Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26368 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 265/2015 R.G. proposto da:

E.G., con l’avv. Massimiliano Di Vito, e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonietta Maria Toscano in Roma, Viale delle Milizie n. 96;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e contro

Equitalia Sud s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., C.C.I.A.A., in persona del legale rappresentante p.t., U.T.G.

Prefettura di Avellino, in persona del Prefetto p.t., e il Comune di Avellino, in persona del Sindaco p.t.;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, Napoli, n. 5061/04/14 pronunciata il 05 maggio 2014 e depositata il 22 maggio 2014, non notificata;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 08 luglio 2021 dal Co: Marcello M. Fracanzani.

RILEVATO

1. Il contribuente riceveva la notifica di un provvedimento con cui l’Agenzia della riscossione comunicava l’avvenuta iscrizione ipotecaria sull’intera proprietà di un immobile sito in *****, ricadente nella comunione legale dei beni del contribuente e della di lui moglie, e di cui i coniugi erano comproprietari. Detto immobile, in particolare, era stato attratto ad un fondo patrimoniale costituito dai coniugi in data ***** in favore delle figlie minori.

2. L’Agente della Riscossione procedeva all’iscrizione ipotecaria sulla scorta di plurime cartelle provenienti da diversi enti pubblici.

3. Il contribuente impugnava pertanto l’avviso di iscrizione lamentando, tra le varie censure, l’intangibilità del bene immobile siccome ricadente nel fondo patrimoniale, tanto più nella sua interezza tenuto conto che l’immobile era nella sua titolarità solo nella quota del 50%.

4. La Commissione tributaria provinciale, previa declaratoria del difetto di giurisdizione in ordine ai debiti connessi ai contributi previdenziali Inps e alle sanzioni connesse alla violazione del Codice della strada, accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo proporzionalmente l’ammontare dell’iscrizione ipotecaria, di tal via dichiarata legittima.

5. L’appello promosso dal contribuente non sortiva miglior esito, avendo la Commissione tributaria regionale confermato la decisione di primo grado.

6. Invoca lo scrutinio di legittimità il contribuente, affidandosi a due motivi di ricorso. Replica l’Avvocatura generale dello Stato con controricorso, mentre la parte privata ha depositata memoria in prossimità dell’adunanza.

CONSIDERATO

1. In primo luogo occorre dichiarare l’inammissibilità del controricorso dell’Avvocatura generale dello Stato per tardività. Invero, il ricorso è stato notificato all’Avvocatura in data 5-9 gennaio 2015, sicché la notifica del controricorso veniva a scadere in data 14-18 febbraio 2015, mentre il controricorso è stato consegnato per la notifica solo in data 24 febbraio 2015, sicché esso è inammissibile per tardività.

2. Con il primo motivo il contribuente avanza censura ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, all’art. 170 e ss., e all’art. 2808 c.c., all’art. 12 preleggi, e all’art. 53 Cost., nonché in relazione alla interpretazione fornita dalla Suprema Corte.

2.1 Segnatamente critica la sentenza, viziata sotto il profilo dell’extrapetizione, per aver la CTR fondato la decisione su fatti diversi da quelli risultanti dagli atti di causa quali, da un lato, l’aver affermato che le cartelle, portanti il debito tributario iscritto ad ipoteca, erano state notificate in data ***** e non opposte, come tali anteriori alla costituzione del fondo avvenuta in data ***** e, dall’altro, che l’iscrizione ipotecaria era legittima tenuto conto del fatto che il fondo patrimoniale era sorto per sottrarre fraudolentemente alla garanzia del creditore i beni ivi inseriti. Rispetto al primo punto il ricorrente specifica che solo una delle cartelle di Equitalia era stata notificata in data antecedente, essendo tutte le altre successive alla costituzione del fondo ed escluse quelle emesse per i tributi Inps, aventi natura non tributaria o fiscale. In relazione al secondo evidenzia invece che nella fattispecie in esame il contribuente non era stato imputato in alcun procedimento penale né era mai stata contestato accertata la natura fraudolenta o simulatoria dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale. Deduce inoltre violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, nonché dell’art. 170 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ivi lamentando, in particolare, che il debito fiscale era estraneo ai bisogni della famiglia.

Il motivo è parzialmente fondato.

3. Occorre premette che con il primo motivo il contribuente prospetta promiscuamente due diversi vizi di legittimità, con una tecnica espositiva che comunque supera il vaglio dell’ammissibilità avendo avuto il ricorrente cura di non accomunare gli stessi argomenti sotto una rubrica unica, bensì declinandoli in più paragrafi, sì da rendere agevole cogliere a quale vizio specifico si riferisca ciascun argomento.

3.1 Per ragioni di priorità logica è bene prendere le mosse del dedotto vizio di extra petizione, che appare fondato.

3.2 Secondo l’orientamento di questa Corte “il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica l’fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del “petitum” e della “causa petendi”, sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o ” causa petendi”), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum” mediato), così pronunciando tre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cass. n. 18868/2015, conf. tra le altre n. 28180/2017)…(…)… In ciò si concreta il vizio di extra petizione ex art. 112 c.p.c., a norma del quale il giudice deve pronunciare sulla domanda e nei limiti di essa, trovando il potere-dovere del giudice di interpretazione e qualificazione giuridica della domanda un limite nel principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, che gli impone di circoscrivere la decisione in relazione agli effetti giuridici che la parte vuole conseguire deducendo un certo fatto. La prospettazione della parte vincola pertanto il giudice a trarre, dai fatti esposti, soltanto l’effetto giuridico domandato, senza introdurne – come invece ha fatto la C.T.R. nella sentenza impugnata – diversi e ulteriori, così radicalmente modificando i termini della controversia (v. Cass. n. 21484 del 2007; Cass. n. 15383 del 2010; n. 26896 del 2014)” (Cfr. Cass., VI, n. 408/2018).

3.3 Nel caso di specie la CTR ha assunto, a motivo centrale del rigetto della doglianza inerente la declaratoria di illegittimità dell’iscrizione ipotecaria, tanto l’anteriorità delle cartelle quanto la sussistenza di una condotta delittuosa da parte del contribuente. Dal testo della sentenza risulta che la CTR abbia indicato un unico giorno (il *****) di notificazione delle cartelle, quale data però riconducibile alla sola cartella n. 01220010067982968 e notificata dall’Amministrazione finanziaria. Invero, dalle pagg. 2-3 del ricorso, nelle quali la parte ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, ha elencato tutte le cartelle oggetto di contestazione ivi avendo cura di specificare il numero di ciascuna di esse, la natura del debito e la data di notificazione, risulta che effettivamente tutte le altre cartelle fossero successive al *****, quale giorno di costituzione del fondo patrimoniale, eccezione fatta per quattro di esse, aventi ad oggetto i contributi INPS.

3.4 Ne’ risulta che l’Amministrazione finanziaria, nei precedenti gradi di giudizio, abbia mai contestato la correttezza dei dati indicati dal ricorrente ovvero l’assenza di addebiti penali a carico del contribuente.

3.5 La C.T.R. ha dunque posto a fondamento della propria decisione delle circostanze diverse da quelle acquisite agli atti del giudizio sicché, non uniformandosi ai superiori principi, ha violato le norme che regolano i principi fondamentali il processo civile, cui è soggetto anche il giudizio tributario, fra i quali va compreso quello della rispondenza fra chiesto e pronunciato.

4. Il secondo profilo del primo motivo di ricorso rimane assorbito, parendo solo opportuno ricordare come questa Corte abbia recentemente avuto occasione di confermare che “Al riguardo, deve precisarsi che questa Corte, dopo alcuni arresti (cfr. Cass. n. 19667/2014, Cass. n. 15354/2015 e Cass. n. 10794/2016) che avevano affermato che l’esecuzione richiamata dall’art. 170 c.c., fosse estranea all’iscrizione ipotecaria che, quindi, doveva ritenersi generalmente consentita, ha statuito più specificamente, con principio al quale questo Collegio intende dare continuità, che “in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria di cui D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia” (cfr. Cass. n. 23876/2015). In conseguenza di ciò, il debitore deve necessariamente dimostrare non solo la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il debito nei confronti di tale soggetto sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari. In conseguenza di ciò, il debitore deve necessariamente dimostrare non solo la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il debito nei confronti di tale soggetto sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari. Ciò posto, i beni costituenti fondo patrimoniale non possono essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligazione sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso oggettivo, ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari. E, al riguardo, è stato affermato che “l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c., grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, sicché, ove sia proposta opposizione, ex art. 615 c.p.c., per contestare il diritto del creditore ad agire esecutivamente, il debitore opponente deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il suo debito verso quest’ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a tal fine occorrendo che l’indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura della stessa: pertanto, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi fosse quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari (cfr. Cass. n. 4011/2013; Cass. n. 5385/2013)” (Cfr. Cass., III, n. 20998/2018).

5. Con il secondo motivo il contribuente prospetta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 54 del 1992, art. 19, al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, all’art. 137 e ss. c.p.c., all’art. 3 Cost., e al principio di specialità per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26.

5.1 In particolare denunzia l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui la CTR ha ritenuto valida la notifica della cartella di pagamento, effettuata a mezzo posta direttamente dal concessionario, anziché ritenerla inesistente perché difforme dallo schema legale previsto. Afferma infatti che la novella introdotta dal D.Lgs. n. 193 del 2001, eliminando la locuzione “da parte dell’esattore”, avrebbe inciso anche sulla competenza ad eseguire la notificazione.

Tale potere non sarebbe più ascrivibile in capo al concessionario-agente della riscossione.

Il motivo è infondato.

5.2 Non risulta controverso, in fatto, che le cartelle di pagamento siano state spedite al contribuente direttamente dall’agente di riscossione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento. Si deve, in proposito, tenere presente che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, nel testo vigente ratione temporis, stabilisce che “La cartella è notificata dagli ufficiali di riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal comma 2, o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda”.

5.3 Come più volte affermato da questa Corte, “la notifica della cartella di pagamento, eseguita ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, costituisce una modalità di notifica alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione. Essa si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza che sia necessario redigere un’apposita relazione di notificazione, né inviare alcuna raccomandata informativa al destinatario, trovando applicazione le norme del regolamento postale relative agli invii raccomandati e non quelle relative alla notifica a mezzo posta di cui alla L. n. 890 del 1982 (v., tra le tante, Cass., Sez. 6-5 civ.” n. 10037 del 10/04/2019; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 29710 del 19/11/2018; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 28872 del 12/11/2018; Cass., Sez. L, n. 19270 del 19/07/2018; Cass., Sez. 5, n. 8293 del 04/04/2018; Cass., Sez. 6-5 civ., n. 12083 del 13/06/2016). Tale soluzione interpretativa ha superato il vaglio della Corte Cost. (Corte Cost., sentenza n. 175 del 23/07/2018), la quale ha ritenuto che tale forma “semplificata” di notificazione trova giustificazione nell’accentuato ruolo pubblicistico dell’agente per la riscossione, volto ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato. Secondo la Corte costituzionale, i rilevati scostamenti della disposizione in esame rispetto al regime ordinario della notificazione a mezzo posta, considerati nel loro complesso, segnano sì un arretramento del diritto di difesa del destinatario dell’atto, ma soddisfano il requisito dell’effettiva possibilità di conoscenza dell’atto, che costituisce il limite inderogabile alla discrezionalità del legislatore in materia. La medesima Corte ha aggiunto che lo scarto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva, in concreto verificabile, è suscettibile di essere comunque riequilibrato mediante il ricorso alla rimessione in termini di cui all’art. 153 c.p.c., che può essere richiesta da colui che assuma di non avere avuto, in concreto, conoscenza dell’atto, per causa a lui non imputabile, dimostrando, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, la sussistenza di tale situazione.” (Cfr. Cass., V, n. 10954/2020).

5.4 La decisione impugnata ha, dunque, fatto buon governo dei principi di questa Corte, espressi in aderenza a quelli pronunciati dalla Corte costituzionale, avendo il concessionario fatto ricorso alla modalità di notificazione “semplificata” di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, la quale, in applicazione della disposizione appena richiamata, deve ritenersi ritualmente perfezionata nella data indicata nell’avviso di ricevimento.

Il motivo è dunque infondato e va respinto.

6. In conclusione va accolto il primo motivo nei limiti sopra espressi, mentre va rigettato il secondo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo nei limiti di cui in motivazione e rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania, sez. distaccata di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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