LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 29979/2018 proposto da:
Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Mazzini n. 96, presso lo studio dell’avvocato Rossi Marina, rappresentata e difesa dall’avvocato Fumagalli Alberto, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Air Kosmo S.r.l., Import Export La Minerva s.a.s., Latasped S.r.l., Cad Mollica S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Corso Vittorio Emanuele 1 II n. 187, presso lo studio dell’avvocato Giordano Massimo, che le rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– controricorrenti –
e sul ricorso successivo:
Air Kosmo S.r.l., Import Export La Minerva s.a.s., Latasped S.r.l., Cad Mollica S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 187, presso lo studio dell’avvocato Giordano Massimo, che le rappresenta e difende, giuste procure a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Mazzini n. 96, presso lo studio dell’avvocato Rossi Marina, rappresentata e difesa dall’avvocato Fumagalli Alberto, giusta procura in calce al ricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1370/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, pubblicata il 20/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/11/2020 dal cons. DI MARZIO MAURO.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. – Air Kosmo S.r.l., Import Export La Minerva S.a.s., Latasped S.r.l., Cad Mollica S.r.l., hanno, in estrema sintesi, agito, unitamente ad altre società, la cui posizione è stata però in seguito oggetto di provvedimenti di separazione di cause, nei confronti di Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a., affermando di svolgere servizi di assistenza nel settore della spedizione di merci, con particolare riferimento alle operazioni doganali, al fine di sentir accertare che la convenuta, abusando della propria posizione dominante, aveva applicato, a corrispettivo della subconcessione di spazi ad uso ufficio, all’interno degli aeroporti di Malpensa e Linate, tariffe eccedenti la previsione dettata da un provvedimento dell’ENAC, il tutto con condanna alla restituzione di quanto corrisposto oltre il dovuto.
2. – Secondo Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a., viceversa, sempre in breve, la tariffa prevista dal menzionato provvedimento concerneva la subconcessione di spazi per l’esercizio di attività di handling aeroportuale, attività che le attrici non risultavano svolgere, con conseguente applicazione dei corrispettivi stabiliti nei contratti intercorsi tra le parti. Inoltre la tariffa in questione non era applicabile anche per ulteriori ragioni ed il credito fatto valere era comunque in parte prescritto. Dopo di che la convenuta ha anche spiegato domanda riconvenzionale per la corresponsione di ulteriori corrispettivi.
3. – Il Tribunale ha accolto la domanda principale e accertato che Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a. aveva applicato tariffe per la subconcessione di spazi ad uso ufficio in violazione degli obblighi di legge nonchè dell’art. 102 TFUE:, dell’art. 2597 c.c. e della L. n. 192 del 1998, art. 9; ha dichiarato nulle le tariffe applicate per la misura eccedente rispetto ai criteri stabiliti dall’art. 16, comma 3, della direttiva 96/67/CE e della relativa normativa di attuazione interna, condannando infine la convenuta al pagamento delle somme dovute a ciascuna delle attrici.
4. – Interposto appello da Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a. la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 20 marzo 2018, pronunciando in parziale accoglimento dell’impugnazione, ha ridotto l’entità della condanna di Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a. alla restituzione, in favore delle società appellate, originarie attrici, delle somme da queste corrisposte in eccesso.
5.- Per la cassazione della sentenza Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a. ricorre affidandosi ad undici mezzi.
6. – Air Kosmo S.r.l., Import Export La Minerva S.a.s., Latasped S.r.l., Cad Mollica S.r.l. hanno resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale per dieci mezzi.
7. – Con decreto del 7 agosto 2019, numero 21041, il Presidente della prima sezione civile ha dichiarato estinto il giudizio di cassazione per rinuncia, limitatamente al ricorso principale proposto da Società per azioni Esercizi Aeroportuali S.E.A. nei confronti di Latasped s.r.l. e al ricorso incidentale proposto da Latasped s.r.l. nei confronti di Società per azioni Esercizi Aeroportuali S.E.A, con compensazione delle spese processali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
8. – Il ricorso di Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a. contiene i seguenti motivi:
i) Difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1). Si è andato recentemente consolidando un orientamento giurisprudenziale che devolve alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie riguardanti le controversie, anche in materia antitrust, riguardanti i corrispettivi regolamentati applicati dal gestore aeroportuale.
ii) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att., e art. 111 Cost., per motivazione apparente (art. 360 c.p.p., comma 1, n. 4). La Corte d’Appello ha motivato in modo solo apparente la decisione di rigettare la censura di SEA riguardante l’inutilizzabilità del provvedimento dell’AGCM A 377 quale prova privilegiata nel presente giudizio dell’abuso di posizione dominante da parte di SEA.
iii) Nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 e 116 c.p.c., in relazione all’utilizzabilità del provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato quale prova privilegiata nel giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Ancora in relazione alla decisione di attribuire il valore di prova privilegiata al provvedimento dell’AGCM, la Corte ha inoltre violato gli artt. 132 e 116 c.p.c., così come interpretati dalla giurisprudenza, avendo attribuito al provvedimento sopra richiamato il valore di prova privilegiata nonostante lo stesso riguardasse altra fattispecie, altri soggetti e quindi non fosse utilizzabile nel presente giudizio.
iv) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Sull’errato presupposto dell’esistenza di una prova privilegiata costituita dal provvedimento dell’AGCM, la Corte d’Appello, confermando la decisione del Tribunale, ha ritenuto dimostrati gli elementi costitutivi della (denegata) condotta anticoncorrenziale di SEA che, diversamente, sarebbe stato onere delle controparti provare. Ciò, per altro verso, ha comportato un’indebita inversione dell’onere della prova a carico di SEA.
v) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att., e art. 111 Cost., per motivazione apparente (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Nel giudizio di appello SEA ha dedotto plurime ragioni di diritto e di fatto a fondamento della richiesta di riforma della sentenza di primo grado in relazione al profilo della affermata non indispensabilità della certificazione ENAL per l’esercizio dell’attività di handling e della affermata sussumibilità dell’attività svolta dalle controparti in quelle di cui al D. Lgs 18/99. La Corte d’appello ha assunto una motivazione solo apparente in quanto si è limitata a riprendere pressochè pedissequamente una parte della sentenza di primo grado senza fornire alcuna ulteriore ragione a spiegazione della decisione di rigettare le doglianza di SEA delle quali ha dato conto in modo molto parziale.
vi) Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 18 del 1999, artt. 2, 7, 10, 13, All. A, e degli artt. 2,4, 16 della Direttiva CE 96/67, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 70 Cost., e art. 117 Cost., comma 1, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2907 c.c., violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 250 del 1997, art. 2, violazione e/o falsa applicazione del Reg. CE 2913/92 e reg. attuativo 2454/93 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La Corte d’Appello ha violato la normativa nazionale e comunitaria sull’handling ritenendola applicabile, con un’inammissibile interpretazione analogica, alle controparti che sono prive dei requisiti necessari, e che non svolgono attività di assistenza a terra, attribuendo alle stesse il diritto di vedersi applicati i corrispettivi regolamentati per l’uso degli uffici previsti dalle medesime norme. Inoltre, la Corte d’Appello, nel ricondurre le attività svolte dalle controparti all’interno della predetta normativa, ha esercitato un potere discrezionale amministrativo che compete esclusivamente ad ENAC.
vii) Nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 c.p.c., 118 disp. att. e 111 Cost. per motivazione apparente in relazione al motivo d’appello riguardante la sussistenza di condotte discriminatorie e abusive e l’inapplicabilità degli art. 1419 e 1339c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. A fronte delle censure di SEA circa l’erroneità della sentenza di primo grado che aveva affermato l’esistenza di un abuso di posizione dominante e di condotte discriminatorie sulla base del provvedimento dell’AGCM e dell’applicabilità della normativa sull’handling e relative anche all’inapplicabilità nel presente giudizio del meccanismo di sostituzione delle norme di cui agli artt. 1339 e 1419 c.c., e le ragioni per le quali non fosse corretta l’individuazione compiuta dal Tribunale del corrispettivo da sostituire all’interno del contratto tra le parti, la Corte d’Appello si è limitata a ricopiare pressochè pedissequamente una parte di sentenza di primo grado senza aggiungere alcuna altra osservazione o ragione, privando così SEA di un vero riesame della questione, e di fatto, del secondo grado di giudizio.
viii) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1339,1418,1419 e 2597 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Con questo motivo SEA, fermo restando il precedente motivo di ricorso, esamina le ragioni per le quali la Corte di Appello, nel confermare la decisione del Tribunale di ritenere che la condotta addebitata a SEA sia rilevante anche sul piano contrattuale e di provvedere alla sostituzione del prezzo stabilito nei contratti tra SEA e le controparti con quello indicato da ENAC nella nota del 2007, ha compiuto una violazione e falsa applicazione degli artt. 1339,1418 e 1419 e 2597 c.c..
ix) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att., e art. 111 Cost., per motivazione apparente in relazione al motivo d’appello riguardante l’inesistenza di abuso di dipendenza economica in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La Corte d’Appello ha rigettato il motivo d’appello riguardante l’inesistenza di abuso di dipendenza economica con un ragionamento totalmente involuto tale da qualificare la motivazione come solo apparente.
x) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., degli artt. 14 e 16 della Direttiva 96/67/CE, del D.Lgs. n. 18 del 1999, artt. 10 e 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La Corte d’Appello ha addebitato a SEA una responsabilità extracontrattuale senza indagare l’esistenza dell’elemento soggetto del dolo o della colpa richiesto dall’art. 2043 c.c.. Nel caso che ci occupa il dolo non è maai stato affermato e la colpa è esclusa dal fatto che SEA si è limitata a dare applicazione a quanto previsto dalla Direttiva 96/67/Ce e dal D.Lgs. n. 18 del 1999.
xi) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att., e art. 111 Cost., per omessa motivazione in relazione al motivo d’appello riguardante l’illegittima estensione delle domande da parte di Air Kosmo e La Minerva in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La Corte d’Appello non ha in alcun modo esaminato e deciso la censura di SEA relativa all’implicito rigetto dal parte del Tribunale dell’eccezione tempestivamente sollevata da SEA circa l’illegittima estensione da parte di La Minerva e di Air Kosmo dell’oggetto delle proprie domande rispetto a quelle proposte nell’atto di citazione, in aperto contrasto con il combinato disposto dell’art. 163 c.p.c., e art. 183 c.p.c., ribadendo le ragioni poste a sostegno della propria eccezione.
9. – Il ricorso di Air Kosmo S.r.l., Import Export La Minerva s.a.s., Cad Mollica S.r.l. contiene motivi concernenti i seguenti aspetti:
-) prescrizione tardivamente dedotta da Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a., ultrapetizione, riforma contra legem (primo motivo) e difetto di interesse ad agire (secondo motivo);
-) responsabilità contrattuale di Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a. (motivi da terzo ad ottavo);
-) individuazione del dies a quo della prescrizione quinquennale, conoscibilità e natura permanente dell’illecito imputabile a Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a. (nono e decimo motivo).
RITENUTO CHE:
10. – Va disposta la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite.
11. – Il primo motivo di Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a. denuncia infatti difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., art. 1, invocando un orientamento di questa Corte che si assume recentemente consolidatosi, il quale devolve alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie, anche in materia antitrust, riguardanti i corrispettivi regolamentati applicati dal gestore aeroportuale.
La ricorrente muove dalla premessa di essere “sempre stata convinta della sussistenza della giurisdizione del Giudice ordinario in materia di determinazione da parte del gestore aeroportuale dei corrispettivi per l’utilizzo di beni di uso esclusivo”, ma aggiunge che “in appello ha dovuto dare atto che, a seguito di eccezioni e ricorsi per regolamento di giurisdizione, si stava formando un orientamento circa la carenza di giurisdizione del giudice ordinario in controversie aventi ad oggetto corrispettivi richiesti dal gestore aeroportuale agli operatori che, viceversa, avevano eccepito la sussistenza di un abuso di posizione dominante e di condotte discriminatorie per non aver il gestore, sempre secondo gli operatori, correttamente applicato la direttiva 96/67/CE, il D.Lgs. n. 18 del 1999, le delibere Cipe e le note dell’ENAC”.
Il riferimento della ricorrente, in particolare, è al principio secondo cui: “Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. c), la controversia sul pagamento di somme a titolo di corrispettivo per la prestazione di servizi concernenti l’uso delle infrastrutture e dei beni di aerostazione, vertendosi in tema di liti su corrispettivi determinati in base a tariffe stabilite dalle stesse società titolari della gestione dei servizi, aventi natura di organismi di diritto pubblico, che, anche quando siano a capitale integralmente privato, sono investite, quali sub concessionarie e sub gestori delle infrastrutture di aeroporto, ai sensi del D.Lgs. n. 18 del 1999, attuativo della direttiva 96/67/CE, delle facoltà e dei diritti riconducibili al rapporto pubblicistico di concessione del bene, in merito alla erogazione, sotto vigilanza E.N. A.C., dell’attività di interesse generale di assistenza a terra” (Cass., Sez. Un., 31 maggio 2017, n. 13723).
12. – Ora, ferma la regola, stabilita dall’art. 374 c.p.c., comma 1, secondo cui: “La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nell’art. 360, n. 1”, l’unica eccezione normativamente contemplata, in presenza della quale il ricorso può essere assegnato alle sezioni semplici, consiste in ciò, che “sulla questione di giurisdizione proposta si sono già pronunciate le sezioni unite”, i.e. – sembra potersi dire – ove il motivo in punto di giurisdizione, vertendo su questione già risolta dalle sezioni unite, risulti essere in definitiva per questo manifestamente fondato-infondato, se non inammissibile, in caso in cui il giudice di merito si sia conformato sulla questione di giurisdizione alla giurisprudenza delle sezioni unite, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.
Sembra tuttavia al Collegio che, dinanzi al motivo spiegato in questa sede, ed in presenza di una constatata prassi, invalsa presso le sezioni semplici, di cui subito si darà conto, occorra altresì interrogarsi se residui, in favore di queste, ed in quale eventuale misura, la facoltà di scrutinare, oltre che la manifesta fondatezza-infondatezza (o inammissibilità ex art. 360 bis, n. 1) della questione, perchè già decisa, eventuali ulteriori profili di inammissibilità dei “motivi attinenti alla giurisdizione” di volta in volta spiegati.
Ed invero, nel caso in esame, il motivo di giurisdizione proposto da Esercizi Aeroportuali S.E.A. S.p.a. presenta come astrattamente prospettabili almeno due profili di ipotetica inammissibilità:
-) sia perchè non autosufficiente, giacchè l’osservanza del principio di autosufficienza, desumibile dall’art. 366 c.p.c., n. 6, è richiesta anche per la formulazione del motivo di cui al numero 1 dell’art. 360 c.p.c., quantunque la Corte, quando decide una questione di giurisdizione, sia anche giudice del fatto, ivi compreso il fatto processuale (p. es. Cass., Sez. Un., 5 novembre 2019, n. 28332), dal momento che il ricorso non pare chiarire quando e come l’eccezione di difetto di giurisdizione sarebbe stata sollevata nel corso del giudizio di merito, tanto più che di essa non sembra esservi nella sentenza impugnata alcuna traccia, con conseguente ipotizzabile novità di essa (sull’inammissibilità delle questioni non trattate nella sentenza impugnata, in difetto di autosufficienza, v. p. es. Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675);
-) sia per essere coperta la questione da giudicato interno, non risultando formulata, alla stregua di quanto riferito in ricorso, l’eccezione con l’atto d’appello, dopo che il primo giudice aveva accolto, sostanzialmente in pieno, la domanda attrice, riconoscendo dunque implicitamente la sussistenza della propria giurisdizione, avuto riguardo al principio secondo cui il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo (p. es. Cass., Sez. Un., 27 aprile 2018, n. 10265).
Ciò detto, è ben comprensibile il principio, quantunque datato, secondo cui: “Nel caso in cui la sentenza di appello declinatoria della giurisdizione del giudice ordinario sia stata impugnata con ricorso per cassazione unicamente per violazione del giudicato interno che si assume essersi formato sulla contraria affermazione del giudice di primo grado, la decisione del ricorso per cassazione non va rimessa alle sezioni unite, in quanto, sia nell’ipotesi di fondatezza che in quella d’infondatezza dell’impugnazione, si tratta non di esaminare la questione di giurisdizione ma solo di verificare la sussistenza del giudicato interno” (Cass. 14 aprile 1998, n. 3778). In effetti, in un simile frangente la sezione semplice è direttamente posta dinanzi non ad un motivo attinente alla giurisdizione, bensì, appunto, ad un motivo – come tale formulato dal ricorrente – avente ad oggetto il formarsi del giudicato: sicchè la sezione semplice, decidendo sul motivo, non statuisce su un motivo attinente alla giurisdizione.
Diverso è il caso in cui il motivo investa direttamente la sussistenza della giurisdizione del giudice adito, e la Corte di cassazione ne rilevi, eventualmente d’ufficio, l’inammissibilità, per essersi sul punto formato il giudicato: giacchè, in tale ipotesi, la sezione semplice, nel dichiararne l’inammissibilità, decide su un motivo attinente alla giurisdizione, che l’art. 374 c.p.c., riserva invece di regola alle sezioni unite.
E’, questa, ad esempio, la combinazione che si rinviene in Cass. 5 luglio 2019, n. 18176, resa su ricorso proposto tra l’altro proprio dalla Società per Azioni Esercizi Aeroportuali Sea, in controversia non dissimile dall’attuale. In tal caso è stato osservato che: “Sulla questione di giurisdizione si è formato il giudicato interno poichè non è stata proposta formale eccezione di difetto di giurisdizione nel primo e nel secondo grado di giudizio di merito e soprattutto la ricorrente SEA non ha impugnato sul punto la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano che, implicitamente ravvisata la propria giurisdizione, aveva deciso nel merito… Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ormai consolidata, il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione L’esistenza di un orientamento consolidato delle Sezioni Unite consente ex art. 374 c.p.c., comma 1, la pronuncia della sezione semplice”.
In effetti, però, la soluzione, che ha per un verso l’indubitabile pregio della semplificazione, così da evitare l’aggravio del flusso dei ricorsi diretti alle sezioni unite, non pare per altro verso esattamente perspicua, giacchè, se è pur vero che vi è senz’altro un noto ed ampiamente consolidato indirizzo delle sezioni unite in ordine al formarsi del giudicato implicito sulla giurisdizione, è altrettanto vero che detto indirizzo non sembra investire una questione di giurisdizione, bensì una questione afferente al significato dell’art. 37 c.p.c., ossia al sistema di rilevazione del difetto di giurisdizione, e, cioè, non pare riconducibile alla previsione dell’art. 374 c.p.c., comma 1, secondo cui il ricorso può essere assegnato alle sezioni semplici se sulla questione di giurisdizione proposta si sono già pronunciate le sezioni unite.
E cioè, qui le sezioni unite, a fronte dell’eccezione proposta, si sono sì pronunciate sulla questione di giurisdizione sollevata, ma con il principio di cui si è già detto, affermato da Cass., Sez. Un., 31 maggio 2017, n. 13723, ed invocato dalla ricorrente principale: il che, in disparte ogni valutazione sulla pertinenza del principio al caso in esame, consentirebbe alla sezione semplice, nel quadro di applicazione dell’art. 374 c.p.c., di accogliere-respingere il motivo, in applicazione di quel principio, a seconda del riscontro se il giudice di merito non si sia oppure si sia conformato all’insegnamento delle sezioni unite. Altra cosa, viceversa, è che la questione di giurisdizione sia o non sia coperta da giudicato.
Ciò detto, occorre constatare che la soluzione adottata da Cass. 5 luglio 2019, n. 18176, non è affatto isolata, ma si rinviene in numerose decisioni, che peraltro è impossibile elencare con anche solo tendenziale completezza, trattandosi di un fenomeno per così dire carsico, che non può non sfuggire ad un’ordinata massimazione, sicchè, solo a titolo di esempio possono menzionarsi Cass. 4 agosto 2017, n. 19498, nella quale si osserva, secondo una prospettiva in parte diversa, rispetto alla decisione già citata, che: “La censura è esaminabile da questa Sezione semplice, in quanto “per la rimessione della causa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ai sensi dell’artt. 374 c.p.c., non è sufficiente la mera prospettazione di una questione di giurisdizione se questa appare ictu oculi pretestuosa o, comunque, erronea” (Cass. n. 12561/2004; cfr. Cass. n. 3548/10) ovvero inammissibile (come nei casi esaminati da Cass. n. 17046/2013 e da Cass. n. 22097/2013)”. Ancora a mero titolo di esempio, in Cass. 22 maggio 2019, n. 13750, parimenti è stabilito che: “Non avendo la ricorrente trascritto i motivi di appello con cui avrebbe proposto l’eccezione di carenza di giurisdizione e non risultando dalla pronuncia impugnata le doglianze sollevate con il gravame, le censure soggiacciono alla declaratoria di inammissibilità”. Il giudicato implicito è poi rilevato, per i fini della dichiarazione di inammissibilità del motivo attinente alla giurisdizione, da Cass. 10 luglio 2013, n. 17054, come pure da Cass. 26 settembre 2013, n. 22097.
Come emerge in parte anche dalle decisioni richiamate, sembra che l’inammissibilità del motivo attinente alla giurisdizione, rilevabile dalla sezione semplice, possa discendere non soltanto dalla circostanza che sul punto si sia formato il giudicato interno, ma anche da altri fattori, quali, tra gli altri, l’osservanza dei requisiti di cui all’art. 366 c.p.c.: ove si consideri che detta norma si riferisce al ricorso per cassazione in generale e senza distinzioni, e, dunque, a tutti i motivi elencati dall’art. 360 c.p.c., ivi compreso il numero 1.
Orbene, ritiene il Collegio, considerate anche le dimensioni cospicue del fenomeno, che l’individuazione dei limiti esatti entro i quali le sezioni semplici, senza investire le sezioni unite, possono statuire su motivi attinenti alla giurisdizione, dichiarandone l’inammissibilità (se nel solo caso del formarsi del giudicato interno, ovvero anche in altri casi di inammissibilità), in riferimento alla espressa previsione dettata dall’art. 374 c.p.c., comma 1, debba essere affidato, al fine di fugare ogni possibile incertezza, appunto alle sezioni unite.
P.Q.M.
dispone la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2021
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