LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13161-2020 proposto da:
V.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato BIANCA MARIA CASTOLDI, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO LONGHIN;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, – UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL PIEMONTE e I.I.S. “***** – ***** – *****” DI MONDOVI’, rappresentati e difesi ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 7/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 14/01/2020 R.G.N. 526/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. NEGRI DELLA TORRE PAOLO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO visto il D.L. n. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 7/2020, pubblicata il 14 gennaio 2020, la Corte di appello di Torino ha confermato la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale di Cuneo aveva ritenuto legittimo il licenziamento con preavviso irrogato a V.G., D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 55-quater, comma 1, lett. b), dall’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte a causa di ripetute e ingiustificate assenze dal servizio verificatesi nel periodo aprile-giugno 2017.
1.1. La Corte di appello ha rilevato a sostegno della propria decisione che era da ritenersi provato, alla luce di numerose dichiarazioni testimoniali, come l’appellante non fosse stata presente né alla riunione del 27 aprile 2017, né agli scrutini del 12, 13 e 15 giugno 2017, ai quali avrebbe dovuto invece partecipare, sulla base di un ordine di servizio in data 1/6/2017 (Circ. n. 432), in qualità di docente di attività alternative all’insegnamento della Religione Cattolica.
1.2. La Corte, richiamata l’Ordinanza Ministeriale n. 252/2016, ha poi rilevato che anche l’attività di assistenza allo studio individuale degli alunni, sostitutiva dell’insegnamento della Religione Cattolica ed espressamente oggetto di incarico all’appellante (Circ. n. 205 del 28/1/2017), ne avrebbe determinato l’obbligo di essere presente agli scrutini, non potendo tale attività ridursi ad un ruolo di semplice sorveglianza, ma concretandosi in un’attività di sostegno alla didattica, rilevante al fine di attribuire e computare il credito scolastico.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso la V. con quattro motivi, assistiti da memoria, cui hanno resistito con controricorso il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, l’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte e l’I.S.S. “*****” di Mondovì.
3. Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione e falsa applicazione degli artt. 99,112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 115,116 c.p.c. e art. 416 c.p.c., comma 3, nonché dell’art. 2697 c.c. e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-quater, comma 1, lett. b) e art. 55-bis, commi 4, 5 e 9-ter e censura la sentenza impugnata per avere il giudice di appello individuato il fondamento dell’obbligo di presenza alle riunioni nello svolgimento di attività di organizzazione e valutazione dello studio individuale, con ciò travalicando i limiti della contestazione disciplinare, che aveva invece espressamente riferito l’obbligo di presenza all’espletamento dell’incarico di docente di attività alternative all’insegnamento della Religione Cattolica, incarico peraltro mai ricevuto né svolto.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione della O.M. 19 aprile 2016, n. 252, art. 8, commi 14, 15 e 17, nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1369, 1370 e 1371 c.c., dell’art. 132c.p.c. e art. 111 Cost., comma 6, e del D.Lgs. n. 2 del 2017, art. 15, oltre ad illogicità e/o mancanza totale di motivazione, e censura la sentenza impugnata per avere erroneamente applicato la suddetta O.M. n. 252 del 2016 all’attività di sorveglianza dello studio individuale, senza considerare che essa, da un lato, era stata dettata per disciplinare lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria di secondo grado, anziché le riunioni di scrutinio dei consigli di classe, e, dall’altro, era stata emessa con riferimento all’anno scolastico 2015/2016, mentre le assenze contestate si erano verificate nel periodo aprile – giugno 2017; e per non avere comunque esposto in alcun modo le ragioni per le quali tale disciplina avrebbe invece dovuto trovare applicazione a un docente incaricato della sorveglianza di alunni facenti parte di classi che in quell’anno scolastico neppure erano ammesse all’esame di Stato.
3. Con il terzo motivo viene dedotta, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione della O.M. 19 aprile 2016, n. 252, art. 8, commi 14, 15 e 17, degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 12 Disposizioni sulla legge in generale, degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1369, 1370 e 1371 c.c., dell’art. 2697 c.c., nonché violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 5, dell’art. 437 c.p.c., comma 2, e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-quater, comma 1, lett. b) e art. 55-bis, commi 4, 5 e 9-ter, per non avere il giudice di appello verificato che sussistessero le condizioni per l’attribuzione del credito scolastico agli studenti impegnati nello studio individuale, che l’O.M. n. 252 del 2016 subordina alla previa deliberazione, da parte della istituzione scolastica, delle modalità con le quali certificare e valutare l’arricchimento culturale o disciplinare specifico tratto dall’alunno, e per avere assegnato alla medesima Ordinanza Ministeriale, e agli altri documenti citati (Circ. n. 205/2017 e Verbale collegio docenti n. 5 del 10/10/2016), con motivazione illogica, apparente e contraria al canone di interpretazione letterale e sistematica, un significato da essi logicamente non ricavabile.
4. Con il quarto motivo viene dedotta, ex art. 360 c.p.c., n. 4 e n. 5, la violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., comma 6, nonché mancanza totale di motivazione e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la sentenza di appello trattato in comune le assenze come se si riferissero tutte a riunioni di scrutinio, mentre l’assenza del 27/4/2017 aveva riguardato una riunione di dipartimento (Religione/Filosofia) cui la ricorrente, in quanto membro di altro dipartimento (Diritto), era estranea.
5. Il primo motivo è inammissibile.
6. Esso, infatti, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, là dove la Corte di appello di Torino ha osservato che la “la docente era tenuta a presenziare agli scrutini (sulla base dell’ordine di servizio Circolare n. 432 dell’1/6/2017) non in quanto docente di potenziamento, bensì come docente di attività alternative all’insegnamento della Religione Cattolica” (cfr. sentenza, p. 10, ultimo capoverso): accertamento in linea con il fatto disciplinarmente contestato dal datore di lavoro e, d’altra parte, conforme a quanto già deciso dal giudice di primo grado, il quale, in sede di opposizione, aveva ritenuto provato l’incarico di insegnamento di “attività alternative alla Religione Cattolica” ed il conseguente obbligo di presenza alle riunioni collegiali oggetto di contestazione (cfr. ricorso per cassazione, p. 10).
7. Se poi la ricorrente contesta tale accertamento, per non avere mai svolto attività didattiche alternative all’insegnamento della Religione Cattolica (ma solo attività di mera sorveglianza degli alunni che avevano scelto lo studio individuale), il motivo in esame si pone allora sul piano di una critica, di ordine motivazionale, circa la ricostruzione di fatto operata dal giudice di appello, peraltro inammissibile ex art. 348-ter c.p.c., u.c., in presenza di c.d. “doppia conforme”.
8. Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente per chiare ragioni di connessione, risultano di conseguenza inammissibili.
9. E’ invero del tutto consolidato il principio, secondo il quale, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. n. 22753/2011, fra le molte conformi).
10. Per quanto possa occorrere, stante il carattere assorbente del rilievo che precede, è comunque da notare che entrambi i motivi si dolgono di carenze motivazionali della sentenza impugnata, per le quali vale la considerazione già sopra svolta; mentre, nella parte in cui censurano la lettura della Circolare n. 205 del 28 gennaio 2017, che aveva conferito all’odierna ricorrente l’incarico di assistenza allo studio individuale, e del Verbale collegio docenti n. 5 del 10 ottobre 2016, che aveva equiparato tale attività alle “attività alternative” (cfr. sentenza, p. 9, ultimo capoverso, e p. 10), non si attengono al principio, anch’esso consolidato, per il quale “L’interpretazione degli atti amministrativi è riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento è sindacabile in sede di legittimità per violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione ove illogica od incongrua, sì da non consentire il controllo del procedimento logico adottato, senza, che, peraltro, l’interpretazione fornita debba essere l’unica o quella astrattamente migliore, ferma la necessità che la parte specifichi, nelle sue censure, l’canoni ermeneutici in concreto violati e in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sia discostato” (Cass. n. 10271/2016; conforme Cass. n. 18661/2006).
11. Il quarto motivo, con il quale si lamenta l’omessa considerazione, da parte del giudice di appello, del fatto storico costituito dall’appartenenza della ricorrente al Dipartimento di Diritto/Economia, quale premessa decisiva al fine di ritenere insussistente l’obbligo della medesima di partecipare alla riunione del Dipartimento di Religione/Filosofia, configura un vizio della sentenza impugnata tipicamente riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 5, nella riformulazione conseguente alle modifiche introdotte nel 2012.
12. Tale vizio, come si è ricordato (sub 7), risulta non più deducibile in presenza di c.d. “doppia conforme”; né la ricorrente, per evitare l’inammissibilità del motivo, ha indicato le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528/2014 e successive conformi).
13. Il ricorso, pertanto, non può trovare accoglimento.
14. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
15. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Sez. U n. 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022
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