Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.24161 del 27/09/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22784-2018 R.G. proposto da:

T.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato ANDREA BELARDINELLI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

O.A., O.I., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 73, presso lo studio dell’avvocato ARNALDO DEL VECCHIO, che li rappresenta e difende;

– resistenti –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 14342/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 11/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO GABRIELE;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE TOMMASO, che chiede il rigetto del ricorso.

RILEVATO

che:

con ricorso, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., O.I. ed O.A. proponevano opposizione nell’ambito dell’esecuzione immobiliare intrapresa da T.E. sulla base del decreto ingiuntivo n. 527 del 1999 emesso dal Tribunale di Roma nei confronti di O.G., deducendo di non essere eredi di quest’ultimo in forza di atto di rinuncia all’eredità. Il giudice dell’esecuzione tratteneva l’opposizione agli atti esecutivi, rimettendo le parti davanti al Giudice di pace di Roma, limitatamente al motivo di opposizione all’esecuzione con il quale O.I. ed O.A. avevano dedotto la propria carenza di legittimazione passiva, per avere rinunziato alla eredità di O.G., già debitore di T.;

riassunta la causa davanti al Giudice di pace, si costituivano O.I. e O.A. eccependo l’incompetenza per valore del giudice adito;

quest’ultimo, con sentenza n. 30064 del 2015 dichiarava la propria incompetenza per valore, rimettendo le parti davanti al Tribunale di Roma. La causa avente ad oggetto l’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2, era riassunta dagli O. davanti al Tribunale di Roma. Si costituiva T. eccependo la litispendenza tra il giudizio di opposizione all’esecuzione e quello di opposizione a precetto, prodromico all’espropriazione immobiliare e chiedendo, comunque, la sospensione del giudizio in attesa della definizione di tale ultimo procedimento pendente in cassazione, a causa del ricorso proposto avverso la sentenza del Tribunale che aveva giudicato sull’opposizione a precetto;

il Tribunale di Roma con sentenza dell’11 luglio 2018 rilevava che oggetto del giudizio era solo il motivo di opposizione con cui O.I. e O.A. avevano contestato la legittimazione passiva nell’esecuzione immobiliare, per avere rinunziato all’eredità di O.G.;

rigettava la richiesta di declaratoria di litispendenza ai sensi dell’art. 39 c.p.c. perchè ricorreva l’ipotesi di cause pendenti davanti al medesimo ufficio giudiziario, poichè quella di opposizione a precetto e di opposizione all’esecuzione, fondate sui medesimi presupposti, pendevano davanti al medesimo ufficio (Tribunale di Roma), sebbene in grado diverso (quella di opposizione a precetto definita con sentenza impugnata davanti alla Corte di Cassazione);

rigettava anche la richiesta di sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c. perchè era intervenuto giudicato sull’accertamento negativo della qualità di eredi di O.G. in capo agli opponenti, sulla base del contenuto delle due sentenze del Tribunale di Roma n. 21520 e n. 22176 del 2015 che, accogliendo l’opposizione avverso due esecuzioni, intraprese in forza del medesimo precetto, avevano escluso la qualità di eredi dei predetti O.. Pertanto, l’intervenuto giudicato escluderebbe la sussistenza del nesso di pregiudizialità tra cause pendenti in diverso stato;

sulla base di tali elementi dichiarava l’intervenuto giudicato riguardo al difetto di legittimazione passiva in campo agli O., condannando T.E. al pagamento delle spese di lite, oltre che ai sensi dell’art. 96 c.p.c., n. 3;

avverso tale sentenza propone istanza per regolamento necessario di competenza T.E. affidandosi ad un motivo. Resistono con memoria O.I. e O.A.. Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che con l’unico motivo si rileva l’illegittimità della pronunzia riguardo ai profili di litispendenza e continenza. In particolare, il Tribunale una volta dichiarata l’esistenza di due distinti giudizi, in gradi diversi, aventi ad oggetto l’opposizione al pignoramento e l’opposizione al precetto, redatti nei confronti del medesimo titolo, per i medesimi motivi di carenza di legittimazione passiva e tra le stesse parti, avrebbe dovuto dichiarare la litispendenza poichè l’opposizione all’esecuzione, oggetto del presente giudizio, era stata proposta successivamente all’opposizione a precetto. La differente statuizione sarebbe suscettibile di regolamento di competenza sulla base dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità;

con la memoria ex art. 380 bis c.p.c., i resistenti documentano che il procedimento rispetto al quale era stata prospettata l’ipotesi di litispendenza è stato definito in cassazione (Cass. 19.2.2019 n. 4843), assumendo che in questo modo difetterebbe il presupposto della pendenza di altro giudizio;

il problema posto dalla relazione fra l’opposizione decisa dalla sentenza impugnata e le opposizioni riguardo alle quali è ora intervenuta Cass. n. 4843 del 2019 riguarda più correttamente il profilo della continenza e non quello della litispendenza, in quanto i motivi posti a sostegno delle opposizioni decise in primo grado dal Giudice di Pace di Roma non erano limitati alla contestazione della qualità di eredi poi ribadita con l’opposizione decisa dalla sentenza impugnata, ma si estendevano a due altre questioni, la prima inerente all’esattezza della somma oggetto di precetto e la seconda alle voci di spesa processuale. Ne discende che i fatti costitutivi delle due opposizioni a precetto erano più ampi e, dunque, contenevano quello della causa di opposizione all’esecuzione. Essendosi consolidata la competenza per valore su tale ultima causa davanti al Tribunale di Roma, l’art. 39 c.p.c., comma 2, ove applicato, avrebbe dovuto comportare che le due opposizioni davanti al g.d.p. trasmigrassero davanti al Tribunale di Roma, giusta il criterio di competenza di cui all’art. 40 c.p.c., comma 7, e avuto riguardo al principio di diritto di cui a Cass., Sez. Un., n. 15905 del 2006 secondo cui “il giudice che ravvisi la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi a un giudice diverso deve verificare la competenza (per materia, territorio, derogabile e inderogabile, e valore) di quest’ultimo in relazione non soltanto alla causa da rimettergli, ma anche a quella presso di lui già pendente, con indagine estesa a tutti i criteri di competenza”;

il Tribunale, pertanto, avrebbe dovuto ravvisare che il Giudice di pace non era competente per valore sulla causa di opposizione all’esecuzione (tra l’altro rimessagli proprio da quell’ufficio con consolidazione comunque della competenza del Tribunale per mancata proposizione di regolamento di competenza) e, nel contempo che il medesimo Giudice di pace non era, altresì, competente sui giudizi di opposizione a precetto;

la rilevata pendenza delle cause in grado diverso (una delle due, in sede di legittimità) non avrebbe consentito di applicare la disciplina della continenza e il conseguente spostamento delle cause di opposizione a precetto;

pertanto, la questione avrebbe dovuto essere risolta con l’istituto della sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., pure invocato dalla ricorrente. Ma l’intervenuta decisione del giudizio pendente in cassazione ha fatto venire meno la situazione di continenza e il presupposto stesso della sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c., con conseguente infondatezza dell’istanza di regolamento di competenza, con compensazione delle spese atteso che la sopravvenienza della decisione di questa Corte ha reso inammissibile il regolamento;

va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 11 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 27 settembre 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472