LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9925/2017 R.G. proposto da:
SIMA S.R.L., in persona dell’amministratore p.t. P.P., rappresentata e difesa dagli Avv. Francesco Saverio Guzzo, e Antonio Gambardella, con domicilio eletto in Roma, viale G. Mazzini, n. 106, presso lo studio dell’Avv. Marco Bastoni;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELL'***** S.R.L. e FIM.PA.D. S.A.S. DI F.D.
& C.;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di depositata il gg mese aaaa;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 settembre 2021 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DE MATTEIS Stanislao, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Il curatore del fallimento dell'***** S.r.l. convenne in giudizio la SIMA S.r.l. e la Fim.Pa.D. S.r.l., per sentir dichiarare inefficaci, si sensi dell’art. 2901 c.c., a) il contratto stipulato il 19 maggio 1991, con cui la società fallita aveva venduto alla SIMA tre fabbricati e due appartamenti, b) il contratto del 20 luglio 1994, con cui la SIMA aveva venduto quasi tutti i medesimi beni alla FimPaD, e c) il successivo contratto con cui la Fim-PaD aveva venduto parte dei beni a R.F. e D.B.C..
A sostegno della domanda, riferì che la prima vendita aveva avuto luogo per il prezzo irrisorio di Lire 210.000.000, quando già pendevano numerose istanze di fallimento nei confronti dell’Immobiliare, aggiungendo che la SIMA era stata costituita l’anno prima ed era amministrata dal figlio dell’amministratore della società fallita; sostenne inoltre che le altre due vendite erano state poste in essere dopo la dichiarazione di fallimento, all’evidente fine di sottrarre il compendio immobiliare all’attivo.
Si costituì la FimPaD, ed eccepì il difetto di legittimazione processuale del curatore e l’insussistenza dei presupposti della revocatoria, nonché l’opponibilità della vendita al fallimento, in quanto trascritta in data anteriore alla trascrizione della domanda e della sentenza di fallimento, chiedendo in via riconvenzionale la condanna dell’attore al risarcimento dei danni.
Si costituirono inoltre il R. e il D.B., i quali furono estromessi dal giudizio, dopo aver concluso una transazione con il curatore.
1.1. Con sentenza dell’11 aprile 2011, il Tribunale di Vallo della Lucania accolse la domanda, dichiarando l’inefficacia dei primi due contratti di compravendita e rigettando la domanda riconvenzionale.
2. L’impugnazione proposta dalla SIMA è stata rigettata dalla Corte d’appello di Salerno con sentenza del 3 febbraio 2017, che ha rigettato anche l’appello incidentale proposto dalla FimPaD.
A fondamento della decisione, la Corte ha innanzitutto escluso la nullità della notificazione dell’atto di citazione in primo grado alla SIMA, rilevando che la stessa era stata eseguita il 14 febbraio 1996 ai sensi dell’art. 140 c.p.c., con il compimento di tutte le formalità di rito, ivi compreso il deposito dell’atto presso la casa comunale e l’invio della raccomandata informativa.
Rilevato inoltre che il curatore aveva agito ai sensi dell’art. 2901 c.c., richiamato dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 66 ha ritenuto sussistente il requisito dell’eventus damni, in ragione dell’oggettiva diminuzione patrimoniale cagionata dalla prima vendita e facile distraibilità ed occultabilità delle somme di denaro, che comportava un’incertezza o una maggiore difficoltà nella realizzazione dei crediti. Ha ritenuto pertanto superfluo l’accertamento del valore del complesso immobiliare e della congruità del prezzo di vendita, osservando comunque che incombeva al debitore l’onere di provare che l’atto dispositivo non aveva inciso sul valore e sulle caratteristiche del suo patrimonio. Ha ritenuto invece che la scientia damni ed il consilium fraudis fossero ravvisabili in re ipsa, avuto riguardo all’oggetto della vendita, costituito da una pluralità di beni, ed al rapporto familiare e di convivenza esistente tra i legali rappresentanti delle due imprese, delle numerosissime istanze di fallimento pendenti nei confronti dell’Immobiliare fin dal 1987 e dell’avvenuta costituzione della SIMA appena un anno prima.
Premesso poi che l’autorizzazione a promuovere il giudizio rilasciata dal Giudice delegato ed integrata nel corso del giudizio risultava pienamente idonea a supportare l’azione revocatoria, in quanto legittimante tutte le pretese e le istanze strumentalmente pertinenti all’obiettivo del giudizio, e rilevato che la domanda proposta nei confronti della FimPaD era riconducibile all’art. 2901 c.c., comma 4, ha ritenuto provata la mala fede della subacquirente, osservando che il legale rappresentante della stessa era stato informato della provenienza dei beni dall’Immobiliare, reputando irragionevole escludere che essa avesse assunto informazioni sull’identità e la solvibilità del costruttore, ed aggiungendo che la FimPaD era stata costituita soltanto cinque mesi prima della stipulazione del contratto. Quanto infine all’opponibilità della vendita al fallimento, precisato che il curatore aveva la facoltà di agire nei confronti della subacquirente alternativamente per il risarcimento del danno o per la revoca del contratto pregiudizievole, ha rilevato che l’attore aveva optato per la seconda soluzione, osservando comunque che l’art. 2652 c.c., comma 1, n. 5 fa salvi gli effetti della trascrizione soltanto a condizione che il terzo sia in buona fede.
3. Avverso la predetta sentenza la SIMA ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Con ordinanza interlocutoria del 30 aprile 2021, questa Corte, rilevato che il primo motivo d’impugnazione rifletteva un error in procedendo, per il cui riscontro risultava necessaria la consultazione del fascicolo d’ufficio del giudizio di merito, comprensivo di quelli di parte, ha rinviato la causa a nuovo ruolo, disponendone l’acquisizione da parte della Cancelleria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, va rigettata l’eccezione d’inammissibilità dell’impugnazione, sollevata nelle conclusioni scritte del Pubblico Ministero in relazione all’avvenuto deposito di copie della procura alle liti, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna delle notifiche eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e della sentenza impugnata, non recanti l’attestazione di conformità agli originali.
Le predette attestazioni, non allegate al ricorso per cassazione e ai documenti prodotti, sono state infatti depositate dalla difesa della ricorrente unitamente alla memoria di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c., e quindi prima della scadenza del termine ultimo per la produzione delle stesse, rappresentato, come ripetutamente affermato da questa Corte, dalla data dell’adunanza fissata per la decisione della causa (cfr. Cass., Sez. Un., 24/09/2018, n. 22438; Cass., Sez. III, 30/10/2018, n. 27480).
2. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 140 e 145 c.p.c. e della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8 insistendo sulla nullità della notificazione dell’atto di citazione in primo grado, in quanto non accompagnata dal deposito dell’atto presso l’ufficio postale né dall’inoltro dell’avviso a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
3. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione della L.Fall., art. 66 e dell’art. 2901 c.c., osservando che il curatore non ha fornito alcuna prova del pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori, della consapevolezza dello stesso da parte della debitrice e del consilium fraudis di essa ricorrente. Sostiene che in proposito la sentenza impugnata si è accontentata di semplici presunzioni, non accompagnate da riscontri probatori, travisando le risultanze della c.t.u. espletata, la quale aveva determinato il valore degl’immobili in riferimento all’anno 2000, anziché a quello della compravendita, senza tener conto dell’incremento dei prezzi del mercato immobiliare. Contesta la rilevanza del rapporto di parentela tra gli amministratori delle due società, osservando che, in quanto società di capitali, queste ultime erano dotate di autonomia patrimoniale e personalità giuridica distinta.
4. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione della L.Fall., art. 66 e dell’art. 2901 c.c., comma 4, e art. 2697 c.c., rilevando che, nel ritenere dimostrata la mala fede della subacquirente, la sentenza impugnata non ha considerato che nei confronti di quest’ultima non poteva trovare applicazione la L.Fall., art. 67, ma l’art. 2901 cit., con la conseguenza che la relativa prova spettava al curatore, il quale non l’aveva offerta.
5. Il primo motivo è fondato.
Non può infatti condividersi la sentenza impugnata, nella parte in cui, rilevato che la notificazione dell’atto di citazione in primo grado nei confronti della SIMA era stata eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., ha affermato che la stessa doveva ritenersi ritualmente perfezionata per effetto del deposito dell’atto presso la casa comunale e del mero invio della raccomandata informativa, reputando quindi implicitamente superflua la prova dell’avvenuto ricevimento della stessa.
Com’e’ noto, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, con cui fu dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., nella parte in cui prevedeva che la notifica si perfezionasse, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o comunque decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, affinché la notificazione effettuata ai sensi della predetta disposizione possa considerarsi ritualmente perfezionata, non è sufficiente la prova della spedizione della raccomandata informativa, ma occorre che il notificante fornisca anche quella dello avvenuto ricevimento della stessa, mediante la produzione del relativo avviso, la cui mancanza determina la nullità della notificazione, sanabile esclusivamente attraverso la costituzione in giudizio dell’intimato o la rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. II, 4/03/ 2020, n. 6089; Cass., Sez. III, 24/04/2015, n. 8396; 31/03/2010, n. 7809). Tale principio, costantemente ribadito, deve ritenersi applicabile anche alla fattispecie in esame, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la circostanza che la notificazione di cui è stata dedotta la nullità sia stata effettuata il 14 febbraio 1996, e quindi in data anteriore a quella della pronuncia d’incostituzionalità dell’art. 140 cit.: la portata retroattiva delle sentenze dichiarative d’illegittimità costituzionale comporta infatti, nel caso in cui esse abbiano ad oggetto una norma processuale, che, fin quando la validità ed efficacia degli atti dalla stessa disciplinati sono sub judice, il rapporto processuale non può considerarsi ancora esaurito, sicché, nel momento in cui viene in discussione la ritualità dell’atto, la valutazione della sua conformità alla disposizione dichiarata incostituzionale dev’essere valutata avendo riguardo alla modificazione introdotta dalla sentenza dichiarativa dell’illegittimità costituzionale, indipendentemente dal tempo in cui l’atto è stato compiuto (cfr. Cass., Sez. V, 18/12/2019, n. 33610; Cass., Sez. VI, 15/04/2019, n. 10519).
L’esame diretto degli atti, al quale questa Corte può procedere in considerazione della natura processuale del vizio lamentato, non ha peraltro consentito, nella specie, di accertare l’avvenuto compimento di tutte le formalità necessarie per il perfezionamento della notifica: nel fascicolo d’ufficio del giudizio di merito, acquisito dalla Cancelleria in esecuzione dell’ordinanza interlocutoria, non si rinviene infatti quello di parte del fallimento, verosimilmente contenente l’originale dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, con la relata di notifica ed i documenti allegati; la mancata produzione degli stessi da parte del curatore, non costituitosi nella presente fase processuale, impedendo il riscontro dell’avvenuta produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata informativa, comporta la dichiarazione di nullità della notificazione dell’atto di citazione, cui consegue quella dell’intero giudizio di primo grado.
6. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in accoglimento del primo motivo d’impugnazione, con il conseguente assorbimento degli altri motivi, e la causa va rinviata, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., al Tribunale di Vallo della Lucania, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Vallo della Lucania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2021
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