LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –
Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14389/2016 proposto da:
Agenzia delle Entrate e del Territorio, in persona del Direttore pro tempore (C.F.: *****), rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: *****), presso i cui Uffici si domicilia ope legis in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
A.D., nata a Palermo il ***** ed ivi residente alla ***** (C.F.: *****), rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. Emilio Amoroso del foro di Agrigento (C.F.: *****) ed elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Trionfale 7032, presso lo studio dell’Avv. Giorgio Franciosa;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4988/29/2015 emessa dalla CTR sicilia in data 03/12/2015 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Penta Andrea.
RITENUTO IN FATTO
Con atto rogato dal notaio Palermo il 21.01.2008, registrato a Sciacca in data 16.02.2008, A.D. vendeva alla “Fiori Village s.r.l.” un terreno edificabile per il prezzo pattuito di Euro 222.000,00. Veniva pagata l’imposta complementare di registro sul prezzo che nell’atto pubblico risultava indicato.
Con avviso di rettifica e liquidazione, l’Agenzia delle Entrate, in applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, rideterminava, ai fini della imposta complementare di registro, il valore del terreno (sito nel Comune di Menfi, della superficie catastale di mq. 32.062, facente parte di un piano di lottizzazione approvato con deliberazione n. 55/2007 del Consiglio comunale) in Euro 733.640,00; valore che traeva da atti di vendita di terreni similari ricadenti nella stessa zona, che non allegava all’avviso di liquidazione e rettifica, anche se deduceva che erano stati utilizzati per la stima del terreno, oggetto di vendita, della contribuente.
La rettifica del valore del terreno oggetto della compravendita determinava una imposta di registro superiore di Euro 27.376,00 che, con l’irrogata sanzione di eguale misura dell’imposta, determinava una intimazione di pagamento di Euro 50.624,50.
Con sentenza n. 620/5/13 (pronunciata il 17.04.2013 e depositata il 22.10.2013), la CTP di Agrigento rigettava il ricorso proposto dalla Arginoffi avverso il detto avviso.
Il 14-16/04/2014 veniva notificato all’Agenzia delle Entrate – Dir. Prov.- di Agrigento un ricorso d’appello della contribuente per la riforma della sentenza di primo grado.
L’appellante censurava la stessa con due motivi: con il primo, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, l’illegittima ed erronea valutazione del terreno aggetto di compravendita con atti aventi ad oggetto beni tutt’altro che identici o analoghi o similari; con il secondo, considerando la congruità del valore dichiarato desunto dal valore di terreni viciniori aventi la medesima nazione urbanistica e non oggetto di rettifica da parte dell’Ufficio impositore.
L’Agenzia delle Entrate, costituendosi, controdeduceva al ricorso d’appello della contribuente, chiedendo il rigetto dell’appello e la condanna della ricorrente alle spese di giudizio.
Nel corso dell’istruttoria del giudizio d’appello, in accoglimento di richiesta della contribuente, veniva disposta ed espletata una CTU.
Con sentenza del 3.12.2015, la CTR Sicilia accoglieva l’appello e, per l’effetto, annullava l’avviso originariamente impugnato, sulla base delle seguenti considerazioni:
1) pur avendo l’Ufficio dedotto nell’avviso di rettifica e liquidazione che era stato tenuto conto dei prezzi di compravendite recenti per beni similari, non aveva allegato allo stesso alcun atto, per cui non risultava il criterio supportato da alcun elemento certo;
2) inoltre, i primi giudici avevano motivato la decisione con un criterio comparativo riferito a valori di esproprio applicati dal Comune di Menfi per l’acquisizione di aree da espropriare in medesimi piani particolareggiati ed avevano dedotto nella decisione una riduzione di tali valori del 30%, in contraddizione, però, con quanto poi affermato che l’Ufficio, per tener conto delle limitazioni all’edificabilità, avrebbe ridotto i suddetti valori di oltre il 50%;
3) pertanto, la motivazione dei primi giudici doveva essere considerata solo apparente, oltre che contraddittoria in relazione al criterio di liquidazione adottato, non supportato da alcun elemento certo, quale non avrebbe potuto essere considerato il rilievo che “e’ stato tenuto conto dei prezzi di compravendite recenti per beni similari”, elemento di carattere puramente indiziario;
4) la disposta CTU aveva, in maniera esaustiva e con criteri tecnici condivisibili, stimato il valore venale del terreno in Euro 197.917,20, con ciò, conseguentemente, dimostrando una erronea valutazione dell’Ufficio.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate e del Territorio, sulla base di due motivi.
A.D. ha resistito con controricorso.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 2, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 15, e D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, in combinato disposto con l’art. 1292 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), per non aver la CTR considerato che, per effetto dell’acquiescenza all’atto impositivo con il versamento delle relative imposte da parte del coobbligato acquirente, il processo instaurato dal cedente doveva essere dichiarato estinto, essendo preclusa ogni possibilità di rimettere in discussione la pretesa di cui all’avviso di rettifica e liquidazione.
1.1. Il motivo è infondato.
In tema di solidarietà tributaria (nella fattispecie, per imposta di registro), qualora uno dei coobbligati, insorgendo avverso l’avviso di accertamento, ottenga un giudicato favorevole (anche se solo riduttivo del maggior valore accertato), non è precluso all’altro coobbligato, pur rimasto inerte di fronte all’avviso di accertamento ed all’avviso di liquidazione, di opporre all’amministrazione tale giudicato favorevole, ai sensi dell’art. 1306 c.c., comma 2. La prevalenza dell’unitarietà dell’obbligazione solidale nascente dallo stesso titolo sul suo aspetto pluralistico, sancita dal citato art. 1306 c.c., opera, infatti, sul piano processuale come deroga ai limiti soggettivi del giudicato e ne consente l’estensione, prescindendo dalle vicende extraprocessuali relative alla situazione sostanziale in cui versa il condebitore inerte, il quale perciò non incontra limiti diversi da quelli costituiti dal giudicato diretto o da preclusioni processuali.
In quest’ottica, Sez. 1, Sentenza n. 199 del 27/03/1985, ha statuito, avuto riguardo ad imposta di registro, che, qualora la controversia venga definita da una delle parti del contratto sottoposto a registrazione, mediante soddisfacimento del credito dell’amministrazione finanziaria e conseguente declaratoria di estinzione del procedimento, analoga declaratoria d’estinzione deve essere resa nel distinto procedimento inerente al medesimo tributo nel rapporto con l’altro contraente, condebitore solidale, restando egli liberato per effetto dell’adempimento del coobbligato (art. 1292 c.c.).
Parimenti, in tema di condono fiscale, la produzione del provvedimento con cui uno dei coobbligati al pagamento dell’imposta è stato ammesso alla definizione della lite fiscale pendente, della L. n. 289 del 2002, ex art. 16, determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio relativo all’impugnazione proposta da altro coobbligato avverso il medesimo atto impositivo, in quanto, ai sensi della citata L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 10, la definizione della lite effettuata da parte di uno dei coobbligati esplica efficacia anche a favore degli altri (Sez. 5, Sentenza n. 5393 del 05/03/2010).
Tuttavia, ciò non preclude al coobbligato solidale che non abbia inteso prestare acquiescenza al provvedimento impositivo, di farne valere l’illegittimità. Invero, resterebbe, altrimenti, esposto, da un lato, all’azione di regresso, ex art. 1299 c.c., del condebitore in solido che abbia pagato l’intero debito e, dall’altro lato, ad un accertamento sui redditi per la plusvalenza derivante dal maggior valore accertato.
D’altra parte, fermo restando che la notifica dell’avviso di liquidazione può essere eseguita anche nei confronti di una sola delle parti contraenti, portando agli estremi il ragionamento formulato dalla ricorrente, il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti di quella destinataria della notifica (o la definizione aliunde della vertenza, con conseguente incontestabilità della rettifica) precluderebbe l’impugnativa dell’altra anche qualora a quest’ultima non fosse stato notificato l’avviso.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 e art. 132 c.p.c., comma 2, lett. d), e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), ed il vizio motivazionale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non aver la CTR considerato che nella stima comparativa seguita per la determinazione del valore dell’appezzamento di terreno edificabile oggetto dell’atto di compravendita l’Ufficio aveva fatto riferimento a rogiti relativi a vendite di terreni ubicati nella stessa contrada “Fiori”, specificamente indicati nell’avviso di rettifica e liquidazione notificato.
2.1. Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.
In primo luogo, non è dato comprendere con riferimento a quale domanda la sentenza qui impugnata sarebbe affetta da omissione di pronuncia (pag. 18 del ricorso). Se l’omissione dovesse riferirsi all’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione, per essere l’atto impositivo divenuto definitivo e la pretesa tributaria cristallizzata (avendo la società acquirente Fiori Village s.r.l. accettato il valore rettificato dall’Ufficio e già provveduto al pagamento dell’intero; pag. 19 del ricorso), la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse sollevato tempestivamente la relativa questione, non essendovene cenno nella sentenza impugnata. In ogni caso, su tale profilo si rimanda all’analisi del primo motivo.
In secondo luogo, l’Agenzia si limita a reiterare, riproducendole, le deduzioni formulate in primo e in secondo grado, senza prendere posizione sulle affermazioni contenute nella sentenza della CTR.
Quest’ultima ha accolto il gravame proposto dalla contribuente, evidenziando che, per quanto l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato il detto maggior valore, nel caso di specie l’Ufficio aveva omesso di allegare all’avviso gli atti di compravendita recenti per beni similari, in tal guisa non risultando il criterio comparativo supportato da alcun elemento certo. Inoltre, ha posto in rilievo che il criterio comparativo utilizzato era irragionevolmente riferito a valori di esproprio applicati dal Comune di Menfi per l’acquisizione di aree da espropriare in medesimi piani particolareggiati. Infine, ha sottolineato la contraddittorietà nella quale era incorso l’Ufficio per aver, dapprima, indicato una riduzione dei detti valori del 30% e, poi, una riduzione degli stessi (al fine di tener conto delle limitazioni all’edificabilità nei piani di lottizzazione) di oltre il 50%. La ricorrente non si è confrontata con tali affermazioni, non deducendo ad esempio, che gli atti comparativi, sebbene non allegati all’avviso, fossero stati riprodotti nello stesso quanto al loro contenuto essenziale. Ciò alla luce del consolidato principio per cui, avendo la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa -, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale, senza poter invocare la violazione, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2-bis, del dovere di allegazione delle informazioni previste ove il contenuto essenziale degli atti sia stato riprodotto sull’avviso di accertamento.
In terzo luogo, in violazione del principio di specificità del ricorso, la ricorrente ha omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, l’avviso di liquidazione e rettifica impugnato, in tal guisa precludendo a questa Corte la possibilità di verificare la fondatezza delle proprie pur generiche asserzioni. In particolare, deve ritenersi non sufficientemente motivato l’avviso di rettifica e di liquidazione delle maggiori imposte ipotecarie e catastali, commisurate alla base imponibile dell’imposta di registro, riguardanti la compravendita di un complesso immobiliare, ove siano state indicate solo l’ubicazione, la destinazione e l’estensione dei beni, oggetto degli atti utilizzati per la comparazione, ritenuti non conoscibili, anche se si tratti di atti pubblici, in mancanza dell’indicazione del numero di repertorio e di raccolta, oltre che della data del rogito e del nominativo del notaio rogante (Sez. 5, Sentenza n. 3388 del 06/02/2019). In assenza di trascrizione, non è dato sapere se nell’avviso di rettifica siano stati “specificamente indicati” i rogiti relativi a vendite di terreni ubicati nella stessa contrada “Fiori”.
Da ultimo, avuto riguardo al vizio motivazionale, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conf. Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017 e Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018).
3. In definitiva, il ricorso non merita accoglimento. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550; Cass., n. 889/2017).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro 4.000,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio da remoto della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2021