LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE t
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3980-2020 R.G. proposto da:
T.A., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dagli avv. Nicola L. de RENZIS SONNINO e prof.
Laura CATALDI, ed elettivamente domiciliato in Roma alla via Fabio Massimo, n. 107, presso lo studio legale dell’avv. Roberto Luca LOBUONO TAJANI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– resistente –
avverso la sentenza n. 403/08/2019 della Commissione tributaria regionale della SARDEGNA, Sezione staccata di SASSARI, depositata in data 11/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Dott. LUCIOTTI Lucio.
RILEVATO
che:
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento per IVA, IRPEF ed IRAP per l’anno d’imposta 2004 con cui l’amministrazione finanziaria recuperava a tassazione nei confronti di T.A. i versamenti per complessivi 133.000,00 Euro in conto finanziamento infruttifero soci che quest’ultimo aveva effettuato a favore della G.I.T.I. s.r.l., di cui era socio, con la sentenza impugnata la CTR rigettava l’appello del contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo, quanto all’invalidità dell’atto impositivo per difetto di sottoscrizione, che, dalla delega prodotta in giudizio dall’Agenzia delle entrate (ordine di servizio n. 1 del 14/01/2008), l’atto risultava “firmato da impiegato della carriera direttiva delegata dal Direttore dell’Ufficio” nel limite di valore di 100.000,00 Euro attribuito al delegato, dovendosi scomputare dall’importo complessivamente accertato quello per contributi previdenziali; quanto alla pretesa erarIale, che la documentazione prodotta dal contribuente a prova della non riconducibilità a sé delle somme versate in favore della società, non poteva essere utilizzata “in quanto prodotta solo in sede contenziosa”, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e che, comunque, “ai rilievi, contestati cori l’avviso di accertamento impugnato, il contribuente ha contrapposto generiche argomentazioni senza il sostegno di documentazione che, al di là della richiamata preclusione, apparisse idonea a supportare le proprie difese”.
2. Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui non replica per iscritto l’intimata, che si costituisce al solo fine di partecipare all’eventuale udienza pubblica.
3. Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale, all’esito del quale il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Il primo motivo di ricorso, con cui il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, è incentrato sulla nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, sub specie di motivazione apparente, là dove la CTR ha affermato che “ai rilievi, contestati con l’avviso di accertamento impugnato, il contribuente ha contrapposto generiche argomentazioni senza il sostegno di documentazione che, al di là della richiamata preclusione, apparisse idonea a supportare le proprie difese”, senza fornire adeguata giustificazione delle conclusioni cui è pervenuta.
2. Il motivo è fondato e va accolto.
3. Invero, la motivazione posta a sostegno della decisione impugnata, come sopra trascritta, deve ritenersi gravemente carente e al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830-01), in quanto i giudici di merito si sono limitati ad indicare soltanto il risultato conclusivo del giudizio valutativo dei fatti dimostrati in giudizio, senza, tuttavia, evidenziare le premesse logiche ed il discorso argomentativo attraverso il quale è stato possibile pervenire a tali conclusioni. Nel formulare una statuizione meramente assertiva, in cui si risolve l’affermazione secondo cui nella specie la documentazione prodotta dal contribuente non “apparisse idonea a supportare le proprie difese”, i giudici di appello omettono di specificare non solo a quale documentazione abbia fatto riferimento ma soprattutto la valenza dimostrativa della stessa.
4. In definitiva quello in esame è un tipico esempio di abdicazione all’obbligo imposto al Giudice di rappresentare compiutamente gli elementi di fatto e le ragioni sui quali si è formato il proprio convincimento. Se, infatti, non appare dubbio che spetti in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni -, tale attività di giudizio deve, tuttavia, trovare supporto in argomenti la cui esternazione, nell’apparato motivazionale che sorregge il decisum, indispensabile ai fini del controllo giurisdizionale, deve rispondere ai canoni di coerenza logica interna al discorso, segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (anche dopo la riforma del 2012 e nei limiti individuati dalla già citata pronuncia di Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), non potendosi di contro risolvere in un’affermazione apodittica e immotivata sulle risultanze istruttorie (v. Cass. n. 21801 del 2019).
5. E’ noto peraltro che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che, come nel caso in esame, contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).
6. Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).
7. Il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2 e 3, nonché commi 4 e 5, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, è incentrato sull’utilizzabilità, disconosciuta dalla CTR, della documentazione prodotta in giudizio dal contribuente.
8. Anche questo motivo è fondato posto che la statuizione impugnata si pone, sul punto, in contrasto con il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dal D.P.R. 29 settembre 2973, n. 600, art. 32, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull’Amministrazione, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (cfr. Sez. 5, Sentenza, 27/09/2013, n. 22126, Rv. 628934-01; Sez. 5, Sentenza, 10/01/2013 n. 453, Rv. 624:728-01; conf. n. 11765 del 26/05/2014 e n. 27069 del 27/12/2016)” (così, in motivazione, Cass. n. 26646 del 2020).
9. Infatti, nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate si era limitata a chiedere al contribuente, con l’invito a comparire n. 10050/2008, riprodotto in parte qua nel ricorso (pag. 3) “di giustificare e documentare in maniera adeguata la maggiore disponibilità di risorse manifestata negli anni 2003 e 2004”, senza né indicazione specifica della documentazione da produrre né avvertimento di una qualche conseguenza.
10. Il terzo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c. e art. 97 Cost., censurando la statuizione d’appello là dove ha escluso l’invalidità dell’avviso di accertamento per difetto di sottoscrizione, è infondato e va rigettato.
11. Invero, questa Corte ha affermato il principio, cui si è attenuta la CTR, secondo cui “La delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, è una delega di firma e non di funzioni: ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 8814 del 29/03/2019, Rv. 653352; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11013 del 19/04/2019, Rv. 653414).
12. Si è inoltre affermato che “In tema di accertamento tributario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 24, convertito dalla L. n. 44 del 2012” (Cass. n. 5177 del 2020).
13. In estrema sintesi, vanno accolti il primo e secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo, la sentenza impugnata va cassata con riferimento ai motivi accolti e la causa rinviata alla CTR territorialmente competente per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021