Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.27126 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26776-2018 proposto:

ZARA INIZIATIVE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA N 41, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO AMERIGO CIRRI SEPE QUARTA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** SRL *****, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE UNIVERSITA’ 27, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO TEDESCHI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO GYULAI;

– controricorrente –

nonché contro BANCA POPOLARE DELL’ALTO ADIGE VOLKSBANK SPA;

– intimata –

Nonché da:

BANCA POPOLARE DELL’ALTO ADIGE – VOLKSBANK SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI N 4, presso lo studio dell’avvocato LUIGI GAROFALO, (studio Scafarelli), rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO SONEGO;

– ricorrente incidentale –

contro

ZARA INIZIATIVE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA 41, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO AMERIGO CIRRI SEPE QUARTA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente all’incidentale –

nonché contro FALLIMENTO ***** SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 354/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella udienza camerale del 2/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

lette delle conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALESSANDRO PEPE.

FATTI DI CAUSA

Il Fallimento ***** s.r.l. *****, convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Treviso, Zara Iniziative S.r.l. e la Banca Popolare dell’Alto Adige – Volksbank S. coop. p.a. per sentire accertare e dichiarare l’inefficacia e/o inopponibilità dei contratti di locazione dell’immobile sito in *****, stipulati il 16 giugno 2009 ed il 7 luglio 2009 tra la ***** S.r.l. ***** e la Zara Iniziative S.r.l., nonché del contratto di sublocazione del medesimo immobile concluso in data 1 luglio 2009 tra la società da ultimo indicata e l’istituto di credito, con conseguente dichiarazione dell’occupazione senza titolo da parte dei convenuti e la loro condanna al rilascio ed al pagamento in solido dell’indennità d’occupazione. In via subordinata, il predetto fallimento chiedeva revocarsi, ai sensi della L.Fall., art. 67, comma 1, n. 1), i due contratti di locazione conclusi tra la società poi fallita e Zara Iniziative e revocarsi ai sensi dell’art. 2901 c.c. il contratto di sublocazione tra quest’ultima e la Banca, anche in questo caso con condanna al rilascio ed al risarcimento del danno da indebita occupazione dell’immobile.

A fondamento della domanda, la Curatela fallimentare dedusse che, all’epoca della stipulazione dei contratti di locazione, l’immobile locato era gravato da varie iscrizioni ipotecarie e dalla trascrizione di un pignoramento. Ne derivava l’inopponibilità alla massa dei contratti in forza del sistema prenotativo delle trascrizioni e delle iscrizioni (artt. 2643 c.c., n. 8, e art. 2644 c.c.) e detta disciplina della legge fallimentare in tema di esecuzioni (L.Fall., art. 57 e 101). Chiese, in subordine, la revoca L.Fall., ex art. 67, comma 1, del contatto di locazione, per la sproporzione tra il valore locatizio e il canoe e pattuito e la revoca ex art. 2901 c.c. del contratto di sublocazione.

Zara Iniziative S.r.l. si costituì in giudizio eccependo la parziale litispendenza, avuto riguardo, alla domanda d’inefficacia del contratto di sublocazione, oggetto di causa pendente innanzi al Tribunale di Venezia, chiedendo il rigetto nel merito della domanda e proponendo domanda riconvenzionale nei confronti del Fallimento onde ottenere la declaratoria del subentro L.Fall., ex art. 80 nel contratto di locazione stipulato il 7 luglio 2009. Propose, inoltre, condizionatamente all’accoglimento delle domande attoree, domanda di manleva nei confronti della Banca, in forza dell’obbligo assunto dal subconduttore ai sensi dell’art. 13, u.c., del contratto di sublocazione, di garantire la sublocatrice per i danni e disagi derivanti da azioni giudiziali intraprese dai creditori della locatrice.

Banca Popolare dell’Alto Adige – Volksbank S. coop. p.a. chiese il rigetto delle domande del Fallimento e, per l’ipotesi di loro accoglimento, in via riconvenzionale, la condanna di Zara Iniziative S.r.l. a tenerla sollevata ed indenne ed in ogni caso alla restituzione di Euro 44.000,00, somma assegnata a Zara Iniziative in esito ad esecuzione presso terzi da essa proposta contro la subconduttrice, oltre interessi.

Zara Iniziative eccepì l’incompetenza del Tribunale di Treviso a pronunciare sulle domande riconvenzionali della Banca.

Con sentenza emessa il 31/3/2015 il Tribunale di Treviso accolse per quanto di ragione la domanda attorea, dichiarando l’inefficacia nei confronti del Fallimento ***** S.r.l. ***** dei contratti di locazione e di sublocazione; condannò Zara Iniziative S.r.l. e Banca Popolare dell’Alto Adige – Volksbank a rilasciare l’immobile locato immediatamente libero da persone e cose; rigettò le domande di condanna delle convenute pagamento dell’indennità di locazione nonché di ordine di cancellazione della trascrizione del contratto di locazione; rigettò ogni altra domanda delle parti, anche in quanto assorbita per effetto del deciso; dichiarò inammissibile ed infondata, per non essere stata proposta in sede di precisazione delle conclusioni, la domanda della Banca di condanna di Zara Iniziative S.r.l. alla restituzione della somma di Euro 44.000,00, assegnatale nell’esecuzione presso terzi promossa contro la Banca, e regolò le spese tra le parti.

Il Giudice adito ritenne, per quanto rileva ai fini del presente giudizio:

– l’inefficacia nei confronti dei creditori del contratto di locazione tra la società fallita e Zara Iniziative S.r.l., sia perché stipulato in violazione del divieto di cui all’art. 560 c.p.c., comma 2, sia in ragione dello squilibrio tra il canone locatizio convenuto e quello congruo con conseguente ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 2923 c.c., comma 3;

– l’inefficacia della sublocazione, pur se non in forza del disposto dell’art. 1595 c.c., comma 3, ritenuto dal Tribunale non applicabile in ragione della validità inter partes del contratto di locazione;

– l’insussistenza dei presupposti per la condanna delle convenute a corrispondere un’indennità d’occupazione, configurandosi la detenzione del bene in assenza di titolo opponibile all’avente diritto quale illecito aquiliano, con i conseguenti oneri allegatori e probatori, non assolti dalla Curatela, in ordine al danno sofferto ed al nesso eziologico con la condotta illecita;

– l’assorbimento, per conseguenza, delle domande riconvenzionali di manleva e di compensazione reciprocamente proposte da Zara Iniziative S.r.l. e dalla Banca;

– l’implicita rinuncia della Banca alla domanda di restituzione delle somme versate alla sublocatrice, desumibile dalla sua mancata riproposizione in sede di precisazione delle conclusioni.

Avverso la sentenza di primo grado proposero appello principale Zara Iniziative S.r.l. ed appello incidentale il Fallimento ***** S.r.l. *****.

Il Fallimento, inoltre, ripropose le domande, rimaste assorbite, di revoca della locazione L.Fall., ex art. 67, comma 1, e della sublocazione ex art. 2901 c.c..

Zara Iniziative S.r.l. ripropose le domande, rimaste anch’esse assorbite, di compensazione del maggior credito per indennità d’occupazione con le somme versate alla propria locatrice, a titolo di canoni, e di manleva nei confronti della Banca.

La Banca Popolare dell’Alto Adige – Volksbank, chiese il rigetto degli appelli principale ed incidentale e l’integrale conferma della sentenza impugnata.

La Corte di appello di Venezia, con sentenza n. 354/2018, pubblicata il 13 febbraio 2018, in parziale riforma della sentenza appellata – che per il resto confermò -, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal Fallimento ***** S.r.l. *****, condannò Zara Iniziative S.r.l. a pagare a tale Fallimento la somma capitale di Euro 173.360,00, oltre agli interessi al tasso di legge dalla domanda al saldo; condannò ***** S. coop. p. a. a tenere Zara Iniziative S.r.l. indenne e manlevata per quanto questa avrebbe versato al Fallimento ***** S.r.l. ***** in conseguenza della statuizione di cui al punto 1) del dispositivo di quella sentenza; condannò Zara Iniziative S.r.l. e Banca Popolare dell’Alto Adige – Volksbank – S. Coop. p.a., tra loro in solido, a rifondere al Fallimento ***** S.r.l. ***** le spese del doppio grado del giudizio di merito; condannò Banca Popolare dell’Alto Adige – Volksbank – S. Coop. p.a. a rifondere a Zara Iniziative S.r.l. le spese del giudizio d’appello.

Avverso la sentenza della Corte di merito Zara Iniziative S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Banca Popolare dell’Alto Adige – Volksbank S.p.a. ha resistito con controricorso contenente pure ricorso incidentale, basato su quattro motivi.

Fallimento ***** S.r.l. ***** ha resistito con controricorso.

Al ricorso incidentale proposto da ***** S.p.a. ha resistito con controricorso Zara Iniziative S.r.l.

Fissato per l’udienza pubblica del 2 febbraio 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, inserito dalla Legge di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

Il P.G., in prossimità della camera di consiglio, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo la rimessione degli atti al Sig. Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite quanto al primo motivo del ricorso principale e, in subordine, il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.

Sia la ricorrente principale che quella incidentale hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ricorso principale.

1. Con il primo motivo, denunciando “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043,2056,2697 e 2727 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1”, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui, accogliendo il primo motivo dell’appello incidentale del Fallimento, con il quale quest’ultimo aveva lamentato il mancato accoglimento della domanda di condanna della conduttrice e della subconduttrice al pagamento dell’indennità per l’occupazione sine titulo degli immobili in questione, la Corte territoriale ha affermato che “In conseguenza dell’inopponibilità dalla massa del contratto di locazione, la detenzione dell’immobile da parte di Zara Iniziative è priva di titolo e comporta l’obbligo di restituzione del bene e di risarcimento del pregiudizio derivante dalla perdita delle utilità da esso ritraibili, nella fattispecie, dei creditori partecipanti()). Il pregiudizio subito dal proprietario o, come nella fattispecie, dai creditori partecipanti all’esecuzione individuale o collettiva promossa sul bene, ai quali sono destinate, fino alla concorrenza dei loro diritti, le utilità retraibili dal bene esecutato art. 2912 c.c., è ritenuto da consolidata giurisprudenza sussistere in “re ipsa”, discendendo appunto dalla perdita della disponibilità del bene, la cui natura è normalmente fruttifera, e dalla presunzione “iuris tantum” e la liquidazione può essere operata dal giudice sulla base di presunzioni semplici, con riferimento al danno figurativo, quale il valore locativo del bene usurpato”.

La ricorrente nega che in questi casi il danno sia in re ipsa e sostiene che la giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata sia stata ormai da tempo superata dalla più recente giurisprudenza di legittimità, indicata in ricorso. Sostiene, altresì, che, alla luce di tale più recente orientamento, il danno da occupazione abusiva di un immobile non potrebbe ritenersi sussistente in re ipsa e coincidente con l’evento, che, viceversa, sarebbe un elemento di fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 c.c., si tratterebbe pur sempre di un danno conseguenza, sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento sarebbe tenuto a provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che potrebbe al riguardo avvalersi di presunzioni, gravi precise e concordanti.

Assume altresì la ricorrente che, nel caso di specie, il fondamento della decisione impugnata sarebbe nella ritenuta esistenza di un danno in re ipsa per il caso di occupazione sine titulo di un cespite altrui, rapportato alla semplice indisponibilità del bene da parte del proprietario ed all’impossibilità per costui di conseguire l’utilità normalmente ricavabile; sostiene che difetterebbe completamente l’allegazione e la prova di quale sia stato il danno del Fallimento, evidenziando del resto che la Corte di merito non dà atto di una simile attività deduttiva in quanto, ad avviso di Zara Iniziative S.r.l., inesistente.

1.1. Il motivo è fondato.

Osserva il Collegio che questa Corte ha più volte affermato, negli ultimi anni, che, nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno con l’evento dannoso ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi così in contrasto sia con l’insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. 11/11/2008, n. 26972), secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l’ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. 5/07/2017, n. 16601), che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l’ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell’art. 23 Cost..

Ne consegue che il danno da occupazione sine titulo, in quanto particolarmente evidente, può essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento dell’onere probatorio di tale natura non può includere anche l’esonero dalla allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l’intenzione concreta del proprietario di mettere l’immobile a frutto (Cass. 25/05/2018, n. 13071; Cass. 24/04/2019, n. 11203; v. anche Cass., ord., 5/06/2020, n. 10804, soprattutto in motivazione, e Cass. 5/10/2020, n. 21272). Ne consegue, altresì, che è onere del danneggiato provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto locare l’immobile ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo avvalersi di presunzioni, sulla base però di elementi indiziari allegati dallo stesso danneggiato (arg. ex Cass., ord., 4/12/2018, n. 31233).

E’ pur vero che si registra (in orientamento della giurisprudenza di legittimità, espresso prevalentemente dalla Seconda Sezione Civile di questa Corte, pur non mancando qualche non recente precedente della Terza Sezione Civile (Cass. 9/08/2016, n. 16670), secondo cui il danno da occupazione sine titulo è in re ipsa, (v. Cass. 18/01/2006, n. 827; Cass. 8/03/2010 n. 5568, Cass. 7/08/2012, n. 14222 e Cass. 16/04/2013, n. 9137; Cass., ord. 6/08/2018, n. 20545), orientamento ribadito, sia pure in relazione alla mancata riconsegna di un’area demaniale, oggetto di concessione non rinnovata alla scadenza ovvero revocata da Cass. ord., 31/0//2019, n. 20708, affermandosi con tale pronuncia che, in tal caso, il danno è da ritenersi sussistente in re ipsa e va commisurato al presumibile valore locativo dell’immobile illegittimamente occupato, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall’impossibilità di conseguire l’utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene stesso; con la conseguenza che trova applicazione, in via analogica, il criterio di valutazione previsto dall’art. 1591 c.c., espressione di un principio riferibile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l’utilizzazione di un bene dietro corrispettivo, allorché il concessionario lo continui a utilizzare oltre il termine finale del rapporto senza averne più il titolo.

Trattasi, tuttavia, di orientamento ormai superato, almeno nella sua assolutezza, dalla più recente giurisprudenza di legittimità, sicché non può ritenersi, allo stato, sussistente un vero e proprio contrasto giurisprudenziale sul punto, avendo la stessa Seconda Sezione Civile, con la recente sentenza 5/10/2020, n. 21272 – massimata ufficialmente al riguardo nei termini che seguono “Nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario discende dalla menomazione della facoltà di godimento anche indiretta del bene e ben può essere apprezzato sul piano presuntivo” precisato, in motivazione, che “Al di là di un contrasto (giurisprudenziale denunciato in quella sede) che appare più relativo all’utilizzazione delle formule adoperate che correlato alla sostanza della questione giuridica, deve rilevarsi che, nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario discende dalla menomazione della facoltà di godimento anche indiretta del bene e ben può essere apprezzato sul piano presuntivo, come riconosce anche l’orientamento che esattamente nega rilievo al cd. danno in re ipsa (Cass. 24 aprile 2019, n. i1203)”.

Peraltro il Collegio ritiene che neppure sussistano le condizioni per la rimessione al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, atteso che l’orientamento seguito in via assolutamente prevalente da questa Sezione e sopra richiamato, condiviso da questo Collegio, è pienamente conforme ai principi espressi dalle Sezioni Unite con la già richiamata sentenza n. 26972 del 2008 e, come già rimarcato, la stessa Seconda Sezione Civile, con gli arresti più recenti, sembra sostanzialmente aderire ormai a tale orientamento.

Orbene, nella specie la Corte territoriale ha ritenuto il danno in parola sussistente in re ipsa e lo ha altresì ritenuto “costituente” una presunzione iuris tantum, né si è confrontata né ha dato conto di eventuali allegazioni della parte istante sul punto in questione, laddove, invece, detta parte, in ossequio ai principi sopra richiamati, deve dedurre e allegare il danno – conseguenza costituito dal pregiudizio patrimoniale derivante dalla mancata disponibilità del bene. Risulta, quindi, chiaramente che la Corte di appello non si è attenuta ai principi sopra richiamati e condivisi dal Collegio.

Il motivo va, pertanto, accolto.

2. Dall’accoglimento del primo motivo resta assorbito l’esame degli ulteriori motivi del ricorso principale nonché del ricorso incidentale.

La sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.

3. Stante l’accoglimento, sia pure in parte, del ricorso principale e l’assorbimento del ricorso incidentale, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale (a tale ultimo riguardo v. Cass. 15/09/2014, n. 19464 e Cass. 12/11/2019, n. 29204), ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbito l’esame dei restanti motivi di tale ricorso e del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema Cassazione, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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