Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23260-2016 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato MICHELE MAIMONE, che lo rappresenta e difende assieme all’Avvocato ITALO MASTROLIA giusta procura speciale estesa a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1320/28/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 15/3/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

RILEVATO

che:

P.A. propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto l’appello erariale avverso la sentenza n. 19550/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma in accoglimento del ricorso proposto avverso avviso di rettifica e liquidazione di imposta di registro 2009 relativamente ad atto di compravendita immobiliare, per il quale l’Ufficio aveva proceduto alla variazione di valore;

l’Agenzia delle entrate si è costituita al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

1.1. con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza per carenza di motivazione in merito alle dedotte questioni circa il difetto di motivazione dell’atto impugnato e l’incongruità del maggior valore dell’immobile;

1.2. la censura di nullità della motivazione è infondata in quanto, malgrado la sinteticità della decisione gravata di ricorso per cassazione, si scorge dal suo complessivo contenuto la ratio decidendi posta a base della stessa, collegata all’esistenza di elementi probatori che avevano pienamente giustificato la ripresa a tassazione del maggior valore accertato rispetto alla compravendita ed all’insussistenza di una carenza di motivazione dell’atto impugnato;

1.3. ciò è sufficiente per escludere che la sentenza impugnata possa rientrare nello stigma delle sentenze nulle per omissione della motivazione, motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile, alla stregua di quanto affermato da Cass. S.U. n. 8053 del 2014 e Cass. n. 8054 del 2014;

2.1. con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (art. 2697 c.c., D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3) e lamenta che la Commissione Tributaria Regionale abbia erroneamente ritenuto la legittimità dell’atto impugnato solo in relazione alla valutazione dell’Ufficio sulla base del valore accertato con precedente avviso di liquidazione, non impugnato, relativo al medesimo immobile, ed emesso nei confronti del dante causa del ricorrente;

2.2. con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (artt. 1306,1292 e 2909 c.c., artt. 99,100 e 112 c.p.c., art. 277 c.p.c., D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52) e lamenta che la Commissione Tributaria Regionale abbia tenuto conto del giudicato formatosi tra l’Ufficio ed il venditore del terreno in oggetto in virtù di mancata impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione nei confronti di quest’ultimo;

2.3. con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio in relazione alla dedotta applicabilità al caso di specie del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, ed alla mancata valutazione degli elementi documentali offerti dal contribuente (atto di cessione dell’immobile, successivo all’atto impugnato), asseritamente attestanti un minor valore dell’immobile;

2.4. le doglianze, da esaminare congiuntamente, vanno disattese;

2.5. il combinato disposto del D.P.R. n. 131 del 1986 (Testo unico imposta di registro), art. 43, comma 1, lett. a) e art. 51, commi 1 e 2, per gli atti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, stabilisce che la base imponibile alla quale commisurare le imposte proporzionali di registro, ipotecaria e catastale è rappresentata dal valore indicato in atto dalle parti;

2.6. tuttavia, se il valore non è indicato, ovvero se il corrispettivo pattuito risulta superiore, la base imponibile è pari a quest’ultimo;

2.7. successivamente, in sede di eventuale accertamento di valore, gli uffici dell’Agenzia delle Entrate devono controllare la congruità del valore indicato in atto dalle parti, che deve riflettere il valore venale in comune commercio del bene compravenduto;

2.8. il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, detta le linee guida per il controllo sulla congruità dell’imposta per l’ufficio del registro, ora inglobato nell’ufficio delle Entrate;

2.9. l’articolo suddetto stabilisce che per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari, ai fini dell’eventuale rettifica, l’ufficio controlla il valore di cui al comma 1 (ovvero il valore indicato in atto dalle parti) avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ed in questo caso l’ufficio ha la possibilità di effettuare una sorta di comparazione con dei casi analoghi;

2.10. l’Ufficio provvede dunque alla rettifica, e alla conseguente liquidazione, se ritiene che gli immobili ceduti abbiano un valore venale superiore a quello dichiarato o al corrispettivo pattuito, ed, a tal fine, ha “riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni” (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 comma 3);

2.11. questa Corte ha inoltre affermato che i predetti criteri di valutazione sono assolutamente pariordinati (cfr. Cass. n. 29143 del 2018, Cass. n. 4221 del 2006), e, in riferimento al criterio comparativo, ha, in particolare, rilevato che la circostanza secondo cui deve aversi riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo ed alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni, non implica l’immodificabilità del valore risultante da detti atti, ma si limita ad indicare un parametro certo di confronto, in base al quale l’Ufficio deve determinare il valore del bene in comune commercio (cfr. Cass. n. 963 del 2018, Cass. n. 4363 del 2011);

2.12. alla stregua di ciò, l’errore di diritto addebitato col secondo e terzo motivo è insussistente, avendo la Commissione Tributaria Regionale applicato la disposizione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, e l’enunciato criterio comparativo, richiamando inoltre il precedente avviso di liquidazione, emesso nei confronti del dante causa del ricorrente, solo a conferma del valore utilizzato per la stima dall’Ufficio, senza affermare in alcun modo che la questione risultava coperta da giudicato ex art. 2909 c.c.;

2.13. le ulteriori doglianze del ricorrente relative a vizio motivazionale della sentenza impugnata risultano, infine, inammissibili;

2.14. le censure circa la mancata applicazione dei criteri di cd. “valutazione automatica” di cui al citato art. 52, comma 4, sulla base dell’indicazione, nell’atto di compravendita, di valori pari o superiori alla rendita catastale, nonché circa la mancata valutazione del valore, inferiore, ricavabile dall’atto di compravendita del terreno tra l’odierno ricorrente ed un terzo, successivo all’atto impugnato, difettano invero di specificità avendo il ricorrente omesso di indicare, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui è avvenuta la produzione documentale, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (cfr. Cass. n. 4980 del 2014; Cass. n. 14784 del 2015; Cass. n. 23575 del 2015; Cass. n. 19150 del 2016; Cass. n. 23452 del 2017; Cass. n. 27475 del 2017; Cass. n. 5478 del 2018);

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto;

4. nulla sulle spese stante la mancanza di attività difensiva dell’Agenzia resistente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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