Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.31795 del 07/12/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4700-2017 proposto da:

A.S. SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1735/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, del 17/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA GHINOY.

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Crotone rigettava la domanda di risarcimento del danno che S.G. aveva proposto ex art. 2087 c.c. nei confronti della Società A.S. & C. s.a.s relativa all’infortunio sul lavoro a lui occorso in data 28.5.1998, consistente in una caduta mentre eseguiva lavori di pitturazione di pareti esterne di un istituto scolastico di Crotone;

2. la Corte d’appello di Catanzaro accoglieva l’appello proposto da S.G. e condannava la Società a pagare al lavoratore la somma di Euro 134.878 a titolo di danno biologico permanente, inabilità temporanea totale e invalidità temporanea parziale.

La Corte d’ Appello riferiva che il Tribunale aveva ritenuto indimostrata la ricostruzione dei fatti fornita dal lavoratore danneggiato – che sosteneva di essere scivolato mentre scendeva da una scala a forbice posta su un piccolo terrazzo sulla quale stava eseguendo la pitturazione della parete esterna del summenzionato istituto scolastico e di essere, quindi, caduto al suolo a causa della mancanza di barriere protettive – essendo tali asserzioni confutate dalla mancata conoscenza dei fatti dei testimoni indotti dallo S. e dall’esistenza di un ponteggio ove il lavoratore era precipitato al suolo. La Corte argomentava che quand’anche si fosse ritenuto che il lavoratore fosse caduto dal ponteggio, tuttavia si sarebbe dovuto concludere che questo non era stato montato a regola d’arte, tanto da non avere impedito la caduta al suolo, oppure che il lavoratore non era stato dotato di scarpe antiscivolo, capaci di scongiurare il rischio di scivolamento. Riteneva dunque che il lavoratore avesse assolto all’onere di provare, oltre all’esistenza del danno, la nocività dell’ambiente di lavoro e il nesso causale tra l’una e l’altro.

3. A.S. S.r.l. (già A.S. & C. s.a.s.) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato ad un unico motivo, ed ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

4. S.G. non ha opposto attività difensiva.

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione o falsa applicazione dell’art. 2087 c.c., anche in relazione all’art. 2697 c.c.. Secondo la ricorrente la Corte territoriale avrebbe mal applicato il principio relativo all’onere della prova, facendo ricadere sul datore di lavoro le conseguenze dell’incertezza sulle modalità di verificazione dell’evento e avrebbe desunto dal verificarsi stesso dell’incidente il fatto che il lavoratore non fosse dotato delle scarpe antiscivolo.

2. Il ricorso è fondato.

In merito all’applicazione dell’art. 2087 c.c., occorre premettere che è assolutamente univoco l’insegnamento di questa Corte secondo il quale incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito un danno a causa dell’attività lavorativa svolta, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonchè il nesso di causalità tra l’una e l’altra, mentre spetta al datore di lavoro dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno (v. Cass. 29.1.2013, n. 2038, Cass. 12.6.2017, n. 14566, Cass. 24.10.2017 n. 25151, e, da ultimo, Cass. 23.05.2018, n. 12808).

Allegare e provare la nocività dell’ambiente di lavoro, in coerenza con le regole che presiedono all’applicazione dell’art. 1218 c.c. in tema di allegazione dell’inadempimento rilevante (ex Cass. S.U. n. 577 del 11/01/2008 e Cass. S.U. n. 13533 del 30 ottobre 2001, n. 13533) significa che dalla fonte dell’obbligo altrui che il creditore di sicurezza invoca deve scaturire l’indicazione del comportamento che il debitore avrebbe dovuto tenere, nel senso che dalla descrizione del fatto materiale deve quanto meno potersi evincere una condotta del datore contraria o a misure di sicurezza espressamente imposte da una disposizione normativa che le individua concretamente, ovvero a misure di sicurezza che, sebbene non individuate specificamente da una norma, siano comunque rinvenibili nel sistema dell’art. 2087 c.c.

Occorre infatti distinguere i presupposti per l’azionabilità della tutela prevista dall’assicurazione infortuni e malattie professionali gestita dall’INAIL e quelli necessari per l’accertamento di una responsabilità contrattuale del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c.. Il meccanismo assicurativo pubblico prescinde dall’accertamento della colpa e si fonda sulla mera occasione di lavoro, cioè su di una condizione di collegabilità, anche indiretta, dell’evento all’attività lavorativa, sicchè l’indennizzo può essere riconosciuto finanche per eventi verificatisi nel percorso fatto dal dipendente per recarsi al lavoro. Invece, in un giudizio risarcitorio proposto nei confronti del datore di lavoro, è indispensabile fornire al giudice ed alla controparte tutti gli elementi fattuali necessari affinchè sia apprezzabile, anche solo in ipotesi, un colpevole inadempimento, non potendo il lavoratore limitarsi a dedurre di avere riportato un danno in occasione o durante la prestazione lavorativa (così Cass. n. 27364 del 23/12/2014, Cass. n. 12241 del 12/6/2015).

3. Dovendosi dare seguito a tale condivisibile orientamento, la soluzione adottata dalla Corte territoriale sotto tale aspetto non risulta corretta e conforme a diritto, in quanto ha desunto la sussistenza di un inadempimento rilevante dall’ esistenza del danno da caduta, prescindendo dall’accertamento delle modalità con le quali essa si era verificata.

4. Per tali motivi il ricorso, manifestamente fondato nei termini sopra esposti, va accolto con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

5. Segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria, che dovrà decidere la causa applicando il principio di diritto sopra affermato e provvedere anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2018

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