Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27970 del 30/10/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21619-2018 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SIMONE CICCOTTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE, MAZZINI 145, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GARAU, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

SPORTGEST SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3303/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIANNITI PASQUALE.

RILEVATO

CHE:

1. M.L. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 3303/2018 della Corte di Appello di Roma che, rigettando il suo appello nei confronti di SportGest srl e della Unipol Assicurazioni s.p.a. (intervenuta nel giudizio di primo grado), ha confermato la sentenza n. 15365/2012 del Tribunale di Roma, con la quale era stata rigettata la domanda di risarcimento danni ex art. 2051 c.c. che la M. aveva proposto nei confronti del Circolo sportivo Queens club, in relazione al sinistro occorso in data 1073/2008 (allorquando ebbe a cadere sulle scale di accesso agli spogliatoi della piscina).

2. Ha resistito con controricorso la Unipol Assicurazioni spa.

3. Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

4. In vista dell’odierna adunanza, la ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

CHE:

1. La ricorrente, con un unico motivo di ricorso, denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c. nonchè degli art. 115 e 167 c.p.c.

Rileva che il giudice di primo grado aveva ritenuto applicabile nella specie l’art. 2051 c.c. e che su tale statuizione, in difetto di impugnativa, si è formato il giudicato. Deduce che la Corte territoriale ha ricostruito il nesso causale in termini diversi da quelli richiesti dalla suddetta norma (come interpretata di recente nell’ordinanza n. 25837/2017 di questa Corte e, in tempi più risalenti, dalla sentenza n. 4476 del 2472/2011), nella parte in cui ha posto a suo carico l’onere di provare non solo il verificarsi dell’evento in occasione dell’utilizzo del bene in custodia ma anche l’insussistenza del caso fortuito (e in particolare della sua responsabilità concorrente).

Sostiene che la Corte territoriale è anche incorsa nella violazione dell’art. 167 c.p.c. nella parte in cui non ha considerato che la compagnia assicurativa, essendosi costituita tardivamente, non aveva facoltà nè di formulare eccezioni e neppure di articolare deduzioni istruttorie.

2. Il ricorso è infondato.

Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo nel senso che “il danneggiato deve dimostrare il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva” (Cass., 30775/2017; Cass. 12027/2017).

Ed è stato precisato che l’art. 2051 c.c. non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente offensiva, posseduta dalla cosa.

Dei suddetti principi ha fatto buon governo la Corte territoriale nel caso di specie. Invero la ricorrente aveva sostenuto di essere caduta dal secondo gradino di accesso agli spogliatoi ed ha dedotto la responsabilità del custode, in quanto vi era presenza di acqua sulle scale, l’antiscivolo sul piano era usurato e non vi era corrimano. Senonchè la Corte territoriale ha ritenuto non provato il nesso di causalità tra il bene in custodia e la caduta, rilevando che il testimone, indicato dalla stessa ricorrente ed escusso in primo grado, non aveva saputo indicare le modalità precise della caduta (e, in particolare, se la caduta era occorsa sul secondo gradino, se questo effettivamente presentava antisdrucciolo usurato ed era privo di corrimano e fosse bagnato d’acqua) e, d’altra parte, le fotografie prodotte attestavano la presenza del corrimano a scala iniziata e l’esistenza di una copertura (che avrebbe dovuto rendere più difficile l’ingresso dell’acqua della pioggia).

Occorre infine osservare che il motivo del ricorso comunque non si parametra alla motivazione della sentenza impugnata, che ha confermato il rigetto della domanda, disposto dal giudice di primo grado, perchè la dinamica del fatto non risultava provata (e, in particolare, non risultava provato che lo stato della scala fosse fonte di pericolo).

E’ poi appena il caso di precisare che del tutto inconferente, in quanto irrilevante ai fini di esentare dall’onere della prova, fu la costituzione tardiva avversa.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali (valore del ricorso tra 5.200 e 26.000 Euro), nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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