Diffamazione tramite internet, natura del reato, decorrenza del termine per proporre querela

Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n.1370 del 29/11/2022 (dep. 16/01/2023)

Pubblicato il

Diffamazione tramite internet, natura, reato istantaneo di evento, consumazione del delitto, prescrizione

Il delitto di diffamazione realizzato tramite il web ha natura di reato istantaneo di evento, che si consuma nel momento in cui la frase o l'immagine lesiva diventano fruibili da parte di terzi, con la conseguenza che da quel momento inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato.

Diffamazione tramite internet, decorrenza del termine per proporre querela, frase o immagine lesiva immessa sul web

In tema di diffamazione tramite internet, ai fini della individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento, in assenza di prova contraria da parte della persona offesa, ad una data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui la frase o l'immagine lesiva sono immesse sul web.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Corte di Cassazione, sez. V Penale, Sentenza n. 1370 del 29/11/2022 (dep. 16/01/2023)

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza di condanna in primo grado pronunciata, anche agli effetti civili, nei confronti di P.N. per il delitto di diffamazione aggravata in danno di C.A.; fatto commesso dall'imputato il 12 dicembre 2009 con il pubblicare sul blog, denominato "(Omissis)", un commento - visibile fino al 19 giugno 2015 - nel quale accusava i magistrati della Procura e del Tribunale di Catanzaro, che avevano svolto le loro funzioni nell'ambito del processo cd. "(Omissis)", conclusosi con l'assoluzione delle persone tratte a giudizio, di avere favoreggiato queste ultime e di avere costituito una vera e propria associazione per delinquere.

2. Il ricorso per cassazione nell'interesse dell'imputato consta di sei motivi, quivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto stabilito dall'art. 173 disp. att. c.p.p..

- Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 178, comma 1, lett. c), 179, comma 1, 526 e 601 c.p.p. e, per l'effetto, la nullità di entrambe le sentenze di merito determinata dall'omessa notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare e del decreto di citazione per il giudizio di primo grado all'allora difensore di fiducia dell'imputato. Eccepisce, al riguardo, che, fissato dalla Corte di appello un termine perentorio per l'acquisizione del fascicolo del Pubblico Ministero, sarebbe stato conculcato il diritto di difesa dell'imputato medesimo, che non avrebbe potuto verificare se gli atti richiesti e trasmessi con ritardo dal Tribunale di Salerno corrispondessero effettivamente a quelli del procedimento penale istaurato a carico del P. per il delitto di diffamazione in danno del Dottor C., posto che in concomitanza era stato istaurato a suo carico un distinto procedimento per la diffamazione commessa nei confronti del GIP Dottoressa R.. Donde, gli atti compulsati dalla Corte territoriale sarebbero inutilizzabili per violazione del contraddittorio sulla prova documentale.

- Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 51 c.p. in relazione all'art. 21 Cost. e il vizio di motivazione. E' addotto, a sostegno, che il commento divulgato era espressione del diritto di critica legittimamente esercitato, riferendo di circostanze vere, esposte nei limiti della continenza formale, essendo pacifico che il procedimento istruito presso la Procura della Repubblica di Catanzaro per la vicenda cd. "(Omissis)" fosse racchiuso in un voluminosissimo incarto per il cui esame il Pubblico Ministero dell'udienza preliminare, Dottor C., aveva chiesto una sola ora di tempo, ragionevolmente insufficiente per maturare un effettivo convincimento circa le sorti processuali di una vicenda di grande interesse sociale.

- Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. d), c.p.p. la mancata escussione in appello dei magistrati Dottor C. e Dottor F., richiesta a prova contraria ai sensi dell'art. 495, comma 2, c.p.p., e il vizio di illogicità della motivazione rassegnata a sostegno del relativo diniego.

- Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 157,158 e 595 c.p. e il vizio di motivazione. Si rileva che la giustificazione addotta dalla Corte territoriale per disattendere l'eccezione di prescrizione del reato, ossia quella secondo la quale la diffamazione commessa tramite intemet sarebbe a consumazione prolungata nel tempo essendo il contenuto offensivo immesso in rete consultabile in ogni momento da una platea indifferenziata di utenti del web, sarebbe in conclamato dissenso con il consolidato orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità secondo cui il delitto di diffamazione, quand'anche realizzato con condotte progressive, è fattispecie di evento a consumazione istantanea. Alla stregua di tale condivisibile approdo si insiste, altresì, per la declaratoria di improcedibilità dei fatti successivi alla querela del 20 ottobre 2015.

- Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 132 e 133 c.p. e il vizio di motivazione quanto al diniego di riduzione della pena applicata all'imputato, da considerarsi peraltro illegale avuto riguardo alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo che ha escluso la conformità alla CEDU dell'irrogazione della pena detentiva nei confronti un giornalista professionista, come ne caso di P., iscritto all'Albo dei Giornalisti fin dal 10 maggio 2007.

- Il sesto motivo denuncia l'inosservanza degli artt. 538 e 541 c.p.p. in riferimento alla condanna dell'imputato al risarcimento del danno e delle spese di lite in favore della parte civile, per essere vero e di pubblico interesse il fatto oggetto del commento divulgato sul blog.

3. Con requisitoria in data 21 ottobre 2022, rassegnata ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 art. 23, comma 8, , convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 e del D.L. n. 105 del 2021, artt. 1 e 7 il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Dottor Nicola Lettieri, ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con conferma delle statuizioni civili.

4. Con memoria trasmessa tramite PEC in data 23 novembre 2022, il difensore del ricorrente ha concluso insistendo per l'accoglimento dei motivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso merita accoglimento per la ragione di seguito illustrata.

1.Coglie nel segno il quarto motivo di ricorso, con rilievo assorbente rispetto a tutte le ulteriori doglianze.

1.1. Questa Corte ha affermato che il delitto di diffamazione realizzato tramite il web ha natura di reato istantaneo di evento, che si consuma nel momento in cui la frase o l'immagine lesiva diventano fruibili da parte di terzi, con la conseguenza che da quel momento inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato (Sez. 5, n. 24585 del 14/03/2022, Rv. 283400).

E' stato, al riguardo, spiegato che, nell'ipotesi in cui la condotta offensiva dell'altrui reputazione si concretizzi nella diffusione di scritti o di filmati attraverso la rete web di internet, la consumazione del delitto di cui all'art. 595 c.p. viene a coincidere con l'inserimento nel web del documento diffamatorio, di modo che da tale momento, ai sensi dell'art. 158, comma 1, c.p., inizia a decorrere il temine di prescrizione del reato: ciò perché la diffamazione, che è reato di evento, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l'espressione ingiuriosa e dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivato (Sez. 5, n. 23624 del 27/04/2012, Rv. 252964; Sez. 5, n. 25875 del 21/06/2006, Rv. 234528).

Si tratta di orientamento formatosi in riferimento al tema della tempestività della querela, posto che la decorrenza del termine di tre mesi per la proposizione della stessa presuppone necessariamente che il reato si sia perfezionato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva (Sez. 5, n. 46485 del 20/06/2014, Rv. 261018); donde, è stato enunciato il principio di diritto secondo il quale, ai fini della individuazione del "dies a quo" per la decorrenza del termine per proporre querela, occorre fare riferimento, in assenza di prova contraria da parte della persona offesa, ad una data contestuale o temporalmente prossima a quella in cui la frase o l'immagine lesiva sono immesse sul "web", atteso che l'interessato, normalmente, ha notizia del fatto commesso mediante la "rete" accedendo alla stessa direttamente o attraverso terzi che in tal modo ne siano venuti a conoscenza (Sez. 5, n. 22787 del 30/04/2021, Rv. 281261; Sez. 5, n. 38099 del 29/05/2015, Rv. 264999).

In conclusione, occorre ribadire che, in virtù della natura di reato istantaneo di evento che è propria anche della fattispecie di diffamazione realizzata tramite intemet, la stessa si consuma nel momento in cui la frase o l'immagine lesiva sono immesse sul "web" perché è in quel momento che queste diventano fruibili da parte dei terzi, essendo inserite in un ambiente comunicativo per sua natura destinato ad essere normalmente visionato da più persone (Sez. 5, n. 3963 del 06/07/2015, Rv. 265815), senza che abbia rilievo il prolungarsi della lesione del bene giuridico protetto dalla norma, trattandosi di evenienza che non incide sulla struttura del reato, trasformandolo in reato permanente.

1.2. Alla stregua di tali indicazioni direttive, nel caso che occupa, essendosi la diffamazione in danno del Dottor C.A. consumata in epoca prossima al 12 dicembre 2009, ossia allorché questi ebbe contezza del commento offensivo della sua reputazione postato sul blog "(Omissis)", il delitto oggetto di contestazione corrispondente esclusivamente al fatto di cui alla querela in pari data - si è estinto per prescrizione in epoca prossima al 12 giugno 2017, quindi ben prima del 17 maggio 2019, data della pronuncia della sentenza di primo grado.

1.3. Come di recente statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 39614 del 28/04/2022 (Rv. 283670), con principio certamente valevole per ogni giudizio di impugnazione, in tema di decisione sugli effetti civili ex art. 578, comma 1, c.p.p., il giudice di appello che, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescrizione del reato, pervenga alla conclusione - sia sulla base della semplice "constatazione" di un errore nel quale il giudice di prime cure sia incorso, sia per effetto di "valutazioni" difformi - che la causa estintiva è maturata prima della sentenza di primo grado, deve revocare le statuizioni civili in essa contenute: ciò perché, è stato spiegato, "l'inapplicabilità dell'art. 578 c.p.p. a tutte le ipotesi in cui l'estinzione del reato si collochi "a monte" della sentenza di condanna in primo grado comporta che, nel caso di specie, dev'essere disposta la revoca delle statuizioni civili precedentemente adottate, con conseguente esclusione di ogni valutazione del giudice (penale) dell'impugnazione in ordine alla responsabilità dell'imputato" (pag. 18, punto 16 della motivazione). Tra l'altro, come ricordato dallo stesso diritto vivente, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 182 del 30 luglio 2021, ha osservato che "(i)mprescindibile condizione perché il giudice dell'impugnazione possa decidere, non ostante il proscioglimento dell'imputato, sugli interessi civili è dunque, anzitutto, l'emissione di una valida condanna nel grado di giudizio immediatamente precedente, impugnata dall'imputato o dal pubblico ministero, alla quale sia sopravvenuta una causa estintiva del reato".

2. Tanto comporta che all'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione, maturata prima della pronuncia della sentenza di primo grado, consegua la revoca le statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Revoca le statuizioni civili.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2023.

©2022 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472