Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.32130 del 10/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18507-2018 proposto da:

SOL LEVANTE SNC, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTUENSE N 104, presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS, rappresentata e difesa dall’avvocato BENEDETTO BALLERO;

– ricorrente –

contro

BANCO DI SARDEGNA, in persona del suo Presidente p.t., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI MONTE FIORE 22, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GATTAMELATA, rappresentato e difeso dall’avvocato VANESSA PORQUEDDU;

REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA, in persona del Presidente, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCULLO, 24, presso la REGIONE SARDEGNA UFFICIO RAPPRESENTANZA, rappresentata e difesa dagli avvocati ANDREA SECCHI, ALESSANDRA CAMBA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 423/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 14/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2019 dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALESSANDRO PEPE, che ha chiesto che la Corte di Cassazione respinga il ricorso proposto da Sol Levante s.n.c..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.La Corte di appello di Cagliari con sentenza n. 423/2018, respingendo l’appello proposto dalla società Sol Levante s.n.c. (di seguito per brevità SL), ha integralmente confermato la sentenza n. 2815/2013 del Tribunale di Cagliari, che aveva rigettato la domanda risarcitoria formulata dalla predetta società nei confronti della Regione Autonoma della Sardegna e del Banco di Sardegna (di seguito, sempre per brevità, rispettivamente Regione e Banco) in relazione ad una pratica avente ad oggetto la richiesta, da parte della società attrice, delle agevolazioni di cui a varie leggi regionali, per la realizzazione di un progetto imprenditoriale in area edificabile di sua proprietà, sita nel territorio del Comune di San Teodoro. Precisamente la controversia ha riguardato la richiesta di accertamento dell’illegittimità della revoca delle agevolazioni concesse, per inadempimento della società beneficiaria SL all’obbligo di realizzare l’opera entro 36 mesi dalla stipulazione del mutuo 22/7/1992, senza considerare che, sin dal 1993, vi era stata una sospensione dei lavori, autorizzata dalla Regione in vista di una possibile rimodulazione del progetto con aumento del contributo e protrattasi per 17 anni (senza che il Banco, ente istruttore della Regione, avesse dato seguito alla predetta istruttoria).

2 Era accaduto che con decreto Regione Sardegna n. 23 del 13.02.1992 era stato concesso, ai sensi della L.R. n. 28 del 1984, a favore dell’odierna società ricorrente un contributo in conto capitale (cioè a fondo perduto) pari al 60% (di originarie 960.760.000 delle vecchie lire) della spesa riconosciuta ammissibile (di originarie 1.584.600.000 delle vecchie lire) per la realizzazione di un complesso di attrezzature per il tempo libero in *****. Nel medesimo provvedimento si era stabilito che la suddetta somma sarebbe stata erogata immediatamente con un’anticipazione del 50% (ovvero per originarie 480.380.000 delle vecchie lire) mentre la restante somma contributiva sarebbe stata corrisposta per il 30% alla realizzazione per metà dell’opera ed il residuo 20% a completamento dell’investimento (ex art. 3 del decreto… “previ corrispondenti stati di avanzamento e finale, vistati dall’istruttore istituto di Credito e subordinatamente alla stipulazione del relativo contratto condizionato di mutuo con prestazioni delle prescritte garanzie principali ed alla acquisizione agli atti di questo Assessorato dell’obbligazione di vincolo di cui ai succitati L.R. n. 28 del 1984, art. 32 e del L.R. n. 8 del 1964, art. 15”). Il termine massimo per la realizzazione dell’iniziativa era stato fissato (art. 4 del decreto) in 36 mesi dalla stipula del contratto condizionato di mutuo.

Con successivo decreto Regione Sardegna n. 345 dell’08.06.1992, era stato dato atto dell’emanazione del suddetto decreto n. 23 e, ai sensi della L.R. n. 8 del 1964, era stata autorizzata la concessione di un mutuo di originarie 633.840.000 delle vecchie lire (pari al 40% della spesa riconosciuta ammissibile, di originarie 1.584.600.000 delle vecchie lire) con condizioni agevolate. Il termine massimo per la realizzazione dell’iniziativa era stato fissato (art. 2 del decreto) nei tempi indicati nel decreto n. 23 (ovvero in 36 mesi dalla stipula del contratto condizionato di mutuo medesimo). In tale provvedimento si era disposto (art. 5) che il mutamento di destinazione dell’opera sarebbe stato sempre subordinato al rimborso delle somme mutuate maggiore di interessi e che a “garanzia dell’operazione” sarebbe stata accesa ipoteca di primo grado sull’immobile oggetto di finanziamento.

In data 22/7/1992 era stato così stipulato (si ribadisce, ai sensi della L.R. n. 8 del 1964) il contratto ipotecario alberghiero turistico a lungo termine tra il Banco e la società SL. Ed era stata erogata la sola somma in lire pari ad Euro 81.910,06 (tale somma non è stata inserita nella revoca dell’agevolazione in quanto il relativo credito è stato oggetto di cessione da parte della Regione al Banco).

Sull’area, sulla quale il progetto sovvenzionato avrebbe dovuto essere realizzato, in data 31/07/1992 era stata iscritta l’ipoteca volontaria ventennale a favore del Banco, come peraltro previsto dalla L.R. n. 8 del 1964, art. 12; mentre in data 29/09/1992 era stato apposto il vincolo c.d. di destinazione alberghiera anch’esso ventennale a favore della Regione, L.R. n. 8 del 1964, ex art. 15, il quale avrebbe potuto essere oggetto di svincolo solo a seguito del rimborso integrale delle somme mutuate (peraltro, il vincolo di finalità era previsto, oltre che dalla L.R. n. 28 del 1984, dall’art. 25 delle direttive di attuazione (di durata però quinquennale) e dall’art. 8 delle direttive di attuazione della L.R. n. 1 del 2002, applicabili alle agevolazioni di cui alla L.R. n. 28 del 1984 ai sensi della L.R. n. 2 del 2007, art. 23, comma 3, (con durata ventennale).

In definitiva, sull’area in esame, per venti anni (ovvero dal 1992 sino al 2012), avrebbero dovuto gravare: sia la garanzia reale ipotecaria, sia il vincolo alberghiero iscritti in virtù del su richiamato mutuo (autorizzato dal citato decreto n. 345), dunque strettamente collegati fra loro ma anche alla precedente concessione del contributo in conto capitale (di cui al menzionato decreto n. 23). Il medesimo progetto era dunque finanziato, per il 60%, con un contributo in conto capitale (dunque, da non restituirsi), e, per il 40%, mediante mutuo ipotecario agevolato.

Dopo varie vicende, la società SL, con nota del 24/09/2002, aveva affermato di voler alienare parte dell’area a terzi utilizzando il relativo corrispettivo per “completare un progetto revisionato sul tema turistico”, proporzionato con i contributi a fondo perduto ricevuti (ex L.R. n. 28 del 1984) che intendeva mantenere; mentre, in relazione al mutuo (ex L.R. n. 8 del 1964) aveva manifestato la volontà di rinunciarvi chiedendo la restrizione delle garanzie ipotecarie su parte dell’area in discussione per un importo pari a quanto erogato. Quindi la società SL aveva manifestato, più volte, la volontà di attuare una netta distinzione tra il contributo ed il mutuo agevolato concessi: da un lato, rinunciare a quest’ultimo, ottenere la restrizione o la totale cancellazione dell’ipoteca e la cancellazione del vicolo di destinazione turistico alberghiero; dall’altro, permanere beneficiano del contributo ex L.R. n. 28 del 1984.

La Banca e la Regione, rispettivamente con nota del 22/10/2002 e con nota del 13/10/2003, avevano evidenziato che la cancellazione di ipoteca e vincoli sarebbe stata possibile soltanto previa restituzione di tutto quanto erogato (cioè non solo in virtù del mutuo ma anche del contributo in conto capitale).

Successivamente (e, precisamente, in data 24/12/2004) la società SL aveva presentato un nuovo progetto richiedendo la conferma del contributo in conto capitale di cui al decreto n. 23 ma sempre la cancellazione di ipoteca e vincoli senza restituzione delle somme ottenute con il mutuo.

La Regione Sardegna: dapprima, con nota del 16/12/2008, aveva emanato il preavviso di revoca delle agevolazioni concesse giusta scadenza del termine di ultimazione del programma di investimento non ultimato (in detta nota si faceva espresso riferimento al parere positivo della banca, datato 12/11/2008, per la proroga dei termini di completamento dei lavori, alla presenza di alcune condizioni ritenute dalla Regione non realizzabili); e, poi, con determina del 09/09/2008 n. 1371, aveva revocato entrambe le agevolazioni concesse con i decreti un. 23 e 345 del 1992 con richiesta di restituzione delle somme erogate oltre interessi, richiamando tutto l’iter pregresso.

3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso la società Sol Levante s.n.c., articolando tre motivi.

Hanno resistito con rispettivi controricorsi sia la Regione Autonoma della Sardegna che il Banco di Sardegna.

In vista dell’odierna adunanza hanno presentato memoria la società ricorrente ed entrambe le parti resistenti. Il Procuratore generale ha depositato note con le quali chiede il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.La società ricorrente censura la sentenza impugnata per tre motivi, tutti rubricati in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. Con il primo motivo, deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., degli artt. 1176, 1218, 1381, 1453 e 1460 c.c., nonchè dell’art. 9 e della L.R. n. 28 del 1984, art. 26, nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile la domanda di accertamento della illegittimità della revoca, pur contenendo l’atto d’appello tutti gli elementi necessari a radicare la domanda. Sostiene la società ricorrente che la Corte territoriale, ritenuto ammissibile il motivo, avrebbe dovuto esaminare i profili di merito dedotti, relativi all’individuazione del predetto inadempimento ai sensi degli art. 1176,1218,1381,1453 e 1460 c.c., ed infine dell’art. 9 e della L.R. n. 28 del 1984, art. 26 (“… conseguentemente non può trovare ingresso in questa sede l’esame di ulteriori profili di responsabilità…”); e che, così operando, sarebbe incorsa nel vizio di omessa pronuncia.

1.2. Con il secondo motivo deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1220,1227,1256 e 2935 c.c., nonchè della L. n. 241 del 1990, art. 21 quinques, nella parte in cui la Corte territoriale: a) con riferimento al credito vantato dalla Regione e dal Banco: ha ritenuto che la prescrizione era decorsa dalla data del discrezionale provvedimento di revoca (09/09/2009), peraltro adottato L. n. 241 del 1990, ex art. 21 quinquies, mentre avrebbe dovuto decorrere dalla data dell’inadempimento; non ha considerato che erano stati il Banco e la Regione a rendere impossibile l’adempimento all’obbligazione assunta nel 1992, e variata nel 1993 e che comunque al suo eventuale inadempimento era concorso quello del creditore; b) con riferimento al mutuo, ha applicato l’art. 1220 c.c. senza considerare che essa società dal 24/09/2002 aveva offerto il pagamento, che era stato rifiutato illegittimamente dal Banco e dalla Regione (che avevano imposto, per l’estinzione, il pagamento anche del contributo).

1.3.Con il terzo ed ultimo motivo, infine, deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2878, comma 1 punto 3 (estinzione ipoteca) unitamente alla L. 2 aprile 2007, n. 40, art. 13, comma 8 sexies e novies (liberalizzazione estinzione ipoteca); dell’art. 2808 c.c. (costituzione ipoteca) unitamente all’art. 2839 c.c. (formalità dell’ipoteca); della L.R. n. 8 del 1964, artt. 12 e 15 (Provvidenze a favore dell’industria alberghiera e turistica.); dell’art. 25, u.c. delle direttive di attuazione della L.R. n. 28 del 1984; dell’art. 32 L.R. n. 28 del 1984 (Provvedimenti urgenti per favorire l’occupazione); dell’art. 2948 c.c. (prescrizione interessi), nella parte in cui la Corte territoriale ha omesso di valutare che l’ipoteca, in quanto trascritta a favore del mutuo agevolato, non poteva implicitamente garantire anche il contributo a fondo perduto in assenza di specifica indicazione nell’atto di costituzione e/o trascrizione e in assenza di alcuna conforme previsione nelle suddette norme regionali.

2. Il ricorso è infondato.

2.1.In punto di fatto, per una migliore comprensione della vicenda sottesa al ricorso, può essere opportuno ripercorrere i termini fattuali dell’operazione, come ricostruiti in sentenza (p. 17): la società SL intendeva vendere parte del terreno (su cui gravava l’ipoteca ed il vincolo di destinazione) a terzi, utilizzando il corrispettivo per “completare un progetto revisionato sul tema turistico” proporzionato con i contributi ricevuti (ex L.R. n. 28 del 1984), rinunciando al mutuo (ex L.R. n. 8 del 1964), chiedendo la restrizione delle garanzie ipotecarie su parte dell’area in discussione per un importo pari a quanto erogato, e precisando che alcune società edili avrebbero versato Euro 150.000.000 / 180.000.000 per giungere all’estinzione totale del mutuo e alla cancellazione totale dei gravami.

Altre circostanze fattuali, rilevate nella sentenza impugnata, sono: a) al momento della stipula del contratto ipotecario alberghiero turistico a lungo termine tra la Banca e la Sol Levante, in data 22/07/1992, era stata iscritta, il 31.07.1992, l’ipoteca volontaria ventennale a favore della Banca prevista dall’art. 6 del decreto autorizzativo Regione dell’8/6/1992, sull’area interessata dal progetto sovvenzionato, e si era apposto, sulla medesima area, il vincolo di destinazione alberghiera, della durata di venti anni, ai sensi della L.R. n. 8 del 1964, art. 15 allora vigente, il quale poteva essere oggetto di svincolo solo a seguito del rimborso integrale delle somme mutuate; b) tale vincolo di finalità era peraltro previsto anche dalla L.R. n. 28 del 1984, dall’art. 25 delle direttive di attuazione, e dall’art. 8 delle direttive di attuazione della L.R. n. 1 del 2002 applicabili alle agevolazioni di cui alla L.R. n. 28 del 1984 ai sensi della L.R. n. 2 del 2007, art. 23 comma 2 (di durata ventennale); c) la Società per la realizzazione del progetto aveva ottenuto: dapprima, la concessione di un contributo in conto capitale (erogato al 50% per un importo di Euro 248.095,57) ai sensi della L.R. n. 28 del 1984, pari al 60% della spesa ritenuta ammissibile; e, quindi, per il restante 40%, un mutuo agevolato ai sensi della L.R. n. 8 del 1964, erogato con un primo acconto di Euro 81.910,06.

2.2. Attesa la complessità della fattispecie sottesa al ricorso, conviene ripercorrere altresì l’iter motivazionale ad esito del quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda risarcitoria dell’odierna ricorrente e la corte di appello ha confermato la sentenza del giudice di primo grado.

A) Il Tribunale di Cagliari aveva ritenuto non soltanto che la società attorea non aveva provato le condotte illegittime contestate alle convenute, ma che, anzi, la “documentata sequenza” rappresentata dalla Regione dimostrava, al contrario, la legittimità della revoca delle determinazioni da parte di quest’ultima, in conseguenza della mancata osservanza da parte della società dell’obbligo di completare i lavori, nei termini di legge originari previsti e in quelli prorogati, ad essa esclusivamente imputabile “a cagione dalla incapacità finanziaria ed imprenditoriale di SL di completare i lavori finanziati e della sequenza di varianti al progetto iniziale effettuate nel corso del rapporto”. Ed aveva testualmente aggiunto che “il condizionamento preteso da SL alla restituzione dell’intero beneficio ottenuto è stato legittimo, discendendo dagli esiti dell’istruttoria condotta e dai limiti e vincoli imposti dai contratti di finanziamento agli atti, dalla L.R. n. 8 del 1964, artt. 12 e 15, dall’art. 25, u.c., delle direttive di attuazione della L.R. n. 28 del 1984 (secondo cui “i beni oggetto dell’investimento non possono essere distolti dalle attività previste prima che siano trascorsi cinque anni a far data dalla realizzazione del programma di spesa, pena la restituzione delle somme erogate a fronte degli investimenti fissi a titolo di contributo in conto capitale e di mutuo agevolato”) e dall’art. 32 della stessa legge (che prevede il divieto di cessione a terzi, per il medesimo lasso temporale, delle “… macchine, attrezzature e beni durevoli che dovessero costituire oggetto d’acquisto all’interno del piano di sviluppo aziendale ammesso a finanziamento…”); che nessuna prescrizione o decadenza può ritenersi maturata, posto che il diritto di ottenere la restituzione delle agevolazioni non può che essere sorto dal giorno successivo alla revoca dei finanziamenti erogati”.

B) La Corte di Appello di Cagliari in via preliminare:

-ha dichiarato ammissibile, tra tutte le domande formulate dalla società SL nei confronti del Banco, quella (originariamente proposta nei confronti dell’istituto di credito) diretta ad accertare l’illegittimità della condotta della Regione (ed eventualmente anche del Banco, solidamente ovvero limitatamente alla specifica condotta allo stesso ascritta) nel non aver consentito la cancellazione e/o restrizione dell’ipoteca a partire dal 2003 (e cioè da quando da essa richiesto), nonchè diretta ad ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento del danno, conseguito alla suddetta condotta, anche nella prospettiva di perdita di chances;

– al contrario, ha dichiarato inammissibile ogni ulteriore profilo di responsabilità del Banco, dedotto nei paragrafi dell’atto di appello intitolati “In merito al primo inadempimento istruttorio” e “In merito al secondo inadempimento istruttorio”, in quanto attraverso detti paragrafi erano state introdotte circostanze di fatto mai prospettate nel giudizio di primo grado;

-ha parimenti ritenuta tardiva, in quanto formulata soltanto nel giudizio di appello, e comunque non provata, l’allegazione per cui la modifica dell’originario progetto con un ampliato progetto B sarebbe stato riconducibile ad una unilaterale imposizione del Banco; e, per l’effetto, ha disatteso tutte le conseguenze, in termini di imputabilità del ritardo nella stipulazione del mutuo, che la SL faceva discendere da tale premessa;

-ha ritenuto che, alla luce del novellato art. 342 c.p.c., l’atto di appello proposto da SL (peraltro, da un punto di vista espositivo, non lineare e spesso ripetitivo) non conteneva una chiara censura alla ricostruzione dei fatti, sulla base della quale il giudice di primo grado non aveva ritenuto sussistenti le inadempienze contestate da SL alla Regione.

Tanto chiarito in via preliminare, la Corte territoriale ha ritenuto ammissibili soltanto i motivi concernenti: a) il mancato riconoscimento della prescrizione del diritto di credito della Regione e b) la ritenuta legittimità del condizionamento allo svincolo della ipoteca (condizionamento che SL aveva denominato “terzo inadempimento”).

Quanto al mancato riconoscimento della prescrizione, la Corte di merito ha rilevato che: a) l’azione di ripetizione dell’indebito, regolata dall’art. 2033 c.c., è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, prevista dall’art. 2946 c.c.; b) l’art. 2935 c.c., stabilendo che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, va inteso che il diritto alla restituzione dell’indebito oggettivo decorre dal giorno del pagamento nel caso in cui la causa di pagamento manchi fin dall’origine e dal giorno in cui è stato definitivamente accertato il venir meno della causa di pagamento, nel caso in cui detta causa era originariamente sussistente ma era venuta meno successivamente; c) il giudice di primo grado aveva correttamente ritenuto che il diritto dell’amministrazione a ripetere le somme versate sorgeva soltanto con il provvedimento di revoca (conclusivo del complesso ed articolato procedimento amministrativo finalizzato alla concessione delle agevolazioni per cui era causa), avente efficacia ex nunc; d) il termine prescrizionale, previsto dalle disposizioni comunitarie richiamate da SL, riguardavano fattispecie del tutto diverse ed era pertanto inapplicabile nella specie.

Quanto poi al condizionamento della ipoteca allo svincolo, ricordati i termini della operazione proposta dalla società, la Corte territoriale ha condiviso, per la sua completezza ed esaustività, la tesi difensiva disposta dal Banco. In sintesi: a) l’operazione di finanziamento dell’attività imprenditoriale della società SL – che si era svolta mediante ammissione, dapprima, all’agevolazione di cui alla L.R. n. 28 del 1984 (contributo in conto capitale, cioè a fondo perduto); e poi, all’agevolazione di cui alla L.R. n. 8 del 1964 (mutuo agevolato da rimborsare) – avrebbe dovuto essere presa in considerazione unitariamente, mentre la società SL aveva inteso scindere le sovvenzioni ricevute (rinunciare al mutuo alberghiero ex L.R. n. 8 del 1964 per ottenere la restrizione o la cancellazione dell’ipoteca e la cancellazione del vincolo di destinazione, mantenendo il contributo ex L.R. n. 28 del 1984); b) il Banco correttamente non aveva accettato la proposta, giuntagli dalla società, in considerazione del ruolo pubblicistico svolto nelle procedure di concessione delle provvidenze (e, quindi, dell’impossibilità di mutare la destinazione di parte dell’area in esame, che avrebbe dovuto essere alienata a terzi); c) la società SL, se avesse restituito quanto ricevuto (a titolo di contributo in conto capitale ex L. n. 28 del 1984 e di mutuo ex L. n. 8 del 1964), avrebbe potuto ottenere la liberazione dell’area ovvero la cancellazione sia del vincolo che dell’ipoteca.

2.3 Orbene il primo motivo è inammissibile La società ricorrente censura la sentenza della corte di merito deducendo di aver richiesto “con sufficiente chiarezza”, sin dal primo grado ed anche in appello, che fosse accertata l’illegittimità della revoca del finanziamento, revoca che: a) era intervenuta dopo 17 anni dal finanziamento; b) era stata motivata con riferimento ad un inadempimento, che sarebbe occorso 14 anni prima, sarebbe stato contestato dalla Regione soltanto nel 2009 e in palese contrasto con la propria precedente istruttoria e con quella del Banco. E, a sostegno della censura, richiama alcuni passaggi della sentenza di primo grado (al punto 4) e del relativo atto di appello (ai punti 5 ed 8).

In realtà, contrariamente a quanto dedotto dalla società ricorrente, il percorso ricostruttivo contenuto nel motivo in esame non consente di comprendere le specifiche critiche che nell’atto di appello erano state mosse all’impianto motivazionale della sentenza di primo grado; e, in particolare, non consente di accertare se nell’atto di appello vi era stata quella “chiara” censura alla ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza di primo grado, che è richiesta dall’art. 342 c.p.c. nella formulazione vigente (applicabile ratione temporis nella specie) e sul presupposto della mancanza della quale la corte di merito è addivenuta alla declaratoria di inammissibilità ex art. 342 del gravame.

Detta deficienza non può essere supplita ora da questa Corte mediante esame diretto dell’atto di appello, in quanto, se è vero che, in presenza di una censura formulata ex art. 360 c.p.c., n. 4, come si verifica nel caso di specie, questa Corte è tenuta al riesame diretto degli atti, è anche altrettanto vero, come precisato anche dalle Sezioni Unite (cfr. sent. n. 8077/2012), che è pur sempre necessario, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, che un livello minimo di specificità della censura, livello che nel caso di specie non si ravvisa.

Occorre aggiungere che parte ricorrente si duole delle statuizioni effettuate dalla Corte di merito ai sensi dell’art. 342, ma non si duole di quelle effettuate dalla stessa Corte ai sensi dell’art. 345 c.p.c., con la conseguenza che è passata in giudicato la statuizione per cui l’unica domanda ammissibile era quella diretta ad accertare l’illegittimità della condotta della Regione (ed eventualmente anche del Banco, solidalmente ovvero limitatamente alla specifica condotta allo stesso ascritta) per non aver consentito la cancellazione e/o la restrizione dell’ipoteca a partire dal 2003 (con condanna al risarcimento del danno che da ciò ne era conseguito). Ciò non di meno, parte ricorrente riporta nel motivo in esame le conclusioni dell’atto di appello, che erano relative anche alla domanda poi dichiarata inammissibile per violazione dell’art. 345 c.p.c..

2.4. Infondato è il secondo motivo.

Contrariamente a quanto denunciato dalla società ricorrente, la Corte territoriale ha correttamente respinto l’eccezione di prescrizione, in quanto: a) in linea di principio, il termine prescrizionale incomincia a decorrere nel momento in cui il diritto (nella specie alla restituzione delle somme già erogate) può essere fatto valere; b) tale momento era da individuarsi nel giorno (9/9/2009) in cui era stata emanata dalla Regione la determina di revoca delle agevolazioni concesse, perchè soltanto con detta determina, avente efficacia ex nunc, era intervenuto l’effettivo accertamento della sopravvenuta inesistenza della causa solvendi; c) poichè l’iniziativa giudiziaria della società è avvenuta nel novembre 2009, nella specie il termine decennale di prescrizione non era affatto decorso. Ogni altra questione resta assorbita.

2.5. Infondato è anche il terzo motivo.

Contrariamente a quanto denunciato dalla società ricorrente, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto legittimo il comportamento del Banco (che aveva rifiutato l’estinzione e/o riduzione dell’ipoteca sino a che era ancora in piedi la pratica di concessione del contributo agevolato) sul presupposto che dallo stesso provvedimento di concessione risultava il collegamento tra il contributo, l’ipoteca ed il vincolo, con la conseguenza che l’ipoteca ventennale (iscritta il 3/7/1992 a favore del Banco) avrebbe potuto essere oggetto di svincolo soltanto a seguito del rimborso integrale delle somme mutuate.

Per le ragioni che precedono il ricorso va rigettato.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della società ricorrente alla rifusione delle spese processuali, sostenute da entrambe le controparti, nonchè la declaratoria di sussistenza di presupposti per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento in favore di entrambe le parti resistenti delle spese del presente giudizio, che liquida, per ciascuna di esse, in Euro 7.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2019

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