LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12098/2017 proposto da:
CREDITO EMILIANO S.P.A., – GRUPPO BANCARIO CREDITO EMILIANO CREDEM S.P.A., C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati BONAVENTURA MINUTOLO, PAOLO ZUCCHINALI;
– ricorrente –
contro
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASQUALE STANISLAO MANCINI 2, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLO ALESSANDRINI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
CREDITO EMILIANO S.P.A. – GRUPPO BANCARIO CREDITO EMILIANO CREDEM S.P.A., C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati BONAVENTURA MINUTOLO, PAOLO ZUCCHINALI;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 5157/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/01/2017, N. R.G. 5107/13;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/10/2019 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.
RILEVATO
che:
1. con sentenza 25 gennaio 2017, la Corte d’appello di Roma condannava Credem s.p.a. al pagamento, in favore di M.G. a titolo di indennità di preavviso e di provvigioni sulla raccolta dei prodotti Aviva, delle rispettive somme di Euro 6.575,88 e di Euro 2.675,15 oltre accessori: così riformando, rigettato l’appello incidentale della banca, la sentenza di primo grado di reiezione: delle domande del secondo, promotore finanziario, nei confronti della prima in forza di contratto di agenzia dal 9 giugno 2008 al 2 agosto 2011, di condanna della società, previo l’accertamento del proprio recesso per giusta causa, al pagamento della somma complessiva di Euro 32.785,86, oltre rivalutazione e interessi, a titolo di indennità sostitutiva di preavviso e di clientela, di provvigioni sulla raccolta dei prodotti Aviva, di bonus reclutamento ai sensi dell’art. 7 dell’allegato C del 9 giugno 2008; di condanna invece di M.G. al pagamento, in favore della banca a titolo di indennità sostitutiva di preavviso, in parziale accoglimento della sua domanda riconvenzionale, della somma di Euro 6.575,88 oltre accessori;
2. la Corte territoriale escludeva la prova di inadempimenti della preponente diversi dal mancato pagamento delle provvigioni sulla raccolta dei prodotti Aviva, pure effettuata dal promotore (nell’irrilevanza della procrastinata operatività della convenzione tra la banca e Aviva), a motivo della condanna di Credem s.p.a. al pagamento in suo favore delle relative provvigioni ed anche, ritenuta l’essenzialità della prestazione inadempiuta ai fini di giusta causa del suo recesso, dell’indennità sostitutiva del preavviso;
3. essa negava invece la spettanza al medesimo dell’indennità sostitutiva di clientela, avendo le parti regolato il rapporto ai sensi dell’art. 1751 c.c. (e non dell’AEC che ne contiene la previsione) e alla società preponente del conguaglio in proprio favore quale saldo dei bonus corrisposti al promotore, in difetto di prova.
4. avverso la predetta sentenza Credem s.p.a. ricorreva per cassazione con due motivi, cui l’agente resisteva con controricorso, contenente ricorso incidentale con unico motivo, cui la società replicava con controricorso;
5. la banca comunicava memoria ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
1. la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in riferimento ad accordi commerciali tra Credem s.p.a. ed Aviva e soprattutto a un documento di febbraio 2011 recante un elenco di clienti investitori nei prodotti della seconda, per effetto dell’intermediazione del promotore, rispetto ai quali la Corte territoriale avrebbe genericamente argomentato ed erroneamente applicato il principio di non contestazione, riguardante allegazioni e non documenti, per giunta provenienti unilateralmente dal predetto, senza alcuna sottoscrizione, tanto meno impegnativa per la banca, in difetto di ulteriore più specifica documentazione (primo motivo);
1.1. esso è inammissibile;
1.2. in via di premessa, è indubbio che il principio di non contestazione operi in riferimento alle allegazioni delle parti e non già alle prove assunte (Cass. 1 febbraio 2019, n. 3126), nè ai documenti dalle stesse prodotti, rispetto ai quali vi è soltanto l’onere di un eventuale disconoscimento, nei casi e modi stabiliti dall’art. 214 c.p.c., o di proporre, ove occorra, una querela di falso (Cass. 6 aprile 2016, n. 6606; Cass. 8 febbraio 2018, n. 3022);
1.3. tuttavia, la Corte capitolina ha operato un accertamento in fatto, sulla scorta dei “dettagliati impegni ed obblighi reciproci assunti dalle parti con il contratto di agenzia, con i patti aggiuntivi, con la modifica dei patti aggiuntivi” (così all’ultimo capoverso di pg. 4 della sentenza), in base al quale ha negato ingresso alla richiesta di prova testimoniale dell’agente sulla ricostruzione del rapporto, proprio “a fronte del copioso materiale documentale in atti” (così al penultimo capoverso di pg. 4 della sentenza) ed applicato poi correttamente il principio di “non contestazione”: non già alla produzione dell’elenco di febbraio 2011, che pure ha indicato come non contestato (al penultimo capoverso di pg. 5 della sentenza) e di cui la ricorrente si è doluta, quanto piuttosto alla circostanza, oggetto di allegazione prima ancora che di documentazione, della collocazione, appunto essa non contestata, di “tali prodotti” (Aviva) “presso tali clienti ad opera dell’appellante” che invece “ha evidenziato la non operatività all’epoca di convenzione con Aviva”(così all’ultimo capoverso di pg. 5 della sentenza);
1.4. a parte l’evidente difetto di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, per omessa trascrizione dei documenti genericamente citati (in particolare a pg. 20 del ricorso), così da non consentirne l’esame del contenuto a questa Corte (Cass. 7 febbraio 2011, n. 2966; Cass. 28 settembre 2016, n. 19048; Cass. 7 marzo 2018, n. 5478; Cass. 13 novembre 2018, n. 29093), il motivo consiste in una palese contestazione della valutazione probatoria del giudice di merito;
1.5. ma ad esso solo spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così libera prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (Cass. 10 giugno 2014, n. 13054; Cass. 27 gennaio 2015, n. 1547): secondo un esercizio insindacabile dal giudice di legittimità, al quale solo pertiene la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni del giudice di merito, non equivalendo il sindacato di logicità del giudizio di fatto a revisione del ragionamento decisorio della Corte territoriale (Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197);
1.6. deve infine essere esclusa un’omissione di motivazione, anzi congrua (al p.to 9 di pg. 5 della sentenza) e in grado di essere (come è stata) confutata dalla ricorrente; non essendo poi configurabile alcun fatto storico di cui sia stato omesso l’esame, quanto piuttosto una valutazione giuridica contestata, pertanto eccedente il rigoroso ambito devolutivo introdotto dal novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439);
2. la società ricorrente deduce poi violazione e falsa applicazione degli artt. 1750,2119,2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, per la mancata documentazione (sulla base del trascritto documento prodotto da M.G. sub 8 in primo grado) dell’incarico affidato dalla banca ai propri promotori di collocare i prodotti Aviva e della regolamentazione economica del rapporto, in assenza poi di accertamento della natura giuridica del compenso (se a titolo provvigionale ovvero di bonus), con la conseguenza, nel secondo caso, di inidoneità del mancato pagamento, per la natura accessoria della prestazione, all’integrazione di una giusta causa di recesso: in ogni caso essendo mancata una valutazione di gravità dell’inadempimento, da escludere per l’esiguità della somma (Euro 2.675,88) non corrisposta nel triennio 2008/2011, a fronte di compensi percepiti dall’agente nel triennio complessivamente pari a Euro 128.303,54 (secondo motivo);
2.1. anch’esso è inammissibile;
2.2. premessa la novità della questione relativa alla natura giuridica del compenso (se a titolo provvigionale ovvero di bonus) per il collocamento dei prodotti Aviva, che non risulta trattata dalla sentenza, neppure avendo la parte indicato in quale atto l’avrebbe in precedenza prospettata (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 9 agosto 2018, n. 20694), la doglianza si risolve in una contestazione della valutazione probatoria della Corte d’appello, incensurabile in sede di legittimità, per le ragioni esposte in relazione al primo mezzo scrutinato;
2.3. la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto, rimessa nella valutazione al prudente apprezzamento del giudice del merito, risultando insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. 28 giugno 2006, n. 14974; Cass. 30 marzo 2015, n. 6401): come nel caso di specie, in ragione della esplicitata rilevanza del pagamento delle provvigioni nell’equilibrio sinallagmatico del contratto di agenzia (al primo capoverso di pg. 6 della sentenza);
3. M.G. a propria volta si duole, in via di ricorso incidentale, della negata condanna della Banca al pagamento di Euro 3.554,83 a titolo di indennità sostitutiva di clientela, erroneamente non disposta per il valore non dirimente del richiamo dell’art. 1751 c.c. (che essa non prevede) nell’art. 25 del contratto individuale di agenzia, da interpretare, secondo la volontà delle parti, alla stregua di specifica previsione di un’indennità, all’atto della cessazione del rapporto, determinata in base alle percentuali sulle provvigioni maturate nei periodi di durata del contratto espressamente stabilite dall’Accordo Economico Collettivo (AEC) del 10 marzo 2010, in riferimento all’indennità suppletiva di clientela (unico motivo);
3.1. esso è inammissibile, perchè difetta innanzi tutto di specificità, in completa assenza di deduzione di alcun vizio di legittimità, così da non poter essere specificamente ricondotto ad alcuno di essi, posto che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e circoscritto dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito: con la conseguenza che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige un’enunciazione precisa, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c. (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 14 maggio 2018, n. 11603);
3.2. nella sostanza, esso si risolve in una censura dell’interpretazione della Corte capitolina dell’art. 25 del contratto individuale di agenzia, insindacabile in sede di legittimità in quanto assolutamente plausibile, neppure essendo necessario che essa sia l’unica possibile o la migliore in astratto (Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178) e (per le ragioni esposte al p.to 12 di pg. 6 della sentenza) congruamente argomentata, con una mera contrapposizione ad essa della propria da parte del ricorrente incidentale (Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 10 maggio 2018, n. 11254): sicchè, la censura ha ad oggetto il risultato interpretativo in sè (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass. 26 maggio 2016, n. 10891), senza nemmeno l’indicazione dei canoni ermeneutici violati, nè tanto meno la specificazione delle ragioni nè del modo in cui se ne sarebbe realizzata l’asserita violazione (Cass. 14 giugno 2006, n. 13717; Cass. 21 giugno 2017, n. 15350);
4. pertanto entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la compensazione integrale tra le parti delle spese di giudizio e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
PQM
La Corte dichiara inammissibili entrambi i ricorsi e compensa interamente le spese del giudizio tra le parti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019
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