Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.27124 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9433-2019 proposto da:

SAN CARLO CONTRACT SRL, in persona del legale rappresentante p.t.

sig. S.S., rappresentata e difesa dagli avvocati LAURA PASSARINI, e ALESSANDRO PAPA;

– ricorrente –

contro

DOBANK SPA, mandataria per la gestione di crediti della società

Unicredit leasing s.p.a. (attuale denominazione della società Locat s.p.a. a seguito della fusione della medesima con la Unicredit Global Leasing s.p.a.), rappresentata e difesa dall’avvocato GIANFRANCO ZURLO, ed elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE FLAMINIO 9, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE CAMPAGNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 2/1/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/1/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 2/1/2019 la Corte d’Appello di Torino, in accoglimento del gravame interposto dalla società DoBank s.p.a. -mandataria della società Unicredit Leasing s.p.a. – e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Torino 29/7/2017, ha accolto la domanda originariamente proposta nei confronti della società San Carlo Contract s.p.a. di “rilascio degli immobili in *****, previa declaratoria della risoluzione ex art. 1416 c.c. (o, in subordine, ex art. 1453 c.c.) del contratto di leasing immobiliare n. ***** per inadempimento dell’utilizzatrice San Carlo Contract s.r.l. al pagamento dei canoni pattuiti”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società San Carlo Contract s.p.a. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.

Resiste con controricorso la società DoBank s.p.a. – mandataria della società Unicredit Leasing s.p.a.- .

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione degli artt. 99,112,101 c.p.c., artt. 24,111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Con il 3 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 115,116 c.p.c., artt. 1362,1363,1366 ss., 1965 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Con il 4 motivo denunzia violazione degli artt. 112,183 c.p.c., artt. 24,111 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto che l’accordo stipulato tra le parti nel maggio 2015 non toccasse l’intervenuta risoluzione del contratto di leasing per essersi controparte avvalsa della clausola risolutiva espressa, e che fosse finalizzato esclusivamente a regolamentare i tempi e le modalità di pagamento del debito gravante sulla società utilizzatrice (la quale si era peraltro resa inadempiente omettendo di consegnare gli effetti cambiari a garanzia), laddove trattavasi di transazione diretta a far proseguire il contratto di leasing fino al riscatto del bene e all’acquisto di esso da parte dell’utilizzatrice, con rinunzia implicita di controparte alla risoluzione intervenuta all’esito della comunicazione di avvalersi della clausola risolutiva espressa.

Lamenta che la corte di merito è pervenuta alla suindicata interpretazione argomentando da affermazione mai fatta da controparte, essendosi questa limitata ad allegare che l’accordo del 2015 non si era perfezionato per mancata consegna degli effetti cambiari a garanzia.

Si duole che la corte di merito abbia escluso trattarsi di atto di transazione, erroneamente ritenendo difettare nella specie i relativi requisiti.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 115,116 c.p.c., artt. 1362,1363,1366 ss., 1453,1455,1456,1458 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si duole dell’erronea valutazione delle emergenze processuali (documenti prodotti, missive).

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Atteso che l’interpretazione del contratto (nonché giusta il combinato disposto di cui agli artt. 1324,1362 c.c. ss. degli atti unilaterali: v., Cass., 19/3/2018, n. 6675; Cass., 6/5/2015, n. 9006) è riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione, il sindacato di legittimità potendo avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti ma solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v. Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 21/4/2005, n. 8296; Cass., 29/7/2004, n. 14495), va anzitutto osservato come (pur non mancando qualche pronunzia di segno diverso: v., Cass., 10/10/2003, n. 15100; Cass., 23/12/1993, n. 12758) risponda ad orientamento consolidato che, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da verificarsi alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (v. Cass., 28/8/2007, n. 828; Cass., 22/12/2005, n. 28479; 16/6/2003, n. 9626).

Si è altresì sottolineato che, superato il c.d. principio del gradualismo (v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882, e conformemente, da ultimo, Cass., 30/8/2019, n. 21840 e Cass., 10/3/2021, n. 6579) nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti il criterio letterale va peraltro necessariamente riguardato alla stregua degli ulteriori criteri legali d’interpretazione, e in particolare dei criteri (quali primari criteri d’interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto: v. Cass., 6/12/2018, n. 31574; Cass., 13/11/2018, n. 29016; Cass., 30/10/2018, n. 27444; Cass., 12/6/2018, n. 15186; Cass., 19/3/2018, n. 6675. V. altresì Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 27/6/2011, n. 14079; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 19/5/2011, n. 10998; con riferimento agli atti unilaterali v. Cass., 6/5/2015, n. 9006) dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. (che consente di accertare il significato dell’accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta: cfr. Cass., 13/11/2018, n. 29016) e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c. (che quale criterio d’interpretazione del contratto – fondato sull’esigenza definita in dottrina di “solidarietà contrattuale” – si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628), non consentendo di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell’accordo negoziale (cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947).

Sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, l’elemento letterale deve essere pertanto considerato non già isolatamente ma in correlazione con gli altri criteri ermeneutici, e primieramente quello funzionale, in coerenza cioè con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare (causa concreta) mediante la stipulazione (v. Cass., 10/6/2020, n. 11092; Cass., 30/8/2019, n. 21840; Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882; Cass., 6/7/2018, n. 17718; Cass., 19/3/2018, n. 6675; Cass., 22/11/2016, n. 23701), con la quale convenzionalmente determinano la disciplina accettata come vincolante (art. 1372 c.c.) del loro rapporto contrattuale (cfr. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882; Cass., 6/7/2018, n. 17718).

Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione.

E’ rimasto dalla corte di merito accertato che nella specie il contratto di leasing stipulato tra la società Unicredit Leasing s.p.a. (già Locat s.p.a.) e la società San Carlo Contract s.p.a. avente ad oggetto unità immobiliari site in ***** (che la società Locat s.p.a. aveva acquistato dalla società Milaninvest Real Estate s.p.a.) si è risolta per essersi la prima avvalsa della contrattualmente prevista clausola risolutiva espressa all’esito dell’inadempimento di quest’ultima dell’obbligazione di pagamento dei canoni pattuiti.

Risoluzione considerata nella specie “definitiva”, nessun rilievo al riguardo essendo stato assegnato all'”accordo del 6/05/2015", interpretato come “sottoscritto tra le parti al solo fine di regolamentare i tempi e le modalità del pagamento da parte dell’utilizzatrice, del credito maturato proprio in conseguenza dell’intervenuta risoluzione del contratto – tant’e’ vero che nella scrittura del 6/05/2015 gli importi a credito della concedente sono esattamente corrispondenti (fatto salvo il deconto delle ulteriori somme pagate dall’utilizzatrice, degli interessi maturati e delle spese di chiusura) a quelli riconosciuti dalla stessa San Carlo Contract s.r.l. nella proposta dell’8/04/2015… e, segnatamente, alla penale risarcitoria di Euro 75.572,97. Anzi, proprio la presenza della penale risarcitoria dimostra che il contratto di leasing si era definitivamente risolto, sicché risulta evidente che l’accordo sottoscritto il 6/05/2015 prevedeva semplicemente le modalità e la tempistica di adempimento del debito riconosciuto dall’appellata in esito alla clausola ex art. 1456 c.c.”.

Al riguardo si è dalla corte di merito esclusa la possibilità di intendere tale accordo quale “transazione” in ragione del ravvisato difetto dei “requisiti essenziali della sussistenza della res litigiosa, delle reciproche concessioni e della volontà di porre fine a una lite”.

Orbene, la suindicata interpretazione risulta invero consentanea sia con il tenore letterale e globale dell’accordo de quo (artt. 1362, 1363 c.c.) che con la relativa causa concreta (e non già “funzione economico-sociale”, come erroneamente dedotto dall’odierna ricorrente nei propri scritti difensivi) di mera regolamentazione dei tempi e delle modalità “del pagamento da parte dell’utilizzatrice, del credito maturato proprio in conseguenza dell’intervenuta risoluzione del contratto” (altresì ad abundantiam sottolineando che la “mancata consegna degli effetti cambiari a garanzia – espressamente riconosciuta dall’appellata e comunque non contestata -” ha d’altro canto “reso inefficace il piano di pagamento, condizionatamente rimesso, per l’appunto, alla puntuale consegna di tali titoli”).

A fronte della suindicata interpretazione compiuta dai giudici di merito nell’impugnata sentenza in base al quale si è nella specie dalle parti convenuta una mera dilazione del debito maturato dall’odierna ricorrente all’esito dell’estinzione della locazione finanziaria de qua, prevedendosi – come indicato dall’odierna controricorrente nei propri scritti difensivi – che “anziché essere corrisposto in un’unica soluzione come previsto dal contratto in ipotesi di risoluzione sarebbe stato versato in rate mensili garantite da effetti”, l’odierna ricorrente ribadisce la propria non accolta diversa interpretazione secondo cui con “l’intervenuta stipula tra le parti di un accordo transattivo nel maggio del 2015 di ridefinizione dei termini di pagamento dei canoni… la volontà risolutiva manifestata con la comunicazione del 15.4.2013 doveva ritenersi revocata e/o rinunciata” e “l’accordo del maggio 2015 era finalizzato alla prosecuzione del leasing sino al riscatto del bene e all’acquisto dello stesso in capo all’Utilizzatrice”, inammissibilmente richiedendo l’espletamento di un’attività invero preclusa a questa Corte di legittimità.

Giusta principio consolidato il sindacato di legittimità può avere infatti ad oggetto – come detto- non già la ricostruzione della volontà delle parti, riservata al giudice del merito (v. Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 21/4/2005, n. 8296) ma solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v. Cass., 10/6/2020, n. 11092; Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 29/7/2004, n. 14495).

Ricostruzione altresì presupponente una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto del pari preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Senza d’altro canto sottacersi che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quella data dal giudice al contratto non deve essere invero l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, sicché quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più (plausibili) interpretazioni non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (v. Cass., 2/5/2006, n. 10131; Cass., 25/10/2006, n. 22899; e, da ultimo, Cass., 30/5/2019, n. 14755; Cass., 8/11/2019, n. 28804; Cass., 10/6/2020, n. 11107).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti Fallimento ***** s.r.l. e società C. s.r.l., seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti Fallimento ***** s.r.l. e società C. s.r.l.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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