Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.11588 del 15/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5467/2017 R.G. proposto da:

Unipolsai Assicurazioni s.p.a. in persona del suo procuratore speciale C.N., elettivamente domiciliata in Roma, piazza Adriana, n. 5 – pal. A, presso o studio dell’Avv. Simone De Martino, che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. Marcello Ghelardi, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Blue Panorama Airlines s.p.a. in a.s., in persona del Commissario Straordinario, elettivamente domiciliata in Roma, viale Liegi, n. 28, presso lo studio dell’Avv. Laura Pierallini, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

Aeroporto “Valerio Catullo” di Verona Villafranca s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Prisciano, n. 42 presso lo studio dell’Avv. Enzo Fogliani giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

AXA Corporate Solutions s.a. – Rappresentanza generale per l’Italia, in persona del Procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore A.G., elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini, n. 88, presso lo studio dell’Avv. Raffaele Sperati, che la rappresenta e difende unitamente agli Avv.ti Corrado Bregante e Angelo Merialdi, giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Allianz s.p.a., in persona del Procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore C.C., elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini, n. 88, presso lo studio dell’Avv. Raffaele Sperati, che la rappresenta e difende unitamente agli Avv.ti Corrado Bregante e Angelo Merialdi giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1070/2016 della Corte d’appello di Venezia, depositata il 12/05/2016;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 gennaio 2020 dal Consigliere D’Arrigo Cosimo;

uditi l’Avv. Luigi Occhiuto, in sostituzione dell’Avv. Marcello Ghelardi, l’Avv. Marco Basile, in sostituzione dell’Avv. Enzo Fogliani, l’Avv. Raffaele Sperati e l’Avv. Sergio Mascolo, per delega dell’Avv. Laura Pierallini;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale CARDINO Alberto, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, proposto dall’Unipolsai S.p.a., con l’assorbimento del secondo; il rigetto del ricorso incidentale proposto dall’Aeroporto “Valerio Catullo” di Verona Villafranca s.p.a.; il rigetto del primo motivo e l’accoglimento del secondo motivo dei ricorsi incidentali della Axa S.p.a. e della Allianz S.p.a..

FATTI DI CAUSA

Il Boeing ***** di proprietà della compagnia aerea Blue Panorama Airlines S.p.a., in sosta presso l’Aeroporto “Valerio Catullo” di Verona-Villafranca, veniva gravemente danneggiato durate l’esecuzione di servizi di handling. In particolare, durante la manovra di traino dell’aeromobile, la semi-ala destra urtava il portellone scorrevole dell’hangar.

La compagnia aerea citava in giudizio la società che aveva in gestione esclusiva l’aeroporto, chiedendo che ne venisse accertata la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, con conseguente condanna al risarcimento del danno subito, quantificato in Euro 4.390.000,00 e dollari statunitensi (USD) 1.600.000,00.

La convenuta si difendeva invocando la clausola di reciproco totale esonero di responsabilità, salvo i casi di dolo o colpa temeraria con previsione dell’evento (per i quali era prevista la risarcibilità del solo danno diretto) contenuta nel contratto di handling, eccependo l’inammissibilità del cumulo delle azioni contrattuale ed extracontrattuale e, in via subordinata, sostenendo che dovesse trovare applicazione la disciplina del contratto di trasporto contenuta negli artt. 1683 ss. c.c..

Nel giudizio intervenivano volontariamente la Axa Corporate Solutions S.A., la Allianz S.p.a. e la Milano Assicurazioni (oggi Unipolsai S.p.a.), coassicuratrici della polizza contro i danni con franchigia di USD 1.000.000,00. Deducevano, con identità di toni, di aver liquidato alla Blue Panorama Airlines S.p.a. un indennizzo di USD 75.000,00 la Axa S.p.a., di USD 87.500,00 la Allianz S.p.a. e di USD 837.500,00 la Milano Assicurazioni S.p.a. (comprensivo dell’indennizzo erogato per l’ulteriore polizza prestata da quest’ultima soltanto). In virtù di tali pagamenti e per espressa surroga, agli effetti di cui all’art. 1201 c.c., chiedevano la condanna della Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. al risarcimento del danno in loro favore.

Il Tribunale di Verona, accertato il grave inadempimento contrattuale e la conseguente responsabilità della società convenuta, la condannava al risarcimento del danno in favore dell’attrice e delle intervenute.

La sentenza veniva appellata dalla Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a., che insisteva per il rigetto integrale delle domande o, in via subordinata, per l’accoglimento della domanda di parte attrice nei soli limiti di cui all’art. 1696 c.c. o di quanto previsto nel contratto di handling. La Blue Panorama Airlines S.p.a. proponeva appello incidentale al fine di ottenere la condanna dell’appellante principale al maggior risarcimento richiesto e non ottenuto in primo grado. Axa S.p.a. ed Allianz S.p.a. appellavano in via incidentale dolendosi della mancata rivalutazione monetaria sulle somme loro attribuite.

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 12 maggio 2016, in parziale accoglimento dell’impugnazione principale, riduceva la somma dovuta dalla Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. alla Unipolsai S.p.a. da USD 837.500,00 a USD 365.395,03; escludeva la condanna in favore di Blue Panorama Airlines S.p.a. al risarcimento dei danni diretti; rigettava per il resto i gravami.

In data 19 dicembre 2016 la Unipolsai S.p.a. proponeva istanza di correzione di due errori ravvisati nella sentenza. L’istanza veniva accolta, con ordinanza pubblicata il 2 febbraio 2017, limitatamente all’omessa conversione di tutte le voci di danno nella medesima valuta.

La Unipolsai S.p.a. ha quindi proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, al quale hanno resistito con controricorso la Blue Panorama Airlines S.p.a. e la Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. che ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale, articolato in cinque motivi. Hanno resistito con controricorso al ricorso incidentale tutte e tre le assicurazioni e la Blue Panorama Airlines S.p.a. La Axa S.p.a. e la Allianz S.p.a. hanno entrambe proposto ricorso incidentale, articolato in due motivi.

La Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a., la Allianz S.p.a., la Axa S.p.a. e l’Unipolsai S.p.a. hanno depositato memorie difensive ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Chiamata la causa una prima volta all’udienza del 19 dicembre 2018, con ordinanza interlocutoria è stata rinviata a nuovo ruolo per sottoporre all’attenzione delle parti l’incidenza dei principi affermati dalla sentenza delle Sezioni unite n. 8312 del 25 marzo 2019 sulla procedibilità del ricorso.

Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. e l’Unipolsai S.p.a. hanno depositato ulteriori memorie difensive.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va esaminata in via preliminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dalla Blue Panorama Airlines S.p.a..

La controricorrente sostiene che il ricorso della Unipolsai S.p.a. sarebbe tardivo in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 12 maggio 2016 e il gravame è stato proposto solamente in data 16 febbraio 2017.

L’eccezione è infondata, nei termini che seguono.

Il presente giudizio è stato instaurato con atto di citazione notificato, per il primo grado, in data 13 febbraio 2009. Allo stesso, pertanto, non si applica il dimezzamento del termine di decadenza di cui all’art. 327 c.p.c., introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46. Infatti, le disposizioni in essa contenute riguardano solamente i giudizi incardinati dopo la sua entrata in vigore (4 luglio 2009), secondo la disciplina transitoria di cui all’art. 58, comma 1, legge cit.; fanno eccezioni le ipotesi considerate ai commi successivi del medesimo articolo, fra le quali non rientra però la modifica dell’art. 327 c.p.c..

Pertanto, la sostituzione dell’originario termine annuale di decadenza con il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza è applicabile ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Sez. 5, Ordinanza n. 19979 del 27/07/2018, Rv. 650147 – 01).

Consegue che il termine di decadenza dall’impugnazione applicabile al presente ricorso è di un anno (oltre la sospensione feriale) e non invece di sei mesi (come erroneamente sostenuto dalla Blue Panorama Airlines S.p.a.). Non sussiste, quindi, la causa di inammissibilità denunciata dalla Blue Panorama Airlines S.p.a..

2. Tuttavia, prima ancora del termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c., nel caso di specie sarebbe venuto a scadere quello “breve” previsto dall’art. 325 c.p.c., a decorrere dalla data di notificazione della sentenza a mezzo PEC, dichiaratamente avvenuta il 21 dicembre 2016.

La società ricorrente, pur avendo depositato un controricorso, non ha preso espressamente posizione sull’eccezione di tardività, limitandosi ad insistere per la cassazione della sentenza impugnata “limitatamente ai capi (…) così come modificati (…) con ordinanza resa in data 30 gennaio 2047 e pubblicata il 2 febbraio 2017”. E’ dunque possibile affermare che, sebbene senza alcuna specifica argomentazione, la Unipolsai S.p.a. ha individuato il dies a quo del termine di cui all’art. 327 c.p.c., nella data di pubblicazione dell’ordinanza che provvedeva sull’istanza di correzione degli errori materiali contenuti nella sentenza d’appello.

Tale impostazione è errata.

Infatti, l’istanza di correzione di errore materiale è stata accolta solamente nella parte in cui la sentenza d’appello, avendo omesso di liquidare tutti i danni nella valuta avente valore legale nello Stato (alcuni di essi sono stati quantificati in dollari statunitensi), ha poi erroneamente sottratto alcune poste da altre – per evitare una duplicazione risarcitoria – senza prima operare una conversione che rendesse omogenea la valuta del minuendo e del sottraendo.

Ciò posto, questa Corte ha ripetutamente affermato che il termine per l’impugnazione di una sentenza di cui è stata chiesta la correzione decorre dalla notificazione della relativa ordinanza, ex art. 288 c.p.c., u.c., se con essa sono svelati errores in iudicando o in procedendo evidenziati solo dal procedimento correttivo, oppure l’errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero, quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; diversamente, l’adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione (da ultimo: Sez. 6 2, Ordinanza n. 8863 del 10/04/2018, Rv. 648225 – 01).

Poichè il profilo della decisione di merito che ha costituito oggetto di correzione non riguarda direttamente i profili della decisione fatti oggetto di ricorso per cassazione, il termine per l’impugnazione decorreva dalla notificazione della sentenza e non dalla pubblicazione dell’ordinanza di correzione.

3. Tanto chiarito, occorre aggiungere che la società ricorrente, pur avendo dichiarato che la sentenza impugnata le era stata notificata (il che, per le ragioni esposte nel paragrafo precedente, costituisce il dies a quo del termine di cui all’art. 325 c.p.c., indipendentemente dall’intervenuta correzione della sentenza medesima), non ha depositato unitamente al ricorso la relata di notificazione, in violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.

Le Sezioni unite hanno tuttavia chiarito che, allorquando la sentenza sia stata notificata a mezzo PEC, non si determina l’improcedibilità del ricorso se il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata; ovvero non disconosca D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2, la conformità della copia informale all’originale notificatogli; ovvero il ricorrente depositi l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio (Sez. U, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019 Rv. 653597 01). Nel citato arresto – ed è ciò che qui interessa – le Sezioni Unite hanno affermato che i “medesimi principi” sono destinati ad operare “a maggior ragione, con riguardo al requisito del deposito della relata attestante la notificazione telematica decisione impugnata” (p. 35, punto 2).

in vista della nuova udienza, la Unipolsai S.p.a. ha depositato la copia analogica del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto e dei suoi allegati – relazione di notifica e provvedimento impugnato – con attestazione di conformità agli originali digitali ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter.

Dal deposito della relata, risulta la tempestività dell’impugnazione. Infatti, il ricorso è stato notificato (in data 16 febbraio 2017), del rispetto dei termini di cui all’art. 325 c.p.c., a decorrere dalla notifica della sentenza d’appello (21 dicembre 2016).

Pertanto, ogni questione relativa alla procedibilità e ammissibilità del ricorso principale è superata.

4.1 Con primo motivo del ricorso principale la Unipolsai S.p.a. denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In particolare, la censura si rivolge contro la sentenza impugnata nella parte in cui ha, dapprima, confermato la somma di Euro 953.000,00 come dovuta per i danni materiali, “impropriamente denominati “danno diretto””, riportati dal velivolo; e, successivamente, ha decurtato da quell’importo le somme riliquidate in accoglimento dei motivi d’appello proposti dall’Aeroporto; somme relative, tuttavia, a voci di danno diverse che la stessa Corte territoriale affermava di dover decurtare dall’importo di Euro 1.480.147,45.

4.2 La Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. e la Blue Panorama s.p.a. hanno eccepito l’inammissibilità del motivo, posto che – a loro dire – la ricorrente avrebbe in realtà dedotto un vizio di motivazione, non più denunciabile, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134.

In effetti, la ricorrente non ha denunciato l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629831 – 01), bensì un vizio di motivazione nelle forme del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” relativo all’ammontare del danno, com’è evidente anche dal tenore testuale del ricorso (pag. 16).

Nondimeno, poichè l’indicazione delle norme violate non ha valore vincolante e non è necessario l’utilizzo di particolari formule sacramentali nella formulazione delle censure di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013 Rv. 627268 – 01), è possibile riqualificare il vizio alla luce della doglianza concretamente prospettata nel ricorso. Ed invero, è evidente che la ricorrente ha inteso denunciare il vizio di motivazione, che resta ancora rilevante quando esso integra la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018, Rv. 650880 – 01), ovvero quando si è in presenza di un’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè. In particolare, occorre che il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali e si esaurisce nei soli casi della “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, della “motivazione apparente”, del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e della “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 – 01).

4.3 Così riqualificato, il motivo è fondato.

L’importo di Euro 953.000,00, come precisato dalla sentenza di primo grado (riprodotta nella nota 3 del ricorso), è composto dalle seguenti voci:

– Euro 877.433,10 per “operazioni di riparazione e di successiva ricertificazione”;

– Euro 11.993,35 per “sdoganamento e la spedizione di attrezzature, materiali e pezzi di ricambio da Milano a Verona”;

– Euro 8.971,50 “i costi per la rispedizione di attrezzature e materiali da Milano a Seattle”;

Euro 34.431,12 “i costi per l’affitto dell’hangar, del lift e per i diritti di parcheggio presso l’aeroporto di Verona nonchè i costi per il personale tecnico di BPA e AMC”;

Euro 20.000 “per il rep, l’engineering manager, il planning (valutazione E0) vitto/alloggio (AMC) e viaggi”.

Queste voci sono confermate dalla Corte d’appello, che ha respinto i motivi di gravame spiegati dall’Aeroporto al fine di contestarne l’ammontare.

La corte di merito, invece, ha accolto le censure relative al danno emergente (i costi degli aeromobili sostitutivi), poichè il giudice di primo grado non aveva tenuto conto dei risparmi di spesa, ridotti di Euro 262.606,00; ed ha ridotto il lucro cessante (il mancato incasso dovuto alla cancellazione dei voli) di Euro 162.489,97.

In primo grado queste due voci andavano a comporre la somma di Euro 1.753.000,00 relativa ai “danni indiretti” (che, tuttavia, a dire dello stesso Tribunale, altro non erano che danni anch’essi diretti).

Orbene, a pag. 26 della sentenza della Corte d’appello si legge: “la sentenza impugnata va riformata sul punto detraendo dall’importo dei corrispettivi dei noleggi, di complessivi Euro 1.480.147,45, l’ammontare dei costi relativi agli oneri di manutenzione che si assume nella misura di Euro 262.606,00 indicata dai CTP dell’Aeroporto Catullo”. Tuttavia, a pag. 29 la Corte statuisce che “l’accoglimento parziale dell’appello sul quantum comporta la riduzione della liquidazione del danno diretto dall’importo di Euro 953.000,00 indicato in sentenza a quello di Euro 527.895,03 (Euro 953.000 – 162.489,97 – 262.606,00)”.

In sostanza, la Corte d’appello anzichè decurtare le voci di danno riliquidate dalla somma di Euro 1.753.000,00 (c.d. “danni indiretti”), utilizza erroneamente come base di calcolo la somma di Euro 953.000,00 (“danni diretti”), il cui importo, poco prima, aveva invece confermato.

Si tratta, peraltro, del punto sul quale la UnipolSai s.p.a. aveva richiesto che si procedesse ad una correzione di errore materiale. Istanza che la Corte d’appello ha rigettata, sul presupposto che la contestazione attenesse al merito della decisione.

Effettivamente, l’operazione compiuta dalla corte territoriale non si risolve in un mero errore di calcolo, perchè ad essere viziato è lo stesso ragionamento logico, che è contraddittorio. La Corte d’appello, difatti, statuisce sullo stesso oggetto due volte in maniera differente, con statuizioni inconciliabili tra loro e tali da impedire di comprendere il contenuto della decisione. Questo errore, causato dall’inesatta determinazione dei presupposti di una operazione, a differenza dell’errore materiale di calcolo, è deducibile in sede di legittimità, in quanto si risolve in un vizio logico della motivazione (Sez. 5, Ordinanza n. 2399 del 31/01/2018 Rv. 646706 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 795 del 15;01/2013 Rv. 624769 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 4859 del 07/03/2006 Rv. 587068 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 262 del 11/01/2006 Rv. 585973 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 7062 del 14/04/2004 Rv. 572045 – 01).

In conclusione, il primo motivo del ricorso principale è fondato e deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

4.4 Non osta all’accoglimento del motivo un’evidente confusione terminologica che è possibile riscontrare nelle sentenze di merito, dove l’espressione “danni diretti” è utilizzata come sinonimo di “danni materiali”. In realtà, i danni diretti si distinguono non da quelli immateriali, bensì da quelli indiretti, ai fini di circoscrivere in danno risarcibile.

Sul punto della qualificazione dei danni ad opera del Tribunale la Blue Panorama Airlines s.p.a. eccepisce la formazione di un giudicato interno. Ma la questione non ha pregio, in quanto ai fini dell’accoglimento della censura esaminata non ha alcun rilievo la natura diretta o indiretta dei danni materiali riportati dal velivolo. Infatti, il vizio logico denunciato prescinde dalla terminologia adoperata, poichè ciò che conta è che la corte territoriale ha prima confermato la somma di Euro 953.000,00 come interamente dovuta a titolo risarcitorio e poi ha decurtato da questa stessa somma le voci riliquidate.

5. Con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione o falsa applicazione dell’art. 1223 c.c.. La censura riguarda la sentenza impugnata nella parte in cui ha ridotto la somma dovuta alla Blue Panorama Airlines s.p.a., negandole il ristoro di tutte le conseguenze immediate e dirette del fatto.

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.

La ricorrente sostiene che la perdita subita dalla compagnia aerea sarebbe stata di molto superiore rispetto all’importo riliquidato, sicchè una corretta applicazione dell’art. 1223 c.c. avrebbe dovuto indurre la corte di merito a non ridurre l’ammontare determinato in primo grado, bensì a confermarlo. Il motivo si risolve in ciò: “avendo – secondo logica e diritto – immotivatamente escluso dal risarcimento una parte – pari ad Euro 425.104,97- della “perdita” patrimoniale subita dalla Panorama per effetto degli esborsi, di cui la stessa si è dovuta gravare per la riparazione dei “danni materiali” provocati dall’evento all’aeromobile, la Corte veneziana ha, pertanto, anche e comunque disatteso e violato il disposto del citato art. 1223 c.c., la cui puntuale applicazione – essendo l’ammontare di tale “perdita” superiore a quello delle indennità complessivamente erogate dagli intervenuti assicuratori – le avrebbe imposto l’integrale conferma delle statuizioni della sentenza di primo grado di pertinenza della ricorrente Compagnia”.

La compagnia assicurativa, dunque, lamenta un pregiudizio patito non da sè, bensì dalla compagnia aerea assicurata, senza alcuna indicazione delle ragioni per le quali il suo interesse potrebbe essere coincidente con quello della danneggiata.

6.1 Passando ora all’esame del ricorso incidentale proposto dalla Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a., con il primo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In particolare, la società si duole della circostanza che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sul primo motivo di gravame (relativo all’errata ricostruzione dei fatti ad opera del Tribunale).

6.2 Il motivo è inammissibile.

L’omessa pronuncia su un motivo d’appello, infatti, non integra l’ipotesi dell’omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), bensì una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., che la ricorrente avrebbe dovuto censurare mediante il riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, come ipotesi di nullità della sentenza impugnata (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6835 del 16/03/2017, Rv. 643679 – 01). Nè è possibile, in questo caso, procedere alla riqualificazione del motivo, in quanto non ricorre la condizione – invece sussistente nel ricorso principale – di una chiara esposizione della corretta censura, anche se erroneamente attribuita ad una delle ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 diversa da quella appropriata.

6.3 La doglianza è altresì inammissibile per violazione dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5, poichè la ricostruzione in fatto operata dal giudice di primo grado è stata interamente confermata dalla Corte d’appello (c.d. “doppia conforme”). Per evitare l’inammissibilità, l’Aeroporto avrebbe dovuto indicare le ragioni di fatto poste a fondamento della decisione di primo grado e quelle poste a fondamento della sentenza d’appello e dimostrare che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014 (Rv. 630359 – 01).

6.4 In ogni caso, il motivo sarebbe pure infondato, in quanto la Corte d’appello ha correttamente rilevato che “l’appellante denuncia una erronea valutazione della prova dei fatti, deducendo che il Tribunale avrebbe ricostruito la dinamica del sinistro valorizzando esclusivamente il rapporto d’incidente redatto unilateralmente da Blue Panorama, divergente dal Ground Safety Report”; ed afferma: “l’esame dei motivi finora esposti va effettuato unitariamente, per la stretta interdipendenza delle questioni di diritto e dei connessi profili relativi all’assolvimento dell’onere della prova, ed evidenzia l’infondatezza dell’impugnazione”. Poi aggiunge: “tutta la critica dell’appellante rivolta alla pretesa erroneità dei riscontri probatori, sui quali il Tribunale di Verona ha fondato l’affermazione della ricorrenza in concreto di elementi di colpa grave a carico della convenuta società Aeroporto Catullo, si profila radicalmente priva di rilevanza posto che per pervenire all’affermazione della responsabilità contrattuale dell’odierna appellante assume rilievo preminente ed assorbente la circostanza che la denunciata totale carenza probatoria non gioverebbe alla stessa debitrice che, pur sostenendo che la responsabilità del conducente del trattorino adibito per il rimorchio deve essere contenuta nell’ambito della colpa lieve, non ne ha poi fornito alcuna concreta dimostrazione”.

E’, dunque, evidente che la Corte d’appello ha esaminato la censura che, invece, l’Aeroporto ritiene sia stata ignorata, e, valutandola nel complesso delle altre doglianze relative alla ricostruzione fattuale dell’evento, l’ha ritenuta infondata. Tanto chiarito, ogni ulteriore considerazione sul punto implicherebbe una valutazione di merito, in questa sede inammissibile.

7.1 Con il secondo motivo del ricorso incidentale, la Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1367 c.c..

La società censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ammesso il cumulo di azioni – contrattuale ed extracontrattuale – e ha ritenuto che la clausola 8.1 dello Standard Ground Handling Agreement limitasse la proponibilità esclusivamente dell’azione contrattuale e non anche di quella extracontrattuale. Secondo la ricorrente, la clausola disciplinerebbe un esonero di responsabilità al di sotto di una certa soglia, a prescindere dalla natura dell’azione con cui tale responsabilità è fatta valere.

7.2 Con il terzo motivo si denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1367 c.c.. La censura riguarda la decisione impugnata laddove ha equiparato i concetti di colpa grave e colpa “temeraria con previsione dell’evento”; così facendo la Corte d’appello avrebbe fatto “sorgere un’obbligazione risarcitoria che il contratto, molto semplicemente, non prevede”.

7.3 Con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1367 c.c., consistita questa volta – nell’interpretazione della clausola 8.5 dello Standard Ground Handling Agreement. La decisione impugnata è censurata nella parte in cui ha escluso che la clausola potesse interpretarsi come rinuncia preventiva alla risarcibilità di talune voci di danno per l’ipotesi di inoperatività della clausola 8.1.

7.4 I tre motivi appena illustrati possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.

In sostanza, la Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. censura l’interpretazione delle clausole 8.1 e 8.5. dello Standard Ground Agreement operata dalla Corte d’appello ritenendola in contrasto con la volontà delle parti manifestata in contratto, che era quella – a suo dire – di limitare la responsabilità per danni ai soli casi di “colpa temeraria con previsione dell’evento” e dolo (e in questa ipotesi limitarla ai soli “danni diretti”, clausola 8.5), situazione che non ricorrerebbe nel caso in esame.

7.5 I motivi non meritano accoglimento.

L’interpretazione di un contratto o di una clausola contrattuale costituisce esercizio di un potere discrezionale attribuito al giudice di merito, il cui risultato può essere sindacato in sede di legittimità esclusivamente nel caso di violazione dei criteri normativi di ermeneutica contrattuale. Infatti, per sfuggire al sindacato di legittimità, l’interpretazione del giudice non deve essere l’unica o la migliore ma semplicemente una delle possibili interpretazioni (Sez. 3, Sentenza n. 2560 del 06/02/2007 Rv. 594992 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 22/02/2007 Rv. 595003 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3554 del 2013; Sez. 3, Ordinanza n. 11254 del 10/05/2018 Rv. 648602 – 01).

Ebbene, la Corte d’appello, facendo corretto uso dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, ha ritenuto che le parti, nella clausola 8.1, avessero inteso disciplinare un esonero reciproco di responsabilità, ad eccezione dei casi di danni prodotti da una condotta “incauta” (letteralmente “recklessly” si può tradurre “incautamente”) o dolosa. Non sussiste, pertanto, la violazione denunciata dalla ricorrente, e l’interpretazione operata dalla Corte territoriale non può essere sindacata.

7.6 Deve aggiungersi, in ogni caso, che nessuno dei motivi coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, che conferma la sentenza di primo grado, nella quale si è accertato che la condotta del trattorista dell’aeroporto è connotata da “colpa con previsione”, rigettando i motivi d’impugnazione sul presupposto del mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sulla Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. In altri termini, l’affermazione della responsabilità della struttura aeroportuale non dipende dall’interpretazione delle clausole controverse, bensì dall’accertamento che, in punto di fatto, ha messo in evidenza una condotta più che gravemente colposa dell’Aeroporto, proprio come previsto nella clausola 8.1 (“recklessly”).

Quindi, mentre i motivi sono volti a dimostrare che l’intento negoziale delle parti era di escludere ogni forma di responsabilità della Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. al di sotto della soglia della colpa grave, la condanna è intervenuta sul presupposto che la colpa fosse, per l’appunto, al di sopra di quella soglia. L’accertamento fattuale compiuto dal Tribunale (pag. 16 e 17) e interamente confermato dalla Corte d’appello non è affatto scalfito dalle contestazioni mosse nel ricorso incidentale.

Una volta ritenuto – con giudizio riservato ai giudici di merito che la condotta del trattorista dell’Aeroporto è stata connotata dal parametro della elevata gravità prevista nella clausola 8.1, diviene irrilevante interpretare quale fosse il regime di responsabilità della struttura aeroportuale che le parti avevano inteso prevedere nel caso di danni causati da una condotta colposa “non incauta”, trattandosi di ipotesi che non ricorre nel caso in esame.

Risulta decisiva, in tal senso, l’affermazione contenuta a pag. 1314 della sentenza impugnata, ove si legge “gravava sul debitore della prestazione, che invocava la limitazione di responsabilità, l’onere di provare che il fatto integrante l’inadempimento fosse derivato da causa a lui non imputabile, perchè al di fuori del suo potere di controllo, oppure che la sua attività o inattività, in rapporto causale con l’inadempimento, concretasse colpa lieve, anzichè colpa grave o dolosa”.

Dunque, è evidente che la Corte d’appello abbia inteso rimarcare che la condotta dell’addetto alla guida del trattorino fosse caratterizzata da un atteggiamento quasi di dolo (si potrebbe dire, mutuando un’espressione penalistica, da “dolo eventuale”) che si pone ben oltre la soglia della condotta incauta (“recklessly”) convenuta tra le parti nel contratto.

8.1 Con il quinto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 1678,1683 e 1687 c.c., consistita nel qualificare il contratto di handling escludendo che lo stesso possa essere ricondotto alla figura generale del trasporto di merci. Secondo la ricorrente, invece, il contratto di handling sarebbe un contratto atipico di natura mista nel quale confluiscono diverse fattispecie, tra le quali il trasporto di merci, per cui si sarebbero dovute “applicare le discipline relative alle diverse cause negoziali che si combinano nel negozio misto fra le quale, con riferimento al traino del velivolo in questione, quella relativa al trasporto terrestre di cose”.

8.2 Il motivo è inammissibile per carenza d’interesse. La Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. non trarrebbe, infatti, alcun vantaggio dall’inquadramento del contratto di handling nello schema del contratto di trasporto di merci.

Infatti, la condotta del trattorista dell’aeroporto è caratterizzata, come emerso dalla ricostruzione in fatto operata dal giudice di primo grado e interamente confermata dalla Corte d’appello, da un atteggiamento di quasi dolo; questo esclude comunque che la ricorrente possa beneficiare – come invece auspicato – delle limitazioni di responsabilità previste in favore del vettore dagli artt. 1693 e 1696 c.c., destinate a restare inoperanti nel caso di comportamenti connotati da colpa grave o dolo.

9.1 I ricorsi incidentali della AXA Corporate Solutions s.a. e della Allianz s.p.a. possono essere esaminati congiuntamente, essendo di identico contenuto.

9.2 Con il primo motivo le compagnie assicurative deducono – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La censura riguarda la sentenza d’appello nella parte in cui, accogliendo l’ottavo motivo d’impugnazione proposta dalla Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a., ha ritenuto che la liquidazione dei danni diretti non dovesse superare la somma di USD 1.000.000,00 conformemente a quanto previsto nel contratto di handling. Il fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso è indicato nella circostanza “che il debitore Aeroporto non abbia dimostrato la sussistenza della colpa lieve necessaria ai fini dell’operatività della limitazione invocata” (pag. 15). La Corte d’appello, in particolare, avrebbe omesso di considerare le “argomentazioni” esposte nel primo grado di giudizio.

9.3 Il motivo è inammissibile.

Infatti, il motivo non indica davvero un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831). Piuttosto, si limita ad esprimere un generico giudizio di non condivisione della decisione impugnata. Si tratta, quindi, di una censura inammissibile, in quanto un eventuale error in decidendo si sarebbe dovuto dedurre non già ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, bensì indicando specificatamente le norme sostanziali violate e le ragioni della pretesa violazione.

Resta comunque fermo che non ricorre il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

9.4 Nell’ambito del medesimo motivo si prospetta la violazione degli artt. 1218,1229,2697,1362,1363 e 1368 c.c.. La censura, però, si compendia nella seguente affermazione contenuta nelle ultime tre righe del primo motivo: “lo stesso capo appare inoltre censurabile per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218,12292697,1362,1363 e 1368 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Si tratta di una denuncia inammissibile in quanto assolutamente generica e nient’affatto articolata.

Le ricorrenti non indicano, infatti, in che modo la Corte d’appello avrebbe violato le norme richiamate. Infatti, i motivi dedotti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono recare (fra l’altro) l’esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale non venga precisato in qual modo (se per contrasto con la norma indicata, o con l’interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina), e sotto quale profilo, abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronunzia di merito, in termini cioè insufficienti ed inidonei a consentire di bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (Sez. 3, Sentenza n. 335 del 2016).

10.1 Con il secondo motivo del loro ricorso incidentale, la Axa e la Allianz denunciano la violazione dell’art. 1224 c.c., comma 2.

Le compagnie assicurative si dolgono della sentenza impugnata nella parte in cui ha negato la rivalutazione monetaria sulle somme liquidate a loro favore sui presupposto che la liquidazione fosse avvenuta in dollari, ossia in “moneta forte in relazione alla quale non è dato ipotizzare una perdita di valore da compensare con rivalutazione”; nonchè per la mancata liquidazione degli interessi c.d. compensativi, posto che il danno subito per la mancata disponibilità della somma di denaro era in re ipsa.

10.2 Preliminarmente deve essere corretta l’affermazione delle ricorrenti sulla funzione della rivalutazione monetaria e degli interessi compensativi nelle obbligazioni di valore – quale l’obbligazione risarcitoria oggetto del giudizio – perchè frutto di una evidente confusione.

La rivalutazione monetaria è (“effetto della natura del credito di valore, che è di per sè sottratto al rischio della svalutazione, poichè il suo importo in moneta deve essere determinato al momento della liquidazione, in corrispondenza ad un valore economico reale” (Sez. U, Sentenza n. 1712 del 17/02/1995 Rv. 490480 – 01). Gli interessi compensativi, invece, costituiscono una modalità di liquidazione del danno da ritardo, ossia quel danno che il creditore potrebbe aver sofferto per non aver potuto disporre delle somme lui spettanti fin dal giorno in cui esse erano dovute (Sez. 3, Ordinanza n. 18564 del 13/07/2018 Rv. 649736 – 01; in questo senso già Sez. 1, Sentenza n. 12839 del 01/12/1992 Rv. 479836 – 01). Da ciò consegue che, mentre la rivalutazione monetaria, imprescindibilmente connessa alla natura del credito, è accordata anche d’ufficio dal giudice, altrettanto non può dirsi per gli interessi compensativi, essendo onere del creditore domandarli e dare prova in giudizio della sussistenza dei presupposti per la loro percezione, ossia dimostrare che, nonostante la rivalutazione, la somma liquidata risulti comunque inferiore a quella di cui avrebbe potuto disporre se il pagamento fosse stato tempestivo.

10.3 Le ricorrenti si dolgono della liquidazione operata dalla Corte d’appello sia per il rifiuto opposto alla richiesta di rivalutazione monetaria, sia per il mancato riconoscimento degli interessi compensativi.

Partendo da questi ultimi, la Axa s.a. e la Allianz s.p.a. non hanno indicato se e quando gli stessi abbiamo costituito oggetto di specifica domanda, nè cosa sia stato stabilito nei precedenti gradi di giudizio. Nella sentenza impugnata non è fatta alcuna menzione di una siffatta domanda e dalle conclusioni formulate dalle compagnie assicurative in primo e secondo grado – riportate nei rispettivi ricorsi – si desume che essi non furono oggetto di specifica domanda.

Per questa parte il motivo è quindi inammissibile, quantomeno per difetto di specificità, in quanto sarebbe stato onere delle società ricorrenti in via incidentale dimostrare di aver proposto tempestivamente la domanda relativa agli interessi compensativi.

Qualora, poi, si ritenesse che – sulla base di quanto emerge dalla sentenza impugnata e dall’esposizione dei fatti contenuta nei rispettivi ricorsi – gli interessi compensativi non siano mai stati richiesti nei gradi di merito, l’inammissibilità del mezzo di gravame deriva dall’impossibilità di formulare tale domanda per la prima volta in questa sede.

10.4 Per la restante parte, invece, il motivo in esame merita accoglimento.

La Corte d’appello ha negato la rivalutazione monetaria sul presupposto che la liquidazione dei costi fosse avvenuta sulla base di una moneta forte, ossia in dollari. Tale argomento è privo di pregio, in quanto la circostanza che il danno sia stato liquidato in una moneta che subisce in misura molto limitata l’impatto erosivo dell’inflazione si ripercuote sul basso, eventualmente anche bassissimo, coefficiente di attualizzazione, ma non esclude in radice l’applicazione del principio generale per il quale le obbligazioni di valore devono essere attualizzate.

Di conseguenza, la Corte d’appello avrebbe dovuto certamente procedere alla rivalutazione monetaria della somma liquidata in favore delle compagnie assicurative; non avendolo fatto, la sentenza merita sul punto di essere cassata.

11. In conclusione, il primo motivo del ricorso principale proposto dalla Unipolsai S.p.a. – deve essere accolto, ma il secondo va dichiarato inammissibile. II ricorso incidentale della Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. deve essere integralmente rigettato. Il primo motivo dei ricorsi incidentali della AXA Corporate Solutions s.a. e dell’Allianz s.p.a. sono infondati, mentre il secondo motivo va accolto per quanto di ragione.

La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Poichè il ricorso incidentale proposto dalla Aeroporto “Valerio Catullo” s.p.a. è stato interamente rigettato, sussistono i presupposti per l’applicazione, in relazione a tale impugnazione, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara inammissibile il secondo. Rigetta il ricorso incidentale proposto dalla Aeroporto “Valerio Catullo” di Verona Villafranca s.p.a. Dichiara inammissibile il primo motivo dei ricorsi incidentali proposti dalla AXA Corporate Solutions s.a. e dalla Allianz S.p.a. e accoglie il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’Aeroporto “Valerio Catullo” di Verona Villafranca s.p.a., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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