Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.32450 del 11/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29543/2015 proposto da:

CONDOMINIO *****, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI N. 51, presso lo studio dell’avvocato CARMINA IODICE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

G.A., G.B., G.P., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA F. MICHELINI TOCCI 50, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO, rappresentate e difese dall’avvocato PASQUALE LAMBIASE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4120/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/10/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 1987 G.V., in qualità di proprietario del seminterrato dell’edificio del Condominio *****, in Napoli, convenne in giudizio il citato Condominio per sentirlo condannare al risarcimento dei danni da mancato utilizzo dell’immobile nel periodo dal 1973 al 1985, in conseguenza di immissioni di liquami provenienti dal sistema fognario del palazzo condominiale.

1.1. Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 601 del 2002, condannò il Condominio a pagare al G. la somma di Lire 265.808.171, con interessi e rivalutazione monetaria.

1.2. Nella contumacia di G.V., la Corte d’appello di Napoli, con la sentenza n. 3214 del 2002, rigettò la domanda del G., accolse l’appello del Condominio nella contumacia di G.V., rilevando essenzialmente che la documentazione presente nel fascicolo d’ufficio non consentisse di valutare natura ed entità dei danni.

1.3. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13619 del 2007, accolse per quanto di ragione il ricorso proposto da G.A., G.B. e G.P. eredi dell’originario attore.

Osservò la Corte regolatrice che il giudice d’appello aveva errato nell’accertare i fatti concentrando l’attenzione esclusivamente sulle fotografie del 1986, mancando di dare conto di quanto avrebbe potuto ricavare da altri documenti prodotti dall’attore e allegati dalla consulenza tecnica d’ufficio, che erano stati riportati nel ricorso.

Inoltre, il giudice d’appello aveva rigettato la domanda risarcitoria per difetto di prova sul quantum debeatur, specificamente sulle condizioni dell’immobile prima delle infiltrazioni e sull’entità e natura delle infiltrazioni, ma la ratio decidendi così espressa non si attagliava al lucro cessante cagionato dall’indisponibilità del bene, per l’accertamento del quale occorreva soltanto verificare se gli allagamenti ne avessero impedito l’utilizzazione.

2. In sede di rinvio, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 22 ottobre 2015, ha condannato il Condominio a corrispondere alle Eredi G. gli interessi legali sulla somma di Euro 75.424,19 a far tempo dal 1 gennaio 1986, nonchè a corrispondere sui singoli importi liquidati nella sentenza di primo grado a titolo di lucro cessante la rivalutazione monetaria dalle date ivi indicate fino alla decisione, e gli interessi legali sulla somma rivalutata dalla decisione al saldo.

3. Il Condominio ***** ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, ai quali resistono con controricorso G.A., G.B. e G.P.. Le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si rileva la tardività della memoria depositata dal ricorrente, depositata in data 21 ottobre 2019, e quindi oltre il termine fissato dall’art. 380-bis.1 c.p.c..

1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione degli artt. 392 c.p.c. e segg. e si contesta che il giudice del rinvio avrebbe posto a fondamento della decisione documenti e produzioni che non erano stati prodotti nel primo giudizio di appello, nel quale il G. era rimasto contumace, e che erano stati depositati nel giudizio di rinvio, nel quale non è consentita la produzione di documenti. La Corte d’appello avrebbe errato anche nel disporre d’ufficio il supplemento di CTU.

2. Le doglianze sono prive di fondamento.

2.1. Questa Corte, nella sentenza n. 13619 del 2007 di annullamento con rinvio la prima sentenza d’appello, ha elencato i documenti non esaminati dal giudice d’appello, il che dimostra senza possibilità di equivoci che gli stessi erano già stati acquisiti al giudizio.

Neppure era preclusa in sede di rinvio l’acquisizione del supplemento di CTU, trattandosi di attività istruttoria compatibile con la ratio della sentenza di annullamento, che aveva rilevato il vizio di motivazione (ex plurimis, Cass. 17/01/2014, n. 900; Cass. 13/02/2006, n. 3047).

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione degli artt. 2043,2056,1223 e 1226 e 1227 c.c. e si contesta che la Corte d’appello avrebbe determinato il lucro cessante con riferimento al canone di locazione al lordo di spese e di imposte, così producendo un ingiustificato arricchimento per la parre danneggiata. Il Condominio contesta la quantificazione del lucro cessante assumendo che sarebbe mancato l’apprezzamento delle circostanze del caso concreto, e specificamente della collocazione del seminterrato di proprietà G., che non era facilmente raggiungibile, e del comportamento del G., il quale aveva lasciato i locali in assoluto stato di incuria in seguito alle lamentate infiltrazione, così concorrendo a cagionare il danno.

3. Le doglianze sono infondate ove non inammissibili.

3.1. La Corte d’appello ha prima accertato – a mezzo dell’esame analitico del materiale probatorio – che il malfunzionamento dell’impianto fognario condominiale aveva causato l’inutilizzabilità dell’immobile destinato ad autorimessa per tutto il periodo dal 1973 al 1984, e quindi ha fatto riferimento, ai fini della determinazione del lucro cessante, al valore locativo dell’immobile secondo il canone di mercato, secondo le indicazioni fornite dal CTU. La stessa Corte ha poi rilevato che il Condominio non aveva specificamente censurato l’importo del canone come indicato dal CTU, introducendo una più puntuale critica solo nel giudizio di rinvio, e perciò tardivamente, e poichè il ricorrente non ha censurato il predetto rilievo, le questioni concernenti la determinazione del canone non sono ulteriormente controvertibili, essendosi formato il giudicato interno.

Peraltro, la censura con la quale si lamenta che la Corte d’appello non avrebbe proceduto “all’equo apprezzamento delle circostanze del caso” è dedotta in carenza di specificità, giacchè il ricorrente non allega l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, e neppure riporta il contenuto della CTU, al quale la sentenza ha fatto riferimento sul punto. Il risultato è che questa Corte, che non ha accesso diretto agli atti al di fuori della denuncia di error in procedendo, non è messa in condizione di verificare se sussista il denunciato errore.

3.2. Analogamente è a dirsi con riferimento alla violazione del principio sancito dall’art. 1123 c.c., posto che il ricorrente neppure riferisce di aver prospettato la questione dinanzi al giudice di merito, trattandosi di questione che implica accertamenti in fatto.

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 7.500, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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