Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.20700 del 30/09/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28978/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F. *****), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

F.C., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. Angelo PISANI ed elettivamente domiciliata in Milano, alla galleria Strasburgo, n. 2, presso lo studio legale del predetto difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 861/07/2018 della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, depositata il 28/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/06/2020 dal Consigliere Dott. LUCIOTTI Lucio.

RILEVATO

che:

1. In controversia relativa ad impugnazione di una comunicazione di iscrizione ipotecaria e delle prodromiche cartelle di pagamento emesse nei confronti di F.C., l’Agenzia delle entrate – Riscossione ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti della predetta contribuente, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR della Lombardia accoglieva l’appello della contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, rilevando il proprio difetto di giurisdizione con riferimento alle pretese non tributarie, l’irregolarità delle notifiche delle cartelle di pagamento, in quanto effettuate direttamente a mezzo posta a persona diversa del destinatario (nella specie, il portiere) senza il successivo invio della raccomandata informativa ed in quanto comprovate dalla produzione in giudizio di copie delle retate prive dell’attestazione di conformità all’originale, ed infine l’intervenuta prescrizione quinquennale delle pretese tributarie.

2. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, del D.M. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39, artt. 2697 e 2700 c.c., della L. 890 del 1982, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Sostiene la difesa erariale che la CTR era incorsa nella violazione delle disposizioni censurate per avere ritenuto necessario, ai fini del completamento della procedura notificatoria, nell’ipotesi – come quella in esame – di consegna al portiere della raccomandata postale di spedizione delle cartelle di pagamento, l’invio della raccomandata informativa e, a fini probatori, la produzione in giudizio delle copie fotostatiche delle relate di notifica con l’attestazione di conformità all’originale.

2. Il motivo è manifestamente fondato.

3. Nella specie è incontroverso che l’agente della riscossione avesse provveduto alla notifica diretta a mezzo del servizio postale, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, delle cartelle di pagamento emesse sulla base dei ruoli oggetto di impugnazione.

4. Ciò precisato in punto di fatto, deve osservarsi in diritto che questa Corte è ferma nel ritenere che “In tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982 in quanto tale forma “semplificata” di notificazione si giustifica, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 175 del 2018, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato” (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28872 del 12/11/2018, Rv. 651834 – 01; conf. Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10037 del 10/04/2019, Rv. 653680 – 01, secondo cui “In tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esclusione della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 883, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della L. n. 890 del 1982”; v. anche, Cass. n. 17598/2010; n. 911/2012; n, 19771/2013; n. 14146/2014, nonchè, con specifico riferimento a raccomandata postale consegnata al portiere, Cass. n. 16949/2014 e n. 12083 del 2016).

4.1. In questa direzione, del resto, depone proprio il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, che consente agli ufficiali della riscossione di provvedere alla notifica della cartella mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, precisando che in caso di notifica “nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda” (comma 2) o al “portiere dello stabile dov’è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda” del destinatario, la stessa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da tali soggetti, prevedendo lo stesso art. 26, il rinvio al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, unicamente per quanto non regolato nello stesso articolo (cfr. Cass. n. 14196/2014, Cass. ord. n. 3254/16, Cass. n. 802 del 2018; conf. Cass. n. 12083 del 2016 e n. 29022 del 2017).

4.2. E d’altro canto, come affermato da Cass. n. 28872 del 12/11/2018, sopra citata, la Corte costituzionale, occupandosi della questione ha dichiarato, con la sentenza n. 175 del 2018, la conformità a Costituzione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, rilevando che “la semplificazione insita nella notificazione diretta”, consistente “nella mancanza della relazione di notificazione di cui all’art. 148 c.p.c. e L. n. 890 del 1982, art. 3” e nella “mancata previsione della comunicazione di avvenuta notifica (cosiddetta CAN)”, “anche se (…) comporta, in quanto eseguita nel rispetto del citato codice postale, uno scostamento rispetto all’ordinario procedimento notifica torio a mezzo del servizio postale ai sensi della L. n. 890 del 1982, non di meno (…) è comunque garantita al destinatario un’effettiva possibilità di conoscenza della cartella di pagamento notificatagli ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1”. Ha precisato il Giudice delle leggi che, seppure non sia prevista la relata di notifica, nella notificazione “diretta” ai sensi del citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 “c’è il completamento dell’avviso di ricevimento da parte dell’operatore postale che, in forma sintetica, fornisce la prova dell’avvenuta consegna del plico al destinatario o al consegnatario legittimato a riceverlo”. Inoltre, la mancata previsione di un obbligo di comunicazione di avvenuta notifica (ma solo nel caso in cui il plico sia consegnato dall’operatore postale direttamente al destinatario o a persona di famiglia o addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda o al portiere), “non costituisce nella disciplina della notificazione”, nonostante tale “obbligo vale indubbiamente a rafforzare il diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost., commi 1 e 2) del destinatario dell’atto”, “una condizione indefettibile della tutela costituzionalmente necessaria di tale, pur fondamentale, diritto”.

5. Conclusivamente sul punto, con riferimento al caso concreto, in cui le cartelle di pagamento notificate per posta ordinaria risultano essere state consegnate al portiere ed una a persona autorizzata al ritiro, va ribadito che non sussisteva alcun obbligo per l’agente postale di procedere all’invio della raccomandata informativa al destinatario dell’atto.

6. Quanto, poi, alla censura formulata dalla ricorrente avverso la statuizione d’appello che aveva rilevato il difetto di prova della notifica delle cartelle di pagamento sottese alla comunicazione di iscrizione ipotecaria per omessa produzione in giudizio delle copie fotostatiche delle relate di notifica prive dell’asseverazione di conformità all’originale, deve ricordarsi il principio giurisprudenziale in base al quale “il disconoscimento del/a conformità di una copia fotostatica all’originale di una scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 2, perchè mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa” (Cass. n. 12737 del 2018).

6.1. Orbene, nel caso in esame difetta anche il requisito di specificità del disconoscimento, effettuato dalla contribuente, della conformità agli originali delle copie dei documenti prodotti dall’agente della riscossione (da ultimo, Cass. 4053 del 2018, secondo cui “Il disconoscimento della conformità all’originale delle copie fotografiche o fotostatiche che, se non contestate, acquistano, ai sensi dell’art. 2719 c.c., la stessa efficacia probatoria dell’originale, è soggetto alla disciplina di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c. e, pertanto, deve avvenire, in modo formale e specifico, nella prima udienza o risposta successiva alla produzione”; in termini, Cass. n. 1974 del 2018, che richiama Cass. n. 9439 del 21/04/2010 e Cass. n. 2419 del 03/02/2006), rilevandosi all’uopo il difetto di autosufficienza del controricorso per omessa riproduzione del contenuto della contestazione che la controricorrente assume (a pag. 10 del controricorso) di aver effettuato “in prima udienza” (arg. da Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 1150 del 17/01/2019, Rv. 652710 – 01).

6.2. Al riguardo, non può peraltro omettersi di rilevare che, stando a quanto risultante dal controricorso (a pag. 2), “La documentazione esibita da controparte veniva contesta ex art. 2719 c.c. (…) da parte ricorrente, ritenendosi incompleta, parziale e prodotta in mere fotocopie (…)”, ovvero in modo assolutamente generico e, quindi, inefficace (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16557 del 20/06/2019, Rv. 654386 – 01, secondo cui “In tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti nè il ricorso a clausole di stile nè generiche asserzioni”. Conf. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 27633 del 30/10/2018; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29993 del 13/12/2017).

7. Il riferimento fatto dalla controricorrente sia alla mancanza di correlazione tra gli avvisi di ricevimento delle raccomandate postali alle relative cartelle di pagamento, sia alla mancata produzione degli originali delle cartelle, impone di precisare, quanto alla prima questione, che in ciascuno dei predetti avvisi è trascritto il numero della cartella di pagamento cui si riferisce ed è altresì indicato il nominativo del destinatario, e quanto alla seconda questione, che l’originale della cartella di pagamento è quella notificata al contribuente e l’agente della riscossione può soltanto produrre la copia e che, in tal caso, come affermato da questa Corte nella sentenza n. 10326 del 2014, non sussiste alcun onere probatorio dell’Agente per la riscossione avente ad oggetto l’esibizione in giudizio della copia delle cartelle nel loro contenuto integrale, nemmeno ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, che peraltro ne prevede la conservazione in alternativa alla “matrice” (la quale è l’unico documento che resta nella disponibilità dell’Agente nel caso in cui opti per la notificazione della cartella di pagamento nelle forme ordinarie o comunque con messo notificatore anzichè con raccomandata con avviso di ricevimento), con la conseguenza che ove, come nel caso di specie, la parte destinataria di una cartella di pagamento contesti di averne ricevuto la notificazione (senza formalmente contestarne la conformità all’originale), l’Agente per la riscossione deve semplicemente dare prova di avere eseguito regolarmente questa notificazione (secondo le forme ordinarie o con messo notificatore ovvero mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento: cfr. Cass. n. 1906/08, n. 14327/09, n. 11708/11, n. 1091/13 e n. 21533 del 2017), senza necessità di produrre in giudizio la copia integrale della cartella di pagamento di che trattasi (v. Cass. n. 2790 del 2016, pag. 7), posto peraltro che nessuna norma prevede tale obbligo, nè ricollega alla sua omissione la sanzione di nullità della stessa e della relativa notificazione.

8. Con il secondo motivo di ricorso, con cui viene dedotta la violazione degli artt. 2953,2943,2944 e 2946 c.c., la ricorrente sostiene che aveva errato al CTR a ritenere prescritte le pretese tributarie.

9. Con il terzo motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame da parte dei giudici di appello delle date di notifica delle cartelle di pagamento, effettuate nel termine decennale di prescrizione e, per due di esse, ancor prima del decorso del termine quinquennale rispetto alla data di notifica della comunicazione di iscrizione ipotecaria, nonchè della domanda di rateizzazione avanzata dalla contribuente.

10. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi tra loro, sono fondati.

11. Al riguardo, ricordato che, secondo Cass., Sez. U., n. 23397 del 2016, la mancata impugnazione degli atti impositivi/esecutivi rende irretrattabili i crediti d’imposta, senza incidere sul relativo termine prescrizionale, che è quello ordinario decennale, come per l’IVA (Cass. n. 8256 del 2019, non massimata, e la giurisprudenza ivi richiamata), per l’IRPEF (Cass. n. 9906 del 2018) e per l’IRAP (Cass. n. 1543 del 201), salvo che non sia per essi espressamente previsto ex lege un termine inferiore (quello breve quinquennale per i tributi quali TARSU ed ICI, ai sensi dell’art. 2948 c.c., n. 4), deve osservarsi che, stante la regolarità delle notifiche delle cartelle di pagamento impugnate, come si è detto esaminando il primo motivo di ricorso, alla contribuente era consentito soltanto dedurre vizi propri della comunicazione di iscrizione ipotecaria, in relazione alla quale neppure risulta dedotto il decorso del termine prescrizionale dalla notifica degli atti prodromici (cartelle di pagamento). Peraltro, nel caso in esame, alla data del 08/01/2015, di notifica della comunicazione di iscrizione ipotecaria, la prescrizione non era compiuta con riferimento a nessuna delle cartelle impugnate, la prima delle quali notificata in data 03/11/2005, le altre tra il 2009 ed il 2012.

12. In ogni caso, nella specie è pacifico che la contribuente presentò un’istanza di rateizzazione (riprodotta nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza) con riferimento alle cartelle di pagamento impugnate con la conseguenza che, “se è vero che di per sè in materia tributaria, non può costituire acquiescenza da parte del contribuente l’avere chiesto ed ottenuto, senza riserva alcuna, la rateizzazione degli importi indicati nelle cartelle di pagamento, nondimeno il riconoscimento del debito comporta in ogni caso l’interruzione del decorso del termine di prescrizione e si pone quindi in maniera incompatibile con l’allegazione del contribuente di non avere ricevuto notifica delle cartelle” (Cass., n. 16098 del 18/06/2018 che richiama Cass. sez. 1, 19 giugno 1975, n. 2436), cui rimane soltanto la possibilità di contestare l’an della pretesa tributaria, sempre che non siano scaduti (come nella specie) anche i termini per la proposizione dell’impugnazione avverso le cartelle.

13. In estrema sintesi, alla stregua di tutte le considerazioni svolte, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con decisione nel merito, non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere, con rigetto dell’originario ricorso della contribuente e con condanna della stessa, rimasta soccombente, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, mentre vanno compensate le spese dei giudizi di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della controricorrente che condanna al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensando le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 09 giugno 2020.

Depositato in cancelleria il 30 settembre 2020

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