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Lastrico solare: il regolamento non basta per escludere la condominialità

Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.21440 del 06/07/2022

A seguito di controversia fra condòmini riguardante il contributo per l'installazione sul lastrico solare di un'antenna di una società di telefonia, la Suprema Corte torna sul tema della individuazione delle parti comuni del condominio

Con la sentenza 6 luglio 2022 n. 21440 la Cassazione precisa che:

  • la presunzione di condominialità ex art. 1117 cod. civ. può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell'atto costitutivo del condominio, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l'alienazione del diritto di condominio;
  • il regolamento condominiale non basta ad escludere la condominialità, a meno che non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d'acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individua le dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni.

Condominio negli edifici, individuazione della parti comuni, presunzione di condominialità, risultanze contrarie dell’atto costitutivo

In tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall'art. 1117 c.c. ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell'atto costitutivo del condominio, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l'alienazione del diritto di condominio, non rilevando a tal fine quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d'acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni.

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Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.21440 del 06/07/2022

Presidente Di Virgilio – Relatore Scarpa

Fatti di causa

Il Condominio ***** ha proposto ricorso, articolato in sei motivi, avverso la sentenza n. 2021/2017 pronunciata dalla Corte d'appello di Roma in data 27 marzo 2017.

Resistono con controricorso I.S. , I.D. , D.A. , R.S. , B.M.E. , R.G. e C.G.A. .

Non hanno svolto attività difensive gli altri intimati I.L. e M.D. .

Con ricorso depositato il 20 febbraio 2007, R.S. , B.M.E. , R.G. , C.G.A. , I.S. , I.D. , I.L. , D.A. e M.D. , proprietari di alcune unità immobiliari facenti parte del Condominio di ***** , domandarono di dichiarare illegittima la deliberazione adottata dall'assemblea condominiale in data 19 gennaio 2007, con cui era stato approvato il "consuntivo condominio 2006" ed il "preventivo condominio 2007". Gli attori, tra l'altro, in particolare, lamentarono che il bilancio li avesse indebitamente esclusi dal rimborso di Euro 10.000,00 per il cosiddetto "contributo Ericsson", spettante ai condomini per aver consentito l'istallazione di un'antenna sul tetto del locale lavatoio dell'edificio. Il convenuto Condominio allegò che l'antenna Ericsson era stata installata su porzione del fabbricato che, agli effetti dell'art. 3 del regolamento condominiale, è di proprietà dei soli titolari degli appartamenti. Con sentenza n. 17707/2009, il Tribunale di Roma annullò l'impugnata delibera quanto ai punti 1 e 3 all'ordine del giorno.

Il Condominio di ***** propose appello, deducendo, tra l'altro, che i proprietari dei negozi non fossero titolari di diritti anche su parti del fabbricato "escluse ab origine dal regolamento di condominio" e che, per effetto delle cessioni dei negozi da parte degli originari proprietari, erano stati trasferiti "i soli elementi che si trovavano in un rapporto di connessione oggettiva o di strumentalità con la cosa venduta", tra i quali - per espressa esclusione del regolamento di condominio (art. 3) - non risultava esservi il tetto del locale lavatoio.

La Corte d'appello ha confermato la sentenza di primo grado, osservando che l'art. 3 del regolamento non poteva intendersi come volto ad escludere la comproprietà dei beni comuni, ed in particolare del tetto/lastrico solare, ai fini della ripartizione del "contributo Ericsson", stante la funzione di copertura assolta dal medesimo lastrico e la riconducibilità dello stesso all'art. 1117 c.c., in difetto di specifico titolo contrario. Non porterebbe a diverse conclusioni la sentenza passata in giudicato n. 2910/2015 della stessa Corte d'appello di Roma, in quanto essa, tra i servizi comuni ritenuti non appartenenti ai proprietari dei locali commerciali, non annoverava nè il lastrico di copertura del palazzo, nè il tetto del locale lavatoio ivi situato che funge anch'esso da copertura per i sottostanti immobili di proprietà privata". Ulteriore conferma, secondo la Corte d'appello, si trarrebbe dall'art. 29 del regolamento, che impone anche ai proprietari dei negozi la partecipazione alle spese condominiali concernenti il tetto e i terrazzi comuni.

Il ricorso è stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. n.176 del 18 dicembre 2020.

Le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

1) II primo motivo del ricorso del Condominio ***** denuncia la violazione e errata applicazione dell'art. "1113" (è da intendere: "1117", come si corregge nella memoria ex art. 378 c.p.c. del ricorrente) c.c. in relazione all'art. 3 del regolamento condominiale (il cui testo è riportato nella parte espositiva del ricorso: "Sono di proprietà comune ai proprietari dei diversi piani della palazzina, in parte proporzionale ai millesimi di proprietà risultanti dalla tabella allegata n. 1, tutte le parti dell'edificio di cui all'art. 1117 c.c. per quanto applicabile, nonché le aree rimaste non sopraelevate e i locali allo scantinato contraddistinti con l'int. 12. I quattro negozi, con sottonegozi con sporti di ***** e numeri ***** sono di proprietà comune ai proprietari indicati nella tabella n. 2"). Per il ricorrente, tale disposizione regolamentare costituiva titolo contrario agli effetti dell'art. 1117 c.c.

Il secondo motivo del ricorso del Condominio ***** denuncia la violazione e errata applicazione dell'art. 1117 c.c., in relazione all'art. 3 del regolamento condominiale e alla sua diretta applicabilità quale titolo derogatorio della presunzione di contitolarità delle parti comuni.

Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell'art. 1470 c.c. "in relazione all'errata attribuzione del valore di titolo di trasferimento delle parti comuni agli atti di compravendita dei locali negozi". Si evidenzia che negli atti di compravendita non veniva esplicitamente menzionato il trasferimento dei lastrici solari, quali parti comuni.

Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione e errata applicazione dell'art. 2909 c.c. e dell'art. 324 c.p.c. per "conflitto di giudicati tra la sentenza impugnate e altra pronuncia del medesimo Ufficio, passata in giudicato" (la sentenza n. 2910/2015 della Corte d'appello di Roma).

Il quinto motivo del ricorso del Condominio ***** 12 denuncia la "violazione e falsa applicazione dell'art. 29 del regolamento condominiale, in relazione alle spese di manutenzione e ricostruzione del tetto e dei terrazzi comuni".

Il sesto motivo di ricorso denuncia la "violazione dell'art. 112 c.p.c., vizio di ultrapetizione, errato esame di un fatto decisivo per la decisione del giudizio, in relazione alla copertura dei lastrici solari sulla proiezione verticale dei locali negozi".

2. I sei motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, per la loro evidente connessione: essi sono connotati da diffusi profili di inammissibilità e si rivelano comunque del tutto infondati.

2.1. Innanzitutto, è da osservare che si verte in giudizio di impugnazione avverso una deliberazione assembleare ex art. 1137 c.c. In particolare, è stata impugnata la deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto e del preventivo in ordine alla ripartizione degli attivi di gestione, costituiti dai proventi che il condominio trae dalla cessione in godimento di un lastrico solare (di copertura del locale lavatoio) ad un terzo per installarvi e mantenervi un impianto tecnologico (cfr. Cass. Sez. Unite, 30/04/2020, n. 8434; Cass. Sez. 6 - 2, 09/02/2021, n. 3043). In un tale procedimento, la questione della estensione della contito-larità delle parti comuni in favore dei proprietari di unità immobiliari comprese in un condominio edilizio, che poi qui costituiscono il presupposto per ravvisare il diritto patrimoniale all'accredito della proporzionale somma derivante dal corrispettivo della cessione in godimento a terzi, può formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell'atto collegiale, ma privo - in assenza di esplicita domanda di una delle parti ai sensi dell'art. 34 c.p.c. di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli, svolgendosi di regola il giudizio, ai sensi degli artt. 1130 n. 3) e 1131 c.c., nei confronti dell'amministratore del condominio, senza la partecipazione, quali legittimati passivi, di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario (arg. da Cass. Sez. 2, 22/11/2021, n. 35794; Cass. Sez. 6 - 2, 21/02/2020, n. 4697).

Ciò comporta che l'accertamento della proprietà comune del lastrico in favore degli attuali controricorrenti, attori in primo grado, non travalica l'interesse relativo a tale giudizio e non può perciò influire altresì su liti diverse insorte o che insorgeranno fra le stesse parti, nè risente di contrasto diretto con il giudicato che si assume formato nel litisconsorzio di tutti i condomini con la sentenza del 2015 menzionata nel quarto motivo.

2.2. Presupposto del riparto dei proventi del cosiddetto "contributo Ericsson" è, allora, l'accertamento incidentale del regime dominicale di un lastrico solare, la cui comune appartenenza si "presume", ex art. 1117 c.c., "se non risulta il contrario dal titolo". Per affermare la condominialità di un lastrico solare, in realtà, occorre gradatamente verificare dapprima che la res, per le sue caratteristiche strutturali, risulti destinata oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (cfr. Cass. Sez. Unite, 07/07/1993, n. 7449), in quanto avente funzione di copertura e protezione dagli agenti atmosferici dei vani sottostanti, e poi se sussista un titolo contrario alla "presunzione" di condomi-nialità, facendo riferimento esclusivo al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto.

Ove poi debba applicarsi l'art. 1117 c.c., bisogna considerare che tale norma non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali. La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 e seguenti del Codice civile, si attua, infatti, sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall'originario unico proprietario ad altro soggetto.

2.3. Il ricorrente insiste, quindi, erroneamente sulla valenza del regolamento di condominio, ed in particolare del suo art. 3, come "titolo contrario" alla condominialità del lastrico di copertura dell'ex lavatoio, così come superflua è l'attenzione dedicata ai contratti di compravendita dei locali commerciali. Avrebbe avuto valore decisivo, piuttosto, l'atto di frazionamento dell'iniziale unica proprietà, da cui si generò la situazione di condominio edilizio, con correlata operatività della presunzione ex art. 1117 c.c. di comunione "pro indiviso" di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero - in tale momento costitutivo del condominio - destinate all'uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio, e non invece oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari.

Sarebbe quindi occorso verificare se nel titolo originario sussistesse una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alle unità immobiliari site ai piani elevati dell'edificio di ***** la proprietà del lastrico.

Altrimenti, una volta sorta la comproprietà delle parti comuni dell'edificio indicate nell'art. 1117 c.c., per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva - i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, altresì il trasferimento delle parti comuni - la situazione condominiale è opponibile ai terzi (Cass. Sez. 2, 17/02/2020, n. 3852; Cass. Sez. 2, 09/12/1974, n. 4119).

Non risulta, dunque, dirimente per la soluzione della questione dedotta in lite l'interpretazione dell'art. 3 del regolamento, non costituendo il regolamento di condominio un titolo di proprietà, ove non si tratti di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni (cfr. Cass. Sez. 2, 03/05/1993, n. 5125; Cass. Sez. 2, 21/05/2012, n. 8012).

Per la stessa ragione non assume alcuna decisività il richiamo all'art. 29 del regolamento, che riguarda la ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione del tetto e dei terrazzi, con rinvio "ai millesimi di cui alla tabella n. 1", come sottolinea il ricorrente.

La norma del regolamento di condominio approvata a maggioranza circa la ripartizione delle spese "secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condominio" (art. 1138, comma 1, c.c.), come anche la "diversa convenzione" approvata all'unanimità (art. 1123, comma 1, c.c.) - avente comunque efficacia obbligatoria ex art. 1372 c.c. -, con cui i condomini programmano che la portata degli obblighi di contribuzione alle spese sia determinata in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118,1123 e ss. c.c. e 68 disp. att. c.c., non valgono di per sé come titolo contrario alla "presunzione di condominialità" di cui all'art. 1117 c.c., nè a menomare i diritti di ciascun condomino sui beni comuni, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni (art. 1138, comma 4, c.c.), a meno che non risulti, in caso di disposizione di natura contrattuale, la specifica accettazione negoziale degli interessati rispetto alla limitazione dominicale.

Deve pertanto enunciarsi il seguente principio:

in tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall'art. 1117 c.c. ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell'atto costitutivo del condominio, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l'alienazione del diritto di condominio, non rilevando a tal fine quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d'acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni (cfr. Cass. Sez. 2, 03/05/1993, n. 5125; Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5633; Cass. Sez. 2, 21/05/2012, n. 8012; Cass. Sez. 2, 16/09/2019, n. 23001).

2.4. Si aggiunga che, proprio perché l'esclusione, dal novero delle cose in condominio, di alcune di quelle parti dell'edificio che sono "presunte" di proprietà comune dall'art. 1117 c.c., incide sulla costituzione o modificazione di un diritto reale immobiliare (con la conseguenza che l'esclusione stessa deve risultare ad substantiam da atto scritto), per aversi titolo contrario occorre che dal negozio emergano elementi tali da essere in contrasto con l'esercizio del diritto di condominio, e tale indagine è demandata all'apprezzamento dei giudici del merito, rimanendo incensurabile in sede di legittimità se non per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, così come previsti negli artt. 1362 e seguenti c.c., oppure nei limiti di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5

Non è comunque censurabile l'interpretazione prescelta dalla Corte d'appello di Roma secondo cui la clausola "sono di proprietà comune ai proprietari dei diversi piani della palazzina... tutte le parti dell'edificio di cui all'art. 1117 c.c." non esprime, in modo chiaro ed univoco, l'intenzione di attribuire solo a quelli i beni condominiali e di sottrarne la contitolarità ai "negozi", i quali peraltro erano all'origine essi stesso oggetto di comunione convenzionale, sicché nemmeno avrebbe avuto senso estendere la proprietà delle parti comuni a porzioni del fabbricato a loro volta all'epoca comuni.

2.4. Al di là di quanto già detto nel § 2.1., circa il rilievo incidentale che l'accertamento della contitolarità del lastrico assume in questo giudizio, è comunque altrimenti infondato anche il quarto motivo sull'assunta violazione di un giudicato esterno perpetrato dalla sentenza impugnata. Il ricorrente dà rilievo al passaggio della sentenza del 2015 che riconosceva, in base al regolamento ed alle allegate tabelle, la "proprietà comune dei servizi condominiali" come attribuita "a tutti i proprietari degli interni facenti parte della palazzina", ma non si rinviene nella condominialità del lastrico affermata nella decisione che si chiede di cassare una statuizione che si ponga in contrasto con la portata della pre-g ressa res iudicata.

2.5. La contestazione del dato che il lastrico e il tetto del locale lavatoio servano da copertura anche dei locali negozi, contenuta nel sesto motivo di ricorso, è inammissibile, in quanto il ricorrente non specifica, nel rispetto dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, "come" e "quando", ovvero in quale atto difensivo delle pregres-se fasi di merito, tale questione sia stata oggetto di discussione processuale tra le parti. Nè sussiste al riguardo alcun vizio di ul-trapetizione, essendo, anzi, doveroso per il giudice del merito verificare, ai fini dell'applicazione dell'art. 1117 c.c., quali siano le caratteristiche strutturali del bene oggetto di lite per accertare se lo stesso sia, o meno, compreso tra le parti comuni indicate dalla citata norma.

In ogni caso, il lastrico solare ed il tetto sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell'art. 1117 c.c., anche dei proprietari di locali terranei, che abbiano accesso direttamente dalla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato diviso in porzioni individuali e svolgono una funzione di riparo e di protezione delle unità sottostanti.

3. Il ricorso va perciò rigettato, con condanna del ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione nell'importo liquidato in dispositivo. Non deve provvedersi al riguardo per gli altri intimati I.L. e M.D. , i quali non hanno svolto attività difensive.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, art. 13, comma 1-quater, - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

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