LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19489/2015 R.G. proposto da:
T.P.F., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Bruno Leporatti e Umberto Richiello per procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio del secondo alla via Mirabello n. 18;
– ricorrente –
contro
N.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Andrea De Cesaris, per procura in calce al controricorso, domiciliato presso la cancelleria della Corte;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze, n. 1246, depositata il 1 luglio 2015.
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico Carbone nella Camera di consiglio del 24 ottobre 2019.
Lette le memorie depositate dalle parti.
FATTO E DIRITTO
atteso che:
La controversia riguarda un appartamento in *****, la cui assegnazione proviene da quota sociale della Cooperativa Edilizia Atlantica a r.l., quota che T.P.F. afferma essere oggetto di intestazione fiduciaria a suo figlio N.G..
Adito dalla T., il Tribunale di Grosseto ne respingeva la domanda di trasferimento ex art. 2932 c.c.; in parziale accoglimento della riconvenzionale del N., il Tribunale ordinava alla T. di rilasciare l’appartamento, mandandola tuttavia assolta dall’avversa pretesa di risarcimento dei danni da occupazione immobiliare sine titulo.
Il giudice d’appello respingeva tanto il gravame principale della T., quanto l’incidentale del N., tra loro compensando le spese del grado.
La T. ricorre per cassazione con due motivi; il N. propone ricorso incidentale con unico motivo e un incidentale condizionato. Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 1346,1350 c.c., per aver il giudice d’appello ritenuto nullo per difetto della forma scritta il patto fiduciario, nonostante questo, avendo ad oggetto immediato la quota sociale e non l’immobile, dovesse considerarsi negozio a forma libera.
Il motivo è infondato: il pactum fiduciae esige la forma scritta ad substantiam qualora comporti il trasferimento, sia pure indiretto, di un bene immobile, sicchè deve essere stipulato per iscritto anche il patto fiduciario comportante il trasferimento indiretto di un immobile attraverso l’intestazione della quota di partecipazione alla società proprietaria del bene (Cass. 26 maggio 2014, n. 11757).
Il giudice d’appello si è conformato a questo principio di diritto, non senza evidenziare come la domanda della T. facesse oggetto del trasferimento coattivo proprio l’appartamento, relegando la quota sociale sullo sfondo storico della vicenda negoziale.
– Il secondo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell’art. 1419 c.c. e, in subordine, carenza assoluta di motivazione, per non aver il giudice d’appello considerato che l’eventuale difetto di forma avrebbe reso nullo il patto fiduciario solo per l’aspetto immobiliare, non anche per il trasferimento della quota sociale.
Il motivo è inammissibile: una questione giuridica implicante accertamenti di fatto che non risulti trattata nella sentenza d’appello non può essere proposta in sede di legittimità se il ricorrente non alleghi di averla dedotta innanzi al giudice di merito, e non indichi in quale atto ciò sia avvenuto, posto che il mancato assolvimento di questo onere impone la declaratoria di inammissibilità della censura per novità (Cass. 12 luglio 2005, n. 14590; Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 22 gennaio 2013, n. 1435; Cass. 21 novembre 2017, n. 27568; Cass. 24 gennaio 2019, n. 2038), senza deroga neppure per le questioni di nullità, ove esse comportino accertamenti di fatto (Cass. 11 aprile 2016, n. 7048).
– Nella specie, la questione della nullità parziale, che implica l’accertamento fattuale dell’essenzialità della parte nulla, non è trattata affatto nella sentenza d’appello, nè la ricorrente assolve l’onere di indicazione, sicchè essa risulta questione nuova.
– Il ricorso incidentale denuncia violazione degli artt. 1223,2043,2056,2697 c.c., per non aver il giudice d’appello riconosciuto il danno in re ipsa da occupazione immobiliare senza titolo, pari al valore locativo.
– Il ricorso incidentale è infondato: nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario è oggetto di una presunzione correlata alla normale fruttuosità del bene, presunzione che, tuttavia, essendo basata sull’id quod plerumque accidit, ha carattere relativo, iuris tantum, e quindi ammette la prova contraria (Cass. 7 agosto 2012, n. 14222; Cass. 15 ottobre 2015, n. 20823; Cass. 9 agosto 2016, n. 16670).
Ambigua e foriera di confusione, giacchè sembra alludere ad un danno la cui sussistenza sia irrefutabile, la locuzione “danno in re ipsa” va tradotta in altre (“danno normale” o “danno presunto”), più adatte ad evidenziare la base illativa del danno, collegata all’indisponibilità del bene fruttifero secondo criteri di normalità, i quali onerano l’occupante alla prova dell’anomala infruttuosità di uno specifico immobile.
Il giudice d’appello si è conformato a questo principio di diritto, applicandolo ad una fattispecie in cui, lungi dal risultare la volontà e l’abitudine locativa del N., ne emergeva proprio la volontà e l’abitudine contraria (pag. 4 di sentenza).
Sono respinti tanto il ricorso principale, quanto l’incidentale; resta assorbito l’incidentale condizionato, attinente alle prove testimoniali ammesse su istanza della T..
Le spese del giudizio di legittimità sono compensate per reciproca soccombenza; entrambi gli impugnanti devono il doppio contributo unificato.
PQM
Rigetta il ricorso principale e l’incidentale, compensando le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2019
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