LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 37666-2019 proposto da:
SYNLAB ITALIA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA, 11, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA LUCCHETTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO USAI;
– ricorrente –
contro
V.S.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELLA DOSSENA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1472/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’08/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Milano, con la pronuncia n. 369/2017, accoglieva la domanda presentata da V.S.B. nei confronti di Synlab Italia srl e riconosceva al ricorrente il diritto al risarcimento del danno sofferto in conseguenza dell’illegittimo recesso del contratto di lavoro intercorso tra le parti, liquidando il pregiudizio economico patito nell’importo di Euro 8.100,00 corrispondente alla misura dei compensi che sarebbero stati percepiti in difetto del recesso relativamente all’ultimo accordo vigente tra le parti avente scadenza *****.
2. Tra le parti era intercorso un primo contratto di consulenza, avente ad oggetto l’esecuzione di prelievi ematologici presso il punto prelievi della società in *****, cui aveva fatto seguito un secondo contratto (con decorrenza ***** – *****); nelle more della sua efficacia, tale ultimo contratto era stato sostituito da un ulteriore accordo, costituito da una lettera di incarico del *****, con la quale veniva conferita al V. la medesima attività professionale sino alla scadenza del ***** con la pattuizione espressa dell’automatico rinnovo di anno in anno salvo disdetta, da inviarsi con racc. ar., con preavviso di almeno 30 giorni; in data ***** la società comunicava la risoluzione contrattuale per lo spirare del termine del secondo contratto al *****, che veniva contestata per inesistenza del contratto cui si riferiva.
3. La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 1472 del 2019, confermava la decisione impugnata da Synlab.
4. I giudici di seconde cure rilevavano: a) la carenza di interesse in ordine alla statuizione con cui era stata disattesa l’eccezione di decadenza, essendo stato il rapporto intercorso tra le parti ritenuto autonomo; b) nel merito, la correttezza delle argomentazioni del primo giudice che aveva ritenuto che il riferimento della lettera del ***** ad un contratto non più esistenti, rendeva inefficace la disdetta stessa; c) ma quand’anche la disdetta si fosse voluta riferire al vigente accordo tra le parti, comunque sarebbe stata inefficacia per l’inesistenza del recesso ad nutum e per la inosservanza del termine di preavviso previsto; d) il quantum, come liquidato, era corretto perché parametrato alla somma che il V. avrebbe conseguito sino alla scadenza del contratto.
5. La Synlab Italia srl proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resisteva con controricorso V.S.B..
6. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
7. La Synlab Italia srl ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, e degli artt. 100,112, e 279 c.p.c., per non avere la Corte territoriale esaminato l’eccezione di decadenza citata L., ex art. 32, che, per il suo carattere pregiudiziale doveva essere scrutinata preliminarmente e a prescindere dal merito e che, nella fattispecie in esame, era fondata perché relativa ad un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.
3. Il motivo è infondato.
4. In primo luogo, va rilevato che non vi è stata, da parte della Corte territoriale, alcuna violazione del procedimento decisionale in quanto, per accertare se la fattispecie contrattuale, fonte del rapporto di lavoro, rientrasse o meno nell’ambito applicativo della L. n. 183 del 2010, art. 32, si doveva accertare preliminarmente la natura del rapporto stesso.
5. Il giudice, infatti, nell’esaminare le varie questioni prospettate dalle parti, è tenuto a dare priorità solo a quelle che, per loro natura e contenuto, come le pregiudiziali e le preliminari, meritano logica e giuridica precedenza mentre, negli altri casi, seppure l’opportunità di un loro coordinamento logico può suggerire una considerazione prioritaria di talune questioni rispetto ad altre e un particolare ordine di gradualità logica può apparire utile o apprezzabile, è tuttavia da escludere che il rispetto di un qualsiasi ordine prestabilita costituisca una condizione di legittimità della decisione, la quale può affrontare le varie questioni secondo la distribuzione ritenuta più opportuna (Cass. n. 17909 del 2018).
6. A ciò va aggiunto che, sulla natura di rapporto autonomo intercorso tra le parti, la Corte di merito ha dato atto che si era formato un giudicato interno (Cass. n. 16824/2013) per cui la questione della decadenza, rispetto ad un asserito rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, aveva perso ogni rilevanza e decisività, come correttamente rilevato in seconde cure.
7. Con il secondo motivo si contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223,1363 e 1366 c.c., e/o l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizi che è stato oggetto di discussione fra le parti, essendo stato il quantum liquidato, a titolo di risarcimento, in relazione alla illegittimità di un recesso operato ante tempus, con riguardo ad un contratto di lavoro autonomo, in modo erroneo, perché esso sarebbe stato dovuto solo se e nella misura in cui in tale contratto fosse stato previsto in favore del professionista il diritto a svolgere determinate prestazioni.
8. Il motivo è inammissibile.
9. La liquidazione equitativa del danno, nel caso in esame, è stata conseguenza dell’esercizio in concreto del potere discrezionale conferito al giudice di merito che non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della decisione abbia dato adeguatamente conto dell’uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito (Cass. n. 24070 del 2017).
10. Nella fattispecie, i giudici del merito hanno ancorato la liquidazione ai compensi ritenuti percepibili sulla base di dati, relativi a quelli percepiti, costanti nella misura e nella maturazione, come risultavano dalla produzione della documentazione contabile in atti.
11. Ne consegue, stante la logicità e la adeguatezza della motivazione, che alcun sindacato è ammissibile in questa sede.
12. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
13. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
14. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021