Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.12972 del 30/06/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20106/2018 R.G. proposto da:

P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ROMANO, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA CERIELLO;

– ricorrente –

contro

Z.F.;

– intimato –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/03/2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2020 dal Presidente Relatore Dott. Franco DE STEFANO.

RILEVATO

che:

l’avv. P.D. ricorre, affidandosi ad atto notificato a mezzo p.e.c. il (Ndr: testo originale non comprensibile) almeno quattro motivi, per la cassazione dell’ordinanza di inammissibilità, ex art. 348-bis c.p.c., della (Ndr: testo originale non comprensibile) di (Ndr: testo originale non comprensibile) dell’appello proposto avverso la sentenza del (Ndr: testo originale non comprensibile) del (Ndr: testo originale non comprensibile) di (Ndr: testo originale non comprensibile), di reiezione della sua domanda di condanna di Z.F. al risarcimento dei danni derivatigli da un’opposizione, definita come proposta in termini emulativi e temerari, ad archiviazione seguita a querela per il reato p. e p. dall’art. 388 c.p., sporta per una cessione di credito da parte di Z.A. al P., oggetto di azione revocatoria vittoriosamente esperita in primo e secondo grado dallo stesso Z.;

non espleta attività difensiva l’intimato;

è stata formulata proposta di definizione – (Ndr: testo originale non comprensibile) (Ndr: testo originale non comprensibile) – in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

CONSIDERATO

che:

dei motivi di ricorso (i primi tre rivolti direttamente contro l’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c.: di “violazione dell’art…. 2902 c.c.” e “dell’art. 116 e 187 e 244 c.p.c., e segg.”; di “violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 124 c.p.”; di “violazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli art. 116 c.p.c., e art. 1173, e segg., art. 2043 c.c., e segg.”; il quarto consistente nella riproposizione pedissequa dei motivi di appello), è superflua la stessa illustrazione;

anche a prescindere, invero, dai seri dubbi sulla procedibilità del ricorso (poichè, pur essendo quello stato notificato a mezzo p.e.c., non si rinvengono in atti nè attestazione autografa, cioè con sottoscrizione in originale sulla stampa o copia cartacea del relativo documento, della conformità di questa all’originale informatico notificato alla controparte, nè copia notificata del provvedimento impugnato, rinvenendosene solo una copia e per di più informe), come pure da quelli di ammissibilità indotti dal raffronto tra la data di comunicazione dell’ordinanza di appello – idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione – e quella dichiarata quale di effettivo avvio del ricorso per la notifica, il ricorso è inammissibile;

infatti, ciascuno dei primi tre motivi di ricorso si appuntano contro l’ordinanza di declaratoria di inammissibilità dell’appello, anzichè contro la sentenza di primo grado: ognuno di essi contesta l’idoneità della motivazione dell’ordinanza in punto di qualificazione di infondatezza dell’appello, ma in tal modo si infrange contro la preclusione disegnata a chiare lettere sul punto da Cass. Sez. U. 02/02/2016, n. 1914, poichè il merito della controversia è riesaminabile esclusivamente con l’impugnazione, da proporsi nei sessanta giorni dalla comunicazione, o, solo in mancanza di essa, dalla notificazione dell’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., della sentenza di primo grado;

dal canto suo, il quarto motivo è poi inammissibile in quanto non strutturato in relazione ai motivi di cui all’art. 360 c.p.c., e precluso dall’intangibilità della sentenza di primo grado dovuta all’inammissibilità dell’impugnazione nei confronti della successiva ordinanza di appello;

ne discende quindi la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, per non avervi svolto attività difensiva l’intimato;

va infine dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra moltissime altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato eventualmente dovuto per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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