gli altri, cassa la sentenza non definitiva impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2021

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