LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29530-2018 proposto da:
C.M.T., Co.Lo.Nu.;
– ricorrente –
contro
IN VIAGGI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 7, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI RANALLI, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO CIPRIANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 247/2018 della Corte d’appello di Brescia, depositata il 17/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/10/2019 dal Consigliere Annamaria Casadonte.
RILEVATO
che:
– la signora C.M.T. chiede la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Brescia che aveva respinto la sua impugnazione principale ed accolto quella incidentale proposta dall’agenzia tour operator In Viaggi s.r.l. che le aveva venduto un pacchetto turistico all inclusive a *****;
– il tribunale di prime cure aveva accolto in parte la domanda di accertamento dell’inadempimento proposta dalla C. in relazione alle pessime condizioni igieniche ed alla distanza dal mare dell’albergo in cui era stata ospitata;
– il tribunale le aveva riconosciuto a titolo di risarcimento dei danni il costo del pacchetto turistico, quelle relative al viaggio di ritorno e quelle legali per la fase stragiudiziale, mentre aveva ritenuto non provato il danno patrimoniale quale spesa per il viaggio di ritorno in aereo e quello non patrimoniale da vacanza rovinata;
– la corte bresciana, diversamente opinando, in accoglimento dell’appello incidentale del convenuto tour operator riformava la decisione in relazione al danno e condannava la C. e restituire quanto ricevuto;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dalla C. sulla base di due motivi illustrati da memoria ex art. 380 bis c.p.c., cui resiste con controricorso il tour operator In Viaggi s.r.l..
CONSIDERATO
che:
– il primo motivo censura in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’assenza di motivazione intesa quale motivazione apparente, in relazione all’accertamento dell’adempimento della convenuta;
– la censura è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., come pure evidenziato da parte della controricorrente;
– non si è in presenza di ciò che per costante giurisprudenza integra la fattispecie della motivazione apparente e cioè l’impossibilità di comprendere le ragioni poste a fondamento della decisione (cfr. Cass. Sez. Un. 22232/2016; 20648/2015), atteso che a pag. 6 e 7 della sentenza impugnata è ben chiarito che il tenore letterale della descrizione del prodotto acquistato e, in particolare, la lucuzione “piccolo hotel” lasciava intendere quali erano le possibili aspettative;
– il secondo motivo censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli art. 1218,1453 e 2697 c.c., e cioè la ripartizione dell’onere della prova in tema di responsabilità contrattuale per avere la corte ritenuto che la produzione fotografica con cui la C. vorrebbe dimostrare le condizioni dei luoghi in cui era stata ospitata era di dubbia provenienza;
– anche questo motivo è inammissibile perchè la censura non coglie la ratio decidendi, ma richiama un principio circa la ripartizione dell’onere della prova in materia di inesatto adempimento (cfr. Cass. Sez. Un. 13533/2001) che è stato coerentemente applicato dalla corte territoriale, la quale ha invero argomentato che, una volta acclarato che il prodotto fornito era conforme a quello indicato nel contratto, non erano rilevanti a fini della prova delle allegate pessime condizioni igieniche, le fotografie prive di data prodotte dalla C., così come non era sufficiente l’allegata presunzione semplice al fine di provare la presenza degli scarafaggi ovvero del lamentato “fetore”;
– ciò è, peraltro, conforme a precedenti di questa Corte nei quali è stato ritenuto che in tema di azione di risarcimento per i danni sofferti da un soggetto per una infezione alimentare a causa della condotta del gestore di una struttura alberghiera durante un soggiorno con trattamento di pensione complete si deve ritenere che incomba sul danneggiato la prova rigorosa e specifica che il danno sia stato conseguenza dell’inadempimento contrattuale del predetto gestore o della sua attività, conseguendone, in difetto, la declaratoria di infondatezza della relativa domanda (cfr. Cass. 13082/2007; 12143/2016);
– il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e parte ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, condannata alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente nella misura indicata in dispositivo;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese a favore della controricorrente e liquidate in Euro 1500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% per rimborso spese generali ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 10 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2020
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