LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1171-2019 proposto da:
M.D., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE FOGLIA;
– ricorrente –
contro
BPER CREDIT MANGEMENT SC SPA nella qualità di mandataria della BPER BANCA SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 76, presso lo studio dell’avvocato CARLO MACCALLINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO ROCCO;
– controricorrente –
contro
MA.MA.RO., M.G., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE FOGLIA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2729/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 17/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GORGONI MARILENA.
RILEVATO
che:
M.D. ricorre per la cassazione della sentenza n. 2729-2017 della Corte d’Appello di Bologna, pubblicata il 17 novembre 2017, articolando tre motivi, illustrati con memoria.
Resiste con controricorso BPER Credit Management Sc.P.A.
Propongono controricorso adesivo M.G. e Ma.Ma.Ro..
La ricorrente espone in fatto di essere stata convenuta in giudizio, insieme con M.G. e Ma.Ma.Ro., dinanzi al Tribunale di Parma, dalla BPER, per ottenere la dichiarazione di nullità e, in subordine, di inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto del 26 gennaio 2017 con cui aveva acquistato, da M.G. e da Ma.Ma.Ro., l’immobile sito in ***** in Parma, per il corrispettivo di Euro 200.000,00.
L’attrice deduceva di essere creditrice degli alienanti per effetto della fideiussione da essi prestata a garanzia della ***** S.a.s., dichiarata fallita; faceva rilevare che detti alienanti avevano continuato a detenere l’immobile venduto, che tra acquirente ed alienanti esisteva un rapporto di parentela, che il pagamento del prezzo era avvenuto circa tre mesi prima della stipulazione dell’atto notarile, che l’acquirente, in quanto zia di M.G., conosceva la situazione debitoria del nipote e di sua moglie, che gli alienanti erano a conoscenza della irreversibile crisi della società garantita, atteso che la famiglia M. aveva una posizione di controllo, attraverso varie società, della *****, che l’atto pregiudizievole era stato posto in essere dopo il sorgere del credito.
Costituitisi in giudizio, i convenuti chiedevano il rigetto della domanda attorea. M.D., in particolare, negava di essere a conoscenza della situazione debitoria dei nipoti e delle difficoltà della *****, chiariva che il perfezionamento della vendita non era stato contestuale al pagamento del corrispettivo per sue ragioni di salute, che non aveva preteso l’immediata consegna del bene per aiutare il nipote, che il corrispettivo della vendita era congruo.
I coniugi M.- Ma. eccepivano l’intervenuta decadenza di qualsiasi garanzia personale ex artt. 1956 e 1957 c.c., affermavano di essere venuti a conoscenza della situazione finanziaria della società garantita, di cui il figlio era amministratore, solo dopo il pagamento del corrispettivo, che il corrispettivo ottenuto dalla compravendita era stato versato nelle casse della *****, essendosi costituiti fideiussori anche nei riguardi di altri istituti di credito.
Il Tribunale di Parma respingeva la domanda attorea e compensava tra le parti le spese di lite.
La Corte d’Appello di Bologna, investita del gravame in via principale dalla BPER e, in via incidentale, dai convenuti, quanto alla compensazione delle spese di lite, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, accoglieva l’appello principale e respingeva quello incidentale. Poneva le spese di lite a carico degli appellati.
Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., anche in relazione all’art. 104 c.p.c., comma 1. Assoluta carenza di motivazione nonchè motivazione apparente circa un fatto controverso decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 2-3 e art. 360 c.p.c., n. 5)”
Oggetto di censura è il rigetto degli appelli incidentali, motivato con l’accoglimento della domanda revocatoria senza tenere in alcun conto che in via principale la BPER aveva agito per far dichiarare simulato l’atto di alienazione e che su tale domanda rigettata dal giudice di prime cure si era formato il giudicato. Perciò la Corte d’Appello, rigettando l’appello incidentale sulla compensazione delle spese di lite, avrebbe violato il principio della soccombenza. Nè ricorrevano gli estremi per ritenere assorbita la domanda di simulazione, perchè la domanda di simulazione e quella di revocazione, dichiarativa la prima, costitutiva la seconda, avrebbero presupposti, causa petendi e petitum diversi.
Il motivo è inammissibile, perchè l’appello incidentale è predicato come relativo alla compensazione delle spese disposta in primo grado, ma è evidente la valutazione di soccombenza a carico degli stessi appellanti incidentali.
2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata per “violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c., e dell’art. 2729 c.c., comma 1, anche in relazione all’art. 2697 c.c., e agli artt. 115 e 116 c.p.c.”.
Secondo la ricorrente il giudice a quo, ritenendo provata tramite presunzione da parte della BPER la ricorrenza della scientia fraudis, avrebbe violato i principi di gravità, concordanza e precisione, avendo assunto quale antecedente logico-giuridico del ragionamento inferenziale non dei fatti, ma delle opinioni o illazioni presupposizioni (tempi e modalità di pagamento del corrispettivo tramite assegni, l’intestazione degli assegni alla società creditrice, la conoscenza delle difficoltà finanziarie della *****, la retentio possessionis, la conoscenza del credito del nipote per aver fatto da garante alla *****), compiendo un salto logico tra l’antecedente ed il factum probandum.
Il motivo è inammissibile.
E’ vero che è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma, n. 3, la decisione che attribuisca valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici, cioè su mere congetture o ipotesi non fondate sull’id quod plerumque accidit o regole generali prive di una sia pur minima plausibilità invece che su vere e proprie massime di esperienza (cfr. Cass. 15/03/2018, n. 6387), ma erra la ricorrente ad assumere nel caso in esame che al giudice a quo debba rimproverarsi di averlo fatto.
Innanzitutto, emerge con evidenza che tutta l’argomentazione difensiva della ricorrente si basa sull’assunto che dalle allegazioni prese in esame dalla Corte d’Appello fosse possibile giungere ad un diverso esito, omettendo di considerare che la valutazione degli indizi costituisce un giudizio di fatto, come tale rimesso al giudice di merito che ben può nel suo apprezzamento liberamente valutarli quand’anche si tratti di atti di parte – come idonei alla dimostrazione di un fatto determinato e porli, in concorso o meno con altri elementi significativi, a base del proprio convincimento (Cass. n. 6387/2018, cit.). Le differenti possibili valutazioni degli indizi attengono dunque al piano dell’apprezzamento di meritor e sono incompatibili con il giudizio di legittimità, a questa Corte spettando soltanto la verifica della correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute (senza che ciò possa tradursi in un nuovo accertamento ovvero nella ripetizione dell’esperienza conoscitiva propria dei gradi precedenti), nonchè il sindacato sulle massime di esperienza adottate nella valutazione delle risultanze probatorie, dovendosi il sindacato di questa Corte limitare a verificare che il giudice di merito non abbia con le massime di esperienza confuso quelle che sono invece delle mere congetture (cfr., ex plurimis, Cass. 21/07/2020, n. 15454; Cass. 25/06/2020, n. 12552).
Le massime di esperienza sono definizioni o giudizi ipotetici di contenuto generale, indipendenti dal caso concreto sul quale il giudice è chiamato a decidere, acquisiti con l’esperienza, ma autonomi rispetto ai singoli casi dalla cui osservazione sono dedotti ed oltre i quali devono valere; tali massime sono adoperabili come criteri di inferenza, vale a dire come premesse maggiori dei sillogismi giudiziari (Cass. 27/7/2017, n. 18665).
Costituisce invece una mera congettura, in quanto tale inidonea ai fini del sillogismo giudiziario, tanto l’ipotesi non fondata sull’id quod plerumque accidit, insuscettibile di verifica empirica, quanto la pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (Cass. 13/11/2018, n. 29163; Cass. 04/05/2018, n. 10748).
Dell’esercizio dei suoi poteri il giudice è in ogni caso tenuto a dare debitamente conto, con motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici, non essendogli consentito pervenire ad apodittiche ed immotivate conclusioni (cfr. Cass. n. 6387/2018, cit.; Cass., 21/12/2017, n. 30656).
Orbene, i suindicati principi non risultano disattesi dall’impugnata sentenza, che ha inserito in un quadro di valutazione unitario i fatti allegati – trasferimento del bene dopo tre mesi dal versamento del corrispettivo alla società facente capo al nipote dell’acquirente, figlio dei venditori che versava in una situazione di crisi di liquidità, la coincidenza temporale dell’atto dispositivo con il precipitare della situazione di crisi della *****, indebitata con più istituti bancari che ricorreva al credito facendosi anticipare denaro a fronte di fatture rivelatesi false, la gravità della situazione finanziaria della ***** che aveva inviato agli istituti bancari, suoi creditori, una lettera circolare contenente una proposta concordataria, la data di registrazione del rogito notarile, stipulato lo stesso giorno dell’emissione del decreto ingiuntivo nei confronti dei debitori, l’appartenenzà e la riferibilità della *****, debitrice principale, alla famiglia M., atteso che gli alienanti avevano rivestito le cariche di Presidente e di Consigliere di amministrazione, che il loro figlio ne era divenuto amministratore, che l’acquirente non aveva allegato una plausibile ragione alla base della decisione di acquistare il bene, che l’immobile era rimasto nella disponibilità gratuita degli alienanti – pervenendo alla conclusione che i venditori si erano spogliati dell’unico bene presente nel loro patrimonio allo scopo di sottrarlo alle imminenti aggressioni da parte dei creditori. La censura della ricorrente non può essere accolta da questa Corte regolatrice, perchè, sebbene introdotta attraverso la denuncia di un error in iudicando, ciò che nella sostanza viene richiesto è una rivalutazione dei fatti che hanno portato il giudice a quo a decidere – in senso evidentemente a lei sgradito – per la revocabilità dell’atto di compravendita. La critica al ragionamento presuntivo siccome prospettata si è risolta in un tentativo di evidenziare che le circostanze fattuali assunte a base del ragionamento inferenziale avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo. Tale censura, così come quella che si limiti a prospettare “una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito (…) si risolve in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti, e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e si pone su un terreno che non è quello dell’art. 360 c.p.c., n. 3" (Cass., Sez. Un., 24/01/2018, n. 1785).
3. Con il terzo motivo la ricorrente imputa al giudice a quo l'”omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 c.p.c., n. 5)”.
La sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto di quanto emerso dalle prove testimoniali circa la mancata conoscenza dello stato di decozione di ***** da parte dei coniugi M.- Ma. e, di conseguenza, da parte della ricorrente.
Il motivo è inammissibile, perchè sollecita anch’esso un diverso esito dell’accertamento fattuale che a questa Corte è precluso, non essendo giudice del fatto.
4. Ne consegue, anche tenendo conto della memoria della ricorrente, che non ha offerto argomenti convincenti in senso contrario – quanto al fatto che l’appellante incidentale fosse risultata soccombente, quanto alla ricorrenza di illazioni e mere opinioni assunte a base del ragionamento inferenziale, quanto, infine, all’ignoranza da parte di M.G. e Ma.Ma.Ro. delle difficoltà finanziarie della società garantita ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
5. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente principale ed i controricorrenti adesivi al pagamento delle spese a favore della controricorrente Banca Popolare Emilia Romagna, liquidandole in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2021
Codice Civile > Articolo 1956 - Liberazione del fideiussore per obbligazione futura | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1957 - Scadenza dell'obbligazione principale | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2697 - Onere della prova | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2727 - Nozione | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2729 - Presunzioni semplici | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2901 - Condizioni | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 91 - Condanna alle spese | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 116 - Valutazione delle prove | Codice Procedura Civile