LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5348 del ruolo generale dell’anno 2017 proposto da:
S.M. (C.F.: *****) rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Giovanni Angelozzi (C.F.: *****);
– ricorrente –
nei confronti di:
EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.p.A. (C.F.: *****), in persona del rappresentante per procura M.L. rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avvocato Stefania Di Stefani (C.F.: *****);
ANAS S.p.A. (P.I.: *****), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, legale rappresentante pro tempore, A.G.V. rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avvocato Valeria Graziosi (C.F.: *****);
– controricorrenti –
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 22078/2016, pubblicata in data 25 novembre 2016;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 6 febbraio 2020 dal consigliere TATANGELO Augusto.
FATTI DI CAUSA
L’agente della riscossione Equitalia Sud S.p.A. (poi divenuta Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A.) ha pignorato i crediti vantati da S.M. nei confronti dell’ANAS S.p.A., ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 72 bis. L’opposizione agli atti esecutivi proposta dal debitore ai sensi dell’art. 617 c.p.c. è stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di Roma.
Ricorre lo S., sulla base di tre motivi.
Resistono con distinti controricorsi Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. e ANAS S.p.A..
Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 375 c.p.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1.
Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione dell’art. 617 c.p.c., in relazione all’art. 2697 c.c. e conseguente omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
1.1 E’ inammissibile la censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in quanto articolata sulla base della non più vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
Tale censura è comunque infondata: la sentenza impugnata, con riguardo alla questione della tardività dell’opposizione, che costituisce unica ed effettiva ratio decidendi, è sostenuta da adeguata motivazione, non apparente e non insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale certamente non censurabile nella presente sede.
1.2 Neanche la censura di violazione dell’art. 2697 c.c., ha fondamento.
Premesso che – in linea generale – costituisce onere dell’opponente dimostrare la tempestività dell’opposizione, nella specie il tribunale ha deciso la controversia applicando in modo corretto il principio di non contestazione: in base a tale principio ha infatti considerato al di fuori del thema proban-dum il fatto storico della data di ricezione della raccomandata contenente in allegato l’atto di pignoramento, avendo lo stesso opponente espressamente indicato tale data nell’atto di citazione introduttivo del giudizio.
Non vi è stata dunque alcuna inversione dell’onere della prova da parte del tribunale, nè alcuna violazione dell’art. 2697 c.c..
1.3 La censura di cui al motivo di ricorso in esame non coglie d’altronde adeguatamente l’effettiva ratio decidendi della pronuncia, che non è fondata sul principio dell’onere della prova nè sull’esistenza di una specifica prova della data di conoscenza del pignoramento da parte del debitore, avendo il tribunale ritenuto che il fatto in questione non richiedesse alcuna prova, perchè non contestato (anzi, specificamente ammesso dallo stesso opponente) e, come tale, estraneo in radice al thema probandum.
1.4 E’ infine appena il caso di osservare che non possono essere prese in considerazione le argomentazioni della parte ricorrente contenute nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, con le quali si sostiene, per la prima volta, che la notificazione del pignoramento sarebbe inesistente e non semplicemente nulla, per cui, mancando l’ingiunzione di cui all’art. 492 c.p.c., da parte dell’ufficiale giudiziario, non sarebbe possibile alcuna sanatoria e lo stesso pignoramento dovrebbe ritenersi inesistente.
Si tratta di censure del tutto nuove, non ammissibili in quanto avanzate solo con la memoria di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 1.
Le stesse sono peraltro anche infondate. E’ infatti pacifico che la lettera raccomandata inviata dal terzo pignorato al debitore conteneva la copia integrale dell’atto di pignoramento, completo dell’ingiunzione dell’ufficiale giudiziario. La notificazione dell’atto di pignoramento aveva dunque raggiunto il suo scopo ed era di conseguenza senz’altro idonea a far decorrere il termine perentorio per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi.
2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., nn. 3 e 4, e art. 140 c.p.c., nonchè del D.P.R. n. 600 del 1993 dell’art. 60 c.p.c., e dell’art. 474 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.
La censura riguarda la fondatezza nel merito dell’opposizione proposta, con riguardo alla questione dell’omessa notifica delle cartelle di pagamento anteriormente al pignoramento.
Si tratta di una censura che resta assorbita in conseguenza del mancato accoglimento del primo motivo del ricorso, avente ad oggetto la contestazione della tardività dell’opposizione, che costituisce motivo assorbente di inammissibilità della stessa.
3. Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 43 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5”.
Si tratta di una ulteriore censura riguardante il merito dell’opposizione, anch’essa da ritenere assorbita in virtù della conferma della dichiarazione di inammissibilità dell’opposizione stessa, oltre che inammissibile in quanto nuova, per quel che emerge dagli atti e, comunque, costituente opposizione all’esecuzione e quindi in ogni caso non ammissibile in sede di ricorso straordinario per cassazione avverso sentenza del tribunale di primo grado.
4. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228 art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore delle società controricorrenti, liquidandole, per ciascuna di esse, in complessivi Euro 3.600,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020
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