Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.34188 del 20/12/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Fabrizia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8599/2016 proposto da:

S.M.S., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA CONCETTA GUERRA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. *****;

– intimata –

nonchè da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa dall’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.M.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1000/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 04/11/2015 R.G.N. 2487/2010.

RILEVATO

che, con sentenza depositata in data 4.11.2015, la Corte di Appello di Catanzaro ha respinto il gravame interposto da S.M.S., nei confronti di Poste Italiane S.p.A., avverso la pronunzia del Tribunale di Crotone, che aveva rigettato il ricorso della lavoratrice, diretto ad ottenere la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto stipulato inter partes, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, relativamente al periodo 1.2.2002-30.4.2002, per “esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002”, nonchè la prosecuzione giuridica del rapporto ed il diritto al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate, oltre accessori;

che avverso tale sentenza S.M.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;

che Poste Italiane S.p.A. ha resistito con controricorso ed ha spiegato ricorso incidentale sulla base di un motivo;

che sono state depositate memorie nell’interesse della società;

che il P.G. non ha formulato richieste.

CONSIDERATO

che con il ricorso si censura: 1) la violazione e falsa applicazione “di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro”; D.Lgs. n. 368 del 2001 art. 1, comma e art. 2 e art. 1325 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la causale – contenente, peraltro, una pluralità di ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine al contratto di lavoro – fosse specifica, senza considerare che nel contratto di cui si tratta si fa un generico richiamo ad esigenze di ordine generale che non hanno il carattere della transitorietà, ed altresì, per non avere correttamente interpretato le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 2; 2) la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro”; dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. e si assume che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte distrettuale, la società non avrebbe assolto all’onere della prova, non avendo dimostrato come ed in quale misura le esigenze cui si fa riferimento nel contratto avevano determinato, con nesso causale, la specifica necessità di assumere proprio la lavoratrice di cui si tratta con un contratto di lavoro a tempo determinato; 3) ancora, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2 e art. 4, in relazione all’art. 12 preleggi e art. 1325 c.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè, a differenza di quanto erroneamente ritenuto dai giudici di seconda istanza, la società non avrebbe provato che l’assunzione della ricorrente fosse stata dettata da esigenze sostitutive, in quanto, nel prospetto prodotto dalla stessa, non vi sarebbe alcun riferimento all’ufficio in cui la S. ha lavorato; 4) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 25 CCNL 11.1.2001;

che, con il ricorso incidentale, si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., comma 1, artt. 1175,1374 e 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e ci si duole che i giudici di merito non abbiano ritenuto risolto il contratto per mutuo consenso;

che il primo motivo – che presenta evidenti profili di inammissibilità per violazione dell’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6, in quanto si fa un generico riferimento alla violazione di norme di contratti e accordi collettivi nazionali che neppure si specificano (cfr., tra le molte, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013; 1435/2013), per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di apprezzare la veridicità delle doglianze mosse al procedimento di sussunzione operato dai giudici di seconda istanza, che si risolvono, quindi, in considerazioni di fatto del tutto inammissibili e sfornite di qualsiasi delibazione probatoria (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 24374/2015; 80/2011) – è infondato; ed invero è, innanzitutto, da premettere che, come, in più occasioni, ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, la pluralità di ragioni legittimanti l’apposizione del termine è pienamente legittima, non costituendo la contemporanea indicazione delle stesse incertezza sulla motivazione giustificatrice del contratto, con l’unica condizione che non sussista incompatibilità o intrinseca contraddittorietà tra le dette motivazioni (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. VI, n. 7945/2015; Cass., Sez. lav., n. 16396/2008); e, nella fattispecie, come motivatamente chiarito dai giudici di merito, non si ravvisa alcuna delle predette condizioni ostative; inoltre, alla stregua degli ormai consolidati arresti giurisprudenziali dagli accordi indicati nel contratto si desume esclusivamente l’attivazione, nel periodo dagli stessi considerato e nell’ambito del processo di ristrutturazione in atto, di processi di mobilità all’interno dell’azienda al fine di riequilibrare la distribuzione su tutto il territorio nazionale;

che, nella motivazione censurata, facendo corretta applicazione di tali principi, la Corte di Appello, nell’osservare, preliminarmente, che la persistenza, all’epoca dell’assunzione della S., della fase attuativa della procedura di mobilità di cui agli accordi suindicati non è sufficiente ad integrare le ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001 e cioè ad individuare, in seno al contratto, le esigenze produttive che, oggettivamente, hanno reso necessaria l’assunzione della lavoratrice nell’ambito della struttura di destinazione, con specifico riferimento alle mansioni affidate, ha dato atto del fatto che la società ha dimostrato tutto ciò, attraverso la documentazione prodotta (ed in particolare, con il prospetto a firma del direttore della Filiale di *****, presso la quale ha prestato servizio la S., con mansioni di addetta all’area operativa recapito), non contestata dalla lavoratrice; ed altresì che le ragioni dell’apposizione del termine sono state rapportate alla concreta situazione riferibile al singolo lavoratore;

che, pertanto, Poste Italiane S.p.A. ha assolto all’onere della prova che incombe sul datore di lavoro anche in ordine alle specifiche esigenze relative all’ufficio di destinazione, alle mansioni ed alla qualifica della lavoratrice (v., tra le altre, Cass., Sez. lav., nn. 22716/2012; 2279/2010);

che, per tutto quanto innanzi osservato, risultano infondati pure il secondo ed il terzo motivo, entrambi diretti, nella sostanza, a censurare la pretesa mancata prova, da parte della società, delle ragioni legittimanti l’apposizione del termine al contratto di cui si tratta;

che il quarto motivo non risulta conferente con la fattispecie;

che, dunque, le statuizioni concernenti l’illegittimità del termine con riferimento alle clausole contenute nel contratto individuale resistono alle doglianze formulate;

che il ricorso principale va dunque respinto, non risultando i motivi articolati idonei a scalfire le argomentazione della Corte di merito;

che il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile, per mancato rispetto dei termini di deposito dello stesso (artt. 365,366,369,370,371 c.p.c., in combinato disposto), in quanto, la sentenza impugnata è stata depositata il 4.11.2015 e notificata il 19.1.2016, mentre il ricorso incidentale è stato proposto il 4.5.2016, quindi oltre i quaranta giorni prescritti;

che le spese, visto l’esito del presente giudizio, vanno compensate tra le parti nella misura della metà; la restante metà delle stesse, liquidate per l’intero come in dispositivo, va posta a carico della ricorrente principale;

che, avuto riguardo alla conclusione del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa per metà le spese del giudizio di legittimità e condanna la ricorrente principale al pagamento della restante metà delle spese, liquidate per l’intero in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2019

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