LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24381/2015 proposto da:
S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUTEZIA 5, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO ROMEO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA GRECO;
– ricorrente –
contro
EQUITALIA SUD S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso lo studio dell’avvocato CAROLINA VALENSISE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTA SCAGLIONE;
– controricorrente –
e contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO;
– resistenti con mandato –
avverso la sentenza n. 383/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 31/03/2015 R.G.N. 1066/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/05/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 31.3.2015, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da S.F. avverso il preavviso di fermo notificatogli il 17.7.2010 e relativo a due cartelle esattoriali non opposte nei termini, sul presupposto che la prescrizione dei crediti fosse stata interrotta in epoca successiva alla notifica delle cartelle stesse mediante altro preavviso di fermo notificatogli in data 4.7.2006;
che avverso tale pronuncia S.F. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che l’INPS, anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a., ha depositato delega in calce al ricorso notificato, mentre la società concessionaria dei servizi di riscossione ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1335,2697 e 2943 c.c., nonché del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, per avere la Corte di merito ritenuto che, avendo la società concessionaria prodotto in giudizio l’avviso di ricevimento asseritamente relativo al preavviso di fermo del 4.7.2006 e la stampa ad uso interno riepilogativa del suo contenuto, fosse suo onere dimostrare che l’avviso di ricevimento si riferiva in realtà ad un atto diverso, mentre era semmai onere del mittente, che non aveva prodotto il preavviso stesso, provare l’effettivo contenuto della busta cui si riferiva l’avviso di ricevimento e, specialmente, che la lettera ivi contenuta essa avesse i requisiti prescritti dall’art. 2943 c.c.;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e 29, art. 2937 c.c., R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 55 e L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, per avere la Corte territoriale ritenuto che la preclusione derivante dalla tardiva o mancata impugnazione della cartella esattoriale riguardasse anche la possibilità di eccepire la prescrizione già maturata al tempo della sua notifica, con conseguente possibilità per l’ente previdenziale di riscuotere contributi prescritti in violazione del divieto di ordine pubblico previsto dalle leggi vigenti;
che, con riguardo al primo motivo, va premesso che il principio di diritto sul quale parte ricorrente fonda la sua doglianza, secondo cui, in caso di notifica di cartella di pagamento mediante l’invio diretto di una busta chiusa raccomandata postale, di cui venga prodotto in atti solo l’avviso di ricevimento, sarebbe onere del mittente, in caso di contestazione del destinatario, di fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto (così Cass. n. 18252 del 2013), è stato successivamente superato da Cass. n. 16528 del 2018, che ha all’opposto affermato che la consegna del plico al domicilio del destinatario risultante dall’avviso di ricevimento fa presumere, ai sensi dell’art. 1335 c.c., la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, il quale, ove deduca che il plico non conteneva alcun atto o che lo stesso era diverso da quello che si assume spedito, è onerato della relativa prova, fermo restando che tale presunzione opera per la sola ipotesi di una busta che contenga un unico atto, mentre, ove il mittente affermi di averne inserito più di uno e il destinatario contesti tale circostanza, grava sul mittente l’onere di provare l’intervenuta notifica e quindi che tutti gli atti fossero contenuti nel plico (Cass. n. 30787 del 2019);
che, con riguardo all’atto di costituzione in mora inviato a mezzo busta raccomandata postale, si è altresì precisato che il debitore è esonerato dal provare l’eventuale diverso contenuto della lettera ricevuta solo in mancanza di una puntuale indicazione del testo della lettera asseritamente interruttiva da parte del creditore (Cass. n. 10536 del 2003), coerentemente con il principio secondo cui chi vuol provare il contenuto di una lettera raccomandata di cui non sia stata contestata la consegna può valersi anche di una copia e anche di presunzioni semplici (così già Cass. n. 1547 del 1967);
che, nel caso di specie, i giudici di merito si sono esattamente attenuti a tali principi, dal momento che, oltre a gravare l’odierno ricorrente dell’onere di dimostrare che il contenuto della lettera pervenutagli mediante la raccomandata della quale era stato prodotto in atti l’avviso di ricevimento fosse diverso da quello assunto dalla società concessionaria dei servizi di riscossione, ne hanno presuntivamente desunto il contenuto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 86 (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata);
che, conseguentemente, il primo motivo risulta infondato;
che, con riguardo al secondo motivo, costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce (soltanto) l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito (Cass. S.U. n. 23397 del 2016 e innumerevoli successive conformi);
che, costituendo l’eccezione di prescrizione un’eccezione tipicamente di merito, affatto correttamente i giudici territoriali ne hanno ritenuto la preclusione nel presente giudizio, potendo essa proporsi solo nel termine di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24;
che tale conclusione è insuscettibile di confliggere con il divieto per gli enti previdenziali di riscuotere contributi prescritti, dal momento che la rilevazione della prescrizione non potrebbe aver luogo che in un giudizio e l’effetto preclusivo che discende dal D.Lgs. n. 46 del 1999 cit., art. 24, consiste precisamente nell’estinguere l’azione volta all’instaurazione di un qualsiasi giudizio di cognizione volto all’accertamento dell’infondatezza della pretesa dell’ente previdenziale (così già Cass. n. 5550 del 2021, in motivazione);
che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità in favore della società concessionaria dei servizi di riscossione, non avendo l’INPS svolto difese apprezzabili al di là del deposito della procura in calce al ricorso notificatogli;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di Equitalia Sud s.p.a., che si liquidano in Euro 3.200,00, di cui 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 6 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021
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