LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22855-2016 proposto da:
REGIONE ABRUZZO, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– ricorrente –
contro
L.E., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CARLEO, rappresentati e difesi dall’avvocato CLAUDIO VERINI;
tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CARLEO, rappresentati e difesi dall’avvocato CLAUDIO VERINI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 379/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 07/04/2016 R.G.N. 441/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/03/2021 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MUCCI ROBERTO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato GIUSTINA NOVIELLO;
udito l’Avvocato CLAUDIO VERINI.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di L’Aquila con la sentenza n. 379 del 2016 ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Regione Abruzzo nei confronti di L.E. e altri avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di L’Aquila.
2. La Regione Abruzzo aveva impugnato la sentenza con la quale il Tribunale di L’Aquila aveva accolto il ricorso proposto da più medici di medicina generale convenzionati con la ASL n. ***** ed operanti in distretti formati, in massima parte, da Comuni che erano risultati rientrare nelle zone disagiate o disagiatissime, di cui all’Accordo Integrativo Regionale (AIR) sottoscritto il 25 novembre 1998 dalle Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e dalla Regione Abruzzo.
I ricorrenti avevano agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno loro procurato dal ritardo in cui era incorsa la Regione nella individuazione delle zone disagiate avvenuta solo nel maggio 2005, con l’adozione della Delib. n. 117 del 005: danno corrispondente al compenso aggiuntivo annuo previsto dall’art. 45, lett. h), dell’Accordo collettivo nazionale nell’importo stabilito dall’AIR anzidetto, siccome non percepito nel periodo dal *****.
3. Il Tribunale aveva accolto la domanda ritenendo che si verteva in ipotesi di responsabilità contrattuale e che doveva trovare applicazione l’ordinario termine di prescrizione decennale.
4. La Corte d’Appello ha ripercorso il contenuto dell’Accordo Collettivo Nazionale approvato con il D.P.R. n. 484 del 1996, in particolare l’art. 73, comma 1, art. 74, e art. 45, comma 3, lett. h).
Proprio in attuazione del citato art. 73, con Delib. 25 novembre 1998, n. 3081, veniva approvato l’Accordo Integrativo Regionale (AIR) per la disciplina delle attività dei medici di medicina generale addetti alle attività di assistenza primaria ed ai servizi di continuità assistenziale.
Tanto premesso, il giudice di appello ha affermato che la controversia riguardava l’interpretazione degli effetti della disposizione contenuta nell’AIR sotto il titolo “Zone disagiate e disagiatissime”.
In ragione di tale quadro normativo i lavoratori avevano dedotto la illegittimità della condotta della ASL e soprattutto della Regione per non aver la prima provveduto ad individuare le zione disagiate o disagiatissime entro i tre mesi dalla pubblicazione dell’AIR, ossia dal 25 novembre 1998, e per non avere la seconda sopperito a tale inerzia senza ritardo, atteso che con la Delib. 21 febbraio 2005, n. 117 si era provveduto alla individuazione delle zone disagiate. A ciò era conseguito che i lavoratori solo dal maggio 2005 avevano ricevuto l’indennità aggiuntiva.
La Regione intervenendo con sette anni di ritardo era venuta meno a una precisa obbligazione contrattuale senza che potesse assumere rilievo che l’atto richiesto fosse di carattere meramente ricognitivo o, dato peraltro da escludersi atteso che i criteri per l’individuazione delle zone in questione erano compiutamente indicati nell’AIR, discrezionale.
Inoltre, nell’AIR era previsto che in assenza dell’individuazione delle zone disagiate da parte della ASL, nel termine breve di tre mesi, a ciò avrebbe provveduto direttamente la Regione, senza ritardo, atteso che la mancanza di un termine non poteva far ritenere che la Regione potesse non provvedere o provvedere tardivamente.
Dunque, non si verteva in ipotesi di responsabilità extracontrattuale, e non poteva operare il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 c.c., come prospettava l’appellante. Il diritto al risarcimento del danno da parte dei lavoratori era soggetto all’ordinario termine di prescrizione decennale, e non risultava prescritto alla data di notifica del ricorso introduttivo avvenuta il 20 marzo 2013.
5. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la Regione Abruzzo prospettando cinque motivi di impugnazione.
6. Resistono i lavoratori con controricorso assistito da memoria.
7. Il ricorso è stato trattato con discussione orale, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 176 del 2020.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e ss., e dei canoni di ermeneutica, in relazione all’AIR del 19 novembre 1998; violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 484 del 1996, art. 45, comma 3, lett. h), artt. 73 e 74, (art. 360 c.p.c., n. 3).
E’ censurata la statuizione che ha ritenuto sussistere la responsabilità contrattuale dell’Amministrazione, prospettando l’erronea applicazione dei canoni di ermeneutica nella interpretazione della normativa pattizia applicabile nella specie.
La ricorrente deduce che la Corte d’Appello ha ritenuto punto nodale la interpretazione e gli effetti della disposizione contenuta nell’AIR, approvato con Delib. n. 3081 del 1998, affermando che dallo stesso derivava un vero e proprio obbligo per l’Amministrazione, la ASL prima e la Regione dopo, da intendere senza ritardo, con conseguente inadempimento della Regione, intervenuta dopo sette anni, con la Delib. n. 117 del 2005, ad individuare le zone disagiate.
Ad avviso di essa ricorrente, invece, la previsione pattizia secondo la quale la proposta di individuazione delle zone disagiate è di competenza della ASL, porta ad escludere una propria obbligazione contrattuale nei confronti dei medici convenzionati.
La Regione era soggetto terzo rispetto al contratto, di talché la pretesa risarcitoria dei lavoratori andava inquadrata nell’ambito della tutela ex art. 2043 c.c.. trattandosi, se del caso, di responsabilità conseguente ad una condotta implicante la mancata realizzazione di tutte le condotte necessarie perché potesse realizzarsi la soddisfazione del diritto di credito dei ricorrenti.
Peraltro, la previsione finale secondo la quale la “corresponsione dei compensi…. decorre dal momento in cui il relativo provvedimento della G.R. di individuazione della zona disagiata o disagiatissima produce effetti” avrebbe dovuto portare a ritenere la relativa obbligazione o non sorta affatto o comunque non produttiva di effetti o addirittura inesigibile.
La mancata previsione di un termine nei confronti della Regione per adempiere, e di conseguenza la mancata decorrenza per la ASL del termine contrattuale di corresponsione del compenso aggiuntivo, portava ad escludere una responsabilità contrattuale in particolare in capo alla Regione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nullità della sentenza-motivazione perplessa (art. 360 c.p.c., n. 4).
E’ censurata la statuizione che ha ritenuto sussistere la responsabilità contrattuale della Regione in ragione del mancato rispetto degli obblighi assunti con l’AIR.
Tale motivazione sarebbe perplessa e contraddittoria in quanto, se la Regione non è parte del rapporto di lavoro in questione (atteso che il rapporto di lavoro con il personale sanitario a convenzione si instaura direttamente con l’unità sanitaria locale, sulla base di convenzioni conformi agli accordi collettivi, ai sensi della L. n. 833 del 1978, art. 48), la stessa non potrebbe rispondere a titolo di responsabilità contrattuale.
A tal fine, la ricorrente sottolinea che le disposizioni contenute nei contratti collettivi non possono ritenersi ricompresi tout court nei contenuti dei contratti individuali, ma operano dall’esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale. La mancata qualità di parte del contratto individuale della Regione escludeva la responsabilità contrattuale della stessa.
Ricorda infine che in tal senso erano gli argomenti della sentenza di primo grado. la cui bontà persisteva proprio in ragione della contraddittorietà e perplessità della motivazione della sentenza di appello, che pur riconoscendo che la Regione non era parte del rapporto, ne aveva ritenuto la responsabilità contrattuale.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso la Regione prospetta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223 c.c. e ss., artt. 2043 c.c. e ss., art. 2946 c.c., art. 2947 c.c. e ss (art. 360 c.p.c., n. 3).
Erroneamente la Corte d’Appello qualificava contrattuale la responsabilità della Regione Abruzzo, applicando il termine di prescrizione decennale, mentre essendo ipotizzabile in astratta una responsabilità extracontrattuale doveva trovare applicazione il termine di prescrizione quinquennale.
Poiché il diritto era esercitabile dalla pubblicazione della Delib. n. 117 del 2005, il quinquennio era ormai decorso alla data della notifica del ricorso introduttivo del giudizio (20 marzo 2013).
In via gradata, in ogni caso, considerando la natura retributiva (mancato compenso a titolo di indennità per zone disagiate periodo gennaio 2000- aprile 2005) del credito azionato, trovava applicazione il termine di prescrizione quinquennale, che decorre in costanza del rapporto stesso.
Infine, rileva la Regione, ancora in via più gradata, che era erronea la statuizione sulla decorrenza del termine decennale di prescrizione, atteso che, tenuto conto della scansione temporale stabilita dall’AIR del 25 novembre 1998, il presupposto fattuale da cui sarebbe scaturito il danno si sarebbe verificato nel primo semestre del 1999 e quindi il credito, azionato solo nel 2013, era comunque prescritto pur applicando il termine ordinario di prescrizione.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nullità della sentenza, motivazione perplessa (art. 360 c.p.c., n. 4).
Assume la ricorrente che sul termine di prescrizione la sentenza era illogica e perplessa.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nullità della sentenza, motivazione perplessa (art. 360 c.p.c., n. 4), omesso esame di un fatto decisivo e controverso (art. 360, n. 5).
La Regione deduce che nell’atto di appello aveva dedotto che due dei ricorrenti originari rientravano nell’ambito di Pratola Peligna, comune escluso dalle sedi disagiate dalla Delib. n. 674 del 2006. Tale circostanza non era stata oggetto di pronuncia da parte della Corte d’Appello.
2. I suddetti motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi sono fondati, assorbiti quelli gradati e per omesso esame.
3. I ricorrenti originari sono medici di medicina generale, in rapporto convenzionale con il servizio sanitario nazionale, con la competente azienda sanitaria locale.
4. La Corte d’Appello ha premesso che il danno da ritardo sotteso all’azione giudiziaria intrapresa dai lavoratori si identifica con il danno che si assume conseguenza dell’inadempimento della Regione all’obbligo sussidiario di provvedere ad individuare le zone disagiate, una volta acquisito il parere del Comitato consultivo regionale, in luogo delle ASL, che avrebbero dovuto provvedere in via principale, facendo pervenire alla Regione la relativa proposta entro tre mesi.
La Corte d’Appello ha affermato la sussistenza di responsabilità contrattuale della Regione, applicando di conseguenza l’ordinario termine decennale di prescrizione, e ha ravvisato la fonte dell’obbligazione contrattuale risarcitoria della Regione nell’AIR, in ragione degli obblighi assunti con lo stesso, che avrebbe tra le parti firmatarie, tra cui la Regione, l’efficacia di un contratto ex art. 1321 c.c.
Tale statuizione è erronea, atteso che dall’interpretazione dell’AIR, secondo i criteri ermeneutici, non può evincersi una responsabilità contrattuale della Regione rispetto ai ricorrenti originari, tenuto conto, altresì della disciplina normativa e contrattuale e dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità che concorrono a regolare la fattispecie.
5. La disciplina del rapporto dei medici in convenzione è stata configurata sin dalla L. n. 833 del 1978, in termini di uniformità sul territorio nazionale, realizzata attraverso la piena conformità delle convenzioni alle previsioni dettate dagli accordi collettivi, come si evince in particolare dall’art. 48 della legge cit., che ha sancito che l’uniformità del trattamento economico e normativo del personale sanitario a rapporto convenzionale era garantita sull’intero territorio nazionale da convenzioni, aventi durata triennale, del tutto conformi agli accordi collettivi nazionali.
5.1. Il D.Lgs. n. 502 del 1992, in linea di continuità, all’art. 8 ha stabilito che la disciplina del rapporto tra il servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta interviene con apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale, ai sensi della L. n. 412 del 1991, art. 4, comma 9.
5.2. Quest’ultima disposizione, nel testo vigente ratione temporis, individua i soggetti della contrattazione, stabilendo che la delegazione di parte pubblica per il rinnovo degli accordi riguardanti il comparto del personale del servizio sanitario nazionale ed il personale sanitario a rapporto convenzionale è costituita da rappresentanti regionali nominati dalla Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonomie, con la partecipazione, tra gli altri, di rappresentanti dei Ministeri del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità.
5.3. Il quadro normativo, come delineato ratione temporis, va completato con il richiamo del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 45, commi 4 e 9, (su cui si v., Cass., n. 616 del 2001; la disposizione è poi confluita nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40 ed è stata abrogata), come modificato dall’art. 15 del D.Lgs. n. 470 del 1993, che nel disciplinare il rapporto tra i diversi livelli di negoziazione collettiva, sanciva: “4. La contrattazione collettiva decentrata è finalizzata al contemperamento tra le esigenze organizzative, la tutela dei dipendenti e l’interesse degli utenti. Essa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali (…). 9. Le amministrazioni pubbliche, osservano gli obblighi assunti con i contratti collettivi di cui al presente articolo. Esse vi adempiono nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti”.
5.4. Successivamente, il testo della L. n. 412 del 1991, art. 4, comma 9, è stato novellato dalla L. n. 289 del 2002, art. 52, comma 27, nel rimettere all’accordo in sede di Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome, la disciplina del procedimento di contrattazione collettiva relativo agli accordi nazionali, ha fatto rinvio alle disposizioni sul rapporto tra i livelli della contrattazione del D.Lgs. n. 165 del 2001.
5.5. Quindi, il D.L. n. 81 del 2004, art. 2-nonies convertito, con modificazioni, nella L. n. 138 del 2004, ha confermato la così delineata struttura di regolazione del contratto del personale sanitario a rapporto convenzionale, e ha stabilito che l’accordo nazionale è reso esecutivo con intesa nella citata Conferenza permanente.
6. Quanto al contenuto degli Accordi nazionali, che disciplinano le convenzioni, la lettera del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8, comma 1 nel testo vigente ratione temporis, rimette agli stessi la definizione della struttura del compenso, e indica, quale principio di cui tener conto, la previsione di una quota fissa per ciascun soggetto affidato, corrisposta su base annuale come corrispettivo delle funzioni previste in convenzione, e una quota variabile in considerazione, tra l’altro, delle prestazioni e attività previste negli accordi di livello regionale.
Questa Corte, a Sezioni Unite (Cass., SU, n. 67 del 2014, cui adde Cass., n. 28764 del 2018)) ha affermato che le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 per la parte attinente l’individuazione degli accordi collettivi nazionali da prendere a riferimento per le convenzioni triennali, costituiscono principi fondamentali cui la legislazione provinciale è tenuta ad uniformarsi e che il contenuto degli accordi dalle convenzioni stesse previsti rappresenta principio generale di regolazione del rapporto convenzionale dei medici di medicina generale a livello nazionale.
7. Il rapporto convenzionale dei medici di medicina generale, pur se costituito in vista dell’interesse pubblico di soddisfare le finalità istituzionali del servizio sanitario nazionale, è un rapporto privatistico di lavoro autonomo di tipo professionale con la pubblica amministrazione (v., Cass., S.U., n. 20344 del 2005; n. 9142 del 2008; Cass., n. 18975 del 2015, n. 31502 del 2018, n. 32184 del 2019).
Tale principio va precisato con la considerazione che la disciplina del rapporto di lavoro dei medici di medicina generale in regime di convenzione, benché sia di natura professionale, risulta comunque demandata all’intervento della negoziazione collettiva, attraverso un procedimento, come si è sopra illustrato, che è stato modellato dal legislatore con riguardo a quello previsto per la contrattazione collettiva del D.Lgs. n. 165 del 2001, il cui nucleo originario, comunque, si rinviene nella legislazione precedente nello stesso confluita, tra cui il D.Lgs. n. 29 del 1993 (cfr., Corte Cost., n. 157 del 2019).
8. Dunque il contenuto del contratto d’opera professionale stipulato dal medico di medicina generale in regime in convenzione con la ASL, è stabilito ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 e secondo i principi ivi indicati, in sede di contrattazione collettiva nazionale e regionale, definendo, la prima, materie e limiti della seconda, secondo un articolato procedimento, che tende a bilanciare le esigenze di uniformità a livello nazionale con le specificità delle realtà territoriali in cui operano le ASL, anche grazie alla valorizzazione del confronto in sede di Conferenza permanente Stato, Regioni e Province autonome.
Il rapporto di lavoro professionale tra la ASL e il medico in convenzione trova la sua regolazione nel contratto individuale che, pur ponendosi al di fuori del lavoro pubblico contrattualizzato, mutua il proprio contenuto obbligatorio per le parti dalla contrattazione collettiva, che si impone alle parti medesime atteso che l’ordinamento nazionale, ai sensi, in particolare, del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 demanda alla fonte negoziale collettiva la definizione di tale contenuto.
Dunque anche per il rapporto convenzionale dei medici di medicina generale con il servizio sanitario nazionale, il legislatore ha riconosciuto il ruolo della contrattazione collettiva come “imprescindibile fonte” alla quale sono rimessi aspetti di notevole rilievo (si v. Corte Cost., sentenza n. 178 del 2015), atteso che così come nel rapporto di impiego pubblico contrattualizzato, vengono parimenti in evidenza le medesime esigenze di regolazione uniforme atteso che la disciplina specifica dei rapporti in convenzione è costituita da una forte integrazione tra la normativa statale e la contrattazione collettiva nazionale (con una rigorosa delimitazione degli ambiti dell’ulteriore contrattazione decentrata), secondo schemi comuni agli altri settori del pubblico impiego (cfr., Corte Cost., n. 186 del 2016, n. 157 del 2019).
Con la stipula del contratto individuale, sorge a carico della ASL l’obbligazione sinallagmatica di corrispondere al medico in convenzione sia il trattamento economico di parte fissa, sia quello di parte variabile, secondo le previsioni dell’ACN e dell’AIR.
Naturalmente quanto al compenso variabile, devono essersi verificate le condizioni legali e fattuali in presenza delle quali ne è prevista l’attribuzione.
9. Nella fattispecie di causa viene in rilievo l’Accordo nazionale approvato con il D.P.R. n. 484 del 1996, atteso che la controversia verte sul periodo del rapporto convenzionale decorrente dal gennaio 2000 all’aprile 2005, anteriore alla entrata in vigore dell’Accordo collettivo nazionale del 2005, poi adottato in esito alla procedura di cui al richiamato D.L. n. 81 del 2004, art. 2-nonies conv., con mod., dalla L. n. 138 del 2004, e il conseguente Accordo integrativo regionale.
10. Vanno quindi esaminati il contenuto dell’Accordo approvato con il D.P.R. n. 484 del 1996, e in particolare dell’AIR.
10.1. L’art. 32 dell’Accordo nazionale nel disciplinare “Compiti con compensi a quota variabile”, stabilisce che costituisce compito remunerato con quota variabile l’assistenza in zone disagiatissime comprese le piccole isole sulla base delle intese regionali di cui all’art. 45, comma 3, lett. h).
L’art. 45 dell’Accordo, nel regolare il “trattamento economico”, alla lett. h), che reca “Maggiorazioni per zone disagiatissime comprese le piccole isole”, ha previsto “Per lo svolgimento dell’attività in zone identificate dalle Regioni come disagiatissime o disagiate a popolazione sparsa, comprese le piccole isole. spetta ai medici un compenso accessorio annuo nella misura e con le modalità concordate a livello regionale con i Sindacati di categoria più rappresentativi”.
Si può ricordare che già la L. n. 833 del 1978, art. 48, comma 1, n. 9, stabiliva che gli accordi collettivi nazionali dovessero prevedere, tra l’altro, le forme di incentivazione in favore dei medici convenzionati residenti in zone particolarmente disagiate anche allo scopo di realizzare una migliore distribuzione territoriale dei medici.
L’art. 73 dell’Accordo regola la contrattazione decentrata, e prevede al comma 1 – Gli accordi regionali sono stipulati dall’organo competente secondo l’ordinamento regionale e dai sindacati maggiormente rappresentativi dei medici di medicina generale”; e l’art. 74, tra l’altro, stabilisce “Gli accordi regionali disciplinano le modalità di erogazione e l’ammontare dei compensi, che sono corrisposti, in rapporto al tipo di attività svolta dal medico convenzionato, anche in forma associata (…)”.
10.2. Con l’AIR 25 novembre 1998 si prevedeva che per lo svolgimento di attività nelle zone individuate come disagiate ai medici di medicina generale andava corrisposto un compenso aggiuntivo forfettario annuo.
Si conveniva che la proposta di individuazione delle zone disagiate era di competenza della Asl.
Venivano quindi indicati i parametri che avrebbero dovuto essere presi in considerazione per l’individuazione di dette zone. La proposta di individuazione da parte delle Aziende, con il parere del Comitato consultivo d’Azienda, sarebbe dovuta pervenire alla Regione entro tre mesi dalla pubblicazione dell’Accordo regionale. In assenza avrebbe provveduto direttamente la Regione, acquisito il parere del Comitato consultivo regionale.
Nell’Accordo regionale veniva quantificata l’entità del compenso aggiuntivo, forfettario annuo, nella seguente misura zone dichiarate disagiate, compenso aggiuntivo annuo divisibile in dodicesimi pari a Lire 12.000 per assistito in carico residente nella stessa zona; zona dichiarata disagiatissime, compenso aggiuntivo annuo divisibile in dodicesimi per Lire 15.000 per assistito in carico residente nella stessa zona. Era poi previsto che la corresponsione dei compensi nelle suddette misure decorreva dal momento in cui il relativo provvedimento della Giunta regionale di individuazione della zona disagiata o e disagiatissima produce i suoi effetti.
10.3. Solo con la Delib. N. 117 del 2005 la Regione individuava le zone disagiate.
11. Dunque, in sede di contrattazione integrativa regionale, le parti sociali hanno individuato nelle ASL, parte dei rapporti in convenzione, i soggetti tenuti ad adottare la proposta avente ad oggetto l’individuare le zone disagiate e/o disagiatissime da inviare alla Regione, secondo una precisa scansione procedimentale caratterizzata dall’acquisizione del parere motivato del Comitato consultivo d’Azienda, e dall’esercizio di discrezionalità tecnica valutativa in relazione all’applicazione dei parametri indicati dall’AIR (rapporto superficie popolazione, condizioni viabilità e percorribilità delle strade, condizioni metereologiche), nel termine di tre mesi dalla pubblicazione dell’Accordo regionale.
In caso di inerzia della ASL, avrebbe provveduto direttamente la Regione, operando in via sussidiaria, dopo aver acquisito il parere obbligatorio del Comitato consultivo regionale.
12. Così ricostruito il quadro normativo e contrattuale, la tesi sostenuta dai ricorrenti originari, fatta propria dalla Corte territoriale, secondo cui sussisterebbe in base all’AIR responsabilità contrattuale della Regione, non è rispettosa dei canoni di ermeneutica di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c. perché tale assunzione di responsabilità non è ancorata ad alcun elemento testuale della previsione negoziale integrativa regionale, ed è anzi smentito dal rilievo che le parti collettive attribuiscono alla competenza delle ASL in ragione della normativa vigente, né argomenti in tal senso possono trarsi dall’ACN, che non è fonte negoziale diretta di disciplina del rapporto convenzionale considerato (si v., Cass., n. 28764 del 2018).
Di talché il compito assegnato in via sussidiaria dall’AIR alla Regione tiene conto dell’organizzazione amministrativa regionale del Servizio sanitario e dei rapporti tra ASL e Regione, ma non dà luogo ad un’obbligazione contrattuale tra la Regione e i medici convenzionati.
La determinazione delle zone disagiate/disagiatissime rimessa alle ASL e, in caso di inerzia delle stesse, alla Regione dall’Accordo integrativo regionale Abruzzo in attuazione dell’ACN D.P.R. n. 484 del 1996, costituisce una fase della più ampia procedura negoziale collettiva che definisce il trattamento economico dei medici in convenzione, e che una volta intervenuta, in ragione della previsione dell’art. 45, comma 2, lett. h dell’Accordo nazionale, e dell’AIR fa sorgere a carico dell’ASL, parte del contratto individuale, l’obbligazione contrattuale della corresponsione del relativo compenso variabile.
13. Qualora, come nel caso di specie, non avendo la ASL provveduto, la Regione provveda a distanza di tempo, non è ravvisabile in capo alla Regione una responsabilità contrattuale di fonte negoziale o legale, nei confronti dei medici in convenzione, atteso che la Regione non è parte del rapporto in convenzione, e le previsioni dell’AIR, come dell’ACN, non contengono un’obbligazione contrattuale a carico della Regione nei confronti dei medici, i quali una volta stipulato il contratto di lavoro professionale con la ASL, percepiscono il trattamento economico in ragione di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva nei diversi livelli in cui si è svolta, ambito nel quale si inserisce anche la individuazione dei territori quali zone disagiate o disagiatissime.
14. Dunque, il termine di prescrizione del diritto azionato dai ricorrenti originari, che la Corte d’Appello ha fatto decorrere dalla data di pubblicazione della Delib. Regionale n. 117 del 2005, epoca dalla quale avrebbe potuto essere esercitato il diritto, che individuava le zone disagiate, è quinquennale e non decennale, con la conseguenza che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto che alla data della notifica del primo ricorso (20 marzo 2013) lo stesso non fosse decorso.
15. Restano assorbiti i restanti profili di censura promossi in via gradata e per omesso esame.
16. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda dei controricorrenti.
17. In ragione della novità della questione le spese di giudizio vanno compensate tra le parti.
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda dei controricorrenti.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021