LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10639/2016 proposto da:
Unipolsai Assicurazioni Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Silimbani Maurizio Giorgio, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Europa 190, presso lo studio dell’avvocato Ursino Anna Maria Rosaria, rappresentata e difesa dall’avvocato Cataldi Rossana, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6032/2015 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 14/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/04/2019 da Dott. SOLAINI LUCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per il rigetto;
udito l’Avvocato Silimbani per il ricorrente, che si riporta agli atti;
udito l’Avvocato Ursino per il controricorrente, che ha chiesto il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Fondiaria Sai S.p.A. (oggi UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA) citava a comparire dinnanzi al Giudice di pace di Torino POSTE ITALIANE S.p.A., chiedendone la condanna al pagamento, in suo favore, di Euro 1350,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dall’insorgere del diritto fino al saldo effettivo, esponendo che POSTE ITALIANE aveva pagato l’assegno n. ***** a tale R.R., soggetto diverso dall’originario beneficiario dell’assegno di traenza, in violazione dell’art. 43 Legge assegni.
A fondamento della propria domanda, La Fondiaria riteneva che il danno subito fosse in re ipsa, insito nella circostanza che dal proprio conto corrente fosse fuoriuscita una somma di denaro in favore di un soggetto non legittimato a riceverla, senza che fosse contestualmente estinta l’obbligazione nei confronti del reale beneficiario.
POSTE ITALIANE si costituiva sostenendo in particolare di avere posto in essere tutte le cautele richieste al fine di accertare la regolarità del titolo e che nel caso di specie doveva applicarsi il combinato disposto dell’art. 1189 c.c., comma 2 e art. 1992 c.c., comma 2, secondo cui il debitore che adempie, senza dolo o colpa grave, nei confronti del possessore del titolo è liberato anche se questi non è il titolare del diritto.
Evidenziava la medesima convenuta, inoltre, che il titolo era stato spedito al beneficiario per posta ordinaria, laddove la spedizione per posta assicurata avrebbe costituito comportamento diligente utile ad evitare, o almeno a ridurre il pericolo del lamentato danno del quale, peraltro, non risultava alcuna prova documentale.
Il Giudice di pace rigettava la domanda della Fondiaria Sai SpA.
La stessa Fondiaria Sai SpA proponeva gravame che il Tribunale di Torino, in funzione di giudice d’appello, respingeva con sentenza n. 6032/15 pubblicata il giorno 14.10.2015; l’appellante ribadiva la tesi del danno in re ipsa, a causa dell’illegittimo addebito di un importo non dovuto.
Da parte sua, a supporto della propria decisione di rigetto, il Tribunale torinese, confermava l’assunto che mancava la prova del danno.
In particolare, il giudice di seconde cure osservava che l’unico soggetto che appariva danneggiato, mancando la prova dell’anzidetto danno, era il reale beneficiario dell’assegno, dal momento che non constava agli atti l’emissione di un nuovo titolo in suo favore, nè la prova dell’addebito in conto corrente della somma pagata.
La UNIPOLSAI ricorre per Cassazione sulla base di due motivi, mentre resiste con controricorso Poste Italiane SpA.
Entrambe le parti hanno depositato memoria, ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la UNIPOLSAI contesta la violazione degli artt. 1218,1223,1224,2043,2697 e 2702 c.c., nonchè degli artt. 112,113,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in quanto, erroneamente, il Tribunale aveva confermato la sentenza di primo grado, sostenendo che mancasse la prova del danno, che era a carico dell’appellante, e consistente nella dimostrazione di aver effettuato un ulteriore pagamento all’originario avente diritto, mentre la prova del danno consisteva – ad avviso della ricorrente – nel pagamento delle somme negoziate con l’assegno di traenza, non trasferibile, in favore di soggetto non “titolato”, con illegittimo addebito a carico dell’assicurazione (circostanza pacifica perchè non contestata, v. p. 16 del ricorso).
Con il secondo motivo di ricorso, proposto in via subordinata, si denuncia, da una parte, il vizio di violazione di legge, in particolare, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2721 c.c. e 2726 c.c., anche in riferimento agli artt. 1218 e 2697 c.c., dall’altra, il vizio di nullità della sentenza per difetto di motivazione insufficienza e contraddittorietà della stessa, circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in quanto, una volta ritenuta necessaria la prova del danno, il Tribunale avrebbe dovuto ammettere tutti i mezzi istruttori e i capitoli di prova dedotti anche in appello dalla ricorrente.
Con gli “altri motivi di ricorso” la ricorrente deduce sull’irrilevanza della colpa, nella fattispecie de qua attinente a fattispecie contrattuale, declinata sotto il profilo dell’onere probatorio, della prova liberatoria, del limite all’adempimento ed all’impossibilità di bene adempiere.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la responsabilità (contrattuale) della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 Legge assegni (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, richiede la prova del danno (Cass. sez. un. 14712/07); tuttavia, tale danno, pur non dovendo derivare dalla prova del rinnovo del pagamento da parte dell’emittente consiste nella prova dell’addebito in conto dell’importo dell’assegno pagato a chi non era legittimato, senza corrispondente estinzione del debito verso il reale beneficiario. Pertanto, nel caso di specie, il motivo è infondato, poichè la società emittente non ha neppure dedotto che l’assegno le era stato addebitato dalla banca trattaria, ma ha sostenuto che il danno fosse in re ipsa, costituito dal solo illegittimo incasso, da parte di soggetto non legittimato.
Inoltre, in riferimento alla eccepita non contestazione da parte della banca (Poste italiane) dell’addebito dell’importo dell’assegno sul conto corrente di Fondiaria, quest’ultima non ha specificato dove abbia proposto tale specifica deduzione, mentre, sulla sussistenza della prova presuntiva che ciò fosse quello che era effettivamente accaduto, trattasi di deduzione di merito, non ammessa in sede di legittimità.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto la società ricorrente non ha espressamente censurato, in appello, la ratio decidendi della sentenza di primo grado di non ammissione della prova istruttoria sull’emissione di un secondo assegno, in favore del reale beneficiario, perchè reputata generica e irrilevante, in quanto riferita alla sola emissione di un nuovo assegno in favore dell’avente diritto all’indennizzo e non anche al conseguente incasso del medesimo da parte sua (v. pp. 5 e 6 della sentenza impugnata).
Con riferimento agli “altri motivi”, gli stessi sono inammissibili perchè consistenti in deduzioni generiche, slegate dalla concreta vicenda e, soprattutto da specifiche statuizioni della sentenza impugnata, delle quali costituiscano censure.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente a pagare a Poste Italiane SpA le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019
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