Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.29486 del 14/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 9797/2017 R.G. proposto da:

B.G.A., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Pietro Ruggiero e Nicola Francione, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Adda, n. 55;

– ricorrente –

contro

FAS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1749 della Corte d’appello di Torino pubblicata l’8 ottobre 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo;

uditi gli Avv.ti Stelvio De Frate e Nicola Francione;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del quarto motivo.

FATTI DI CAUSA

La FAS S.r.l. avviava, innanzi al Tribunale di Torino, una procedura esecutiva immobiliare ai danni di B.G., amministratore unico della B.G. Costruzioni S.r.l., in forza di quattro titoli cambiari rilasciati dal B. medesimo. Quest’ultimo proponeva opposizione all’esecuzione, disconoscendo le cambiali azionate e deducendo l’illegittimità della richiesta degli interessi moratori.

Costituendosi in giudizio, la FAS S.r.l. replicava che il B. aveva sottoscritto le cambiali non nella qualità di amministratore unico della B.G. Costruzioni S.r.l., bensì a titolo personale, in forza di un accollo liberatorio con quest’ultima; deduceva, inoltre, di aver completato i pagherò cambiari in conformità agli accordi raggiunti con il debitore.

Sospesa in via cautelare l’esecuzione, il B. introduceva il giudizio di merito, deducendo l’avvenuto pagamento parziale delle cambiali da parte della B.G. Costruzioni S.r.l. e riproponendo nel resto le domande formulate in sede cautelare.

La FAS S.r.l., dal canto suo, chiedeva che fosse accertata, la sussistenza di un accollo liberatorio, quale autonomo rapporto causale, tra la B.G. Costruzioni S.r.l. e il B. per il saldo del debito, ribadendo così la legittimità della procedura esecutiva intrapresa.

Il Tribunale di Torino rigettava l’opposizione, condannando il B. al pagamento delle spese di lite.

Quest’ultimo ha impugnato la sentenza di primo grado e la Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 1749/2016, ha rigettato integralmente il gravame.

Avverso tale decisione B.G. ha proposto ricorso per cassazione articolato in undici motivi, depositando altresì memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

La FAS S.r.l. ha resistito con controricorso.

La causa è stata inizialmente trattata in Camera di consiglio dalla Sesta Sezione Civile che, con ordinanza interlocutoria del 20 settembre 2018, prendendo atto della tempestività della notifica del ricorso introduttivo, ha rimesso il ricorso alla pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si rileva che il controricorso della FAS s.r.l. è inammissibile, in quanto privo di procura speciale alle liti per il giudizio di legittimità. Nello stesso, infatti, si richiama soltanto la procura alle liti rilasciata a margine dell’atto di precetto del 16 novembre 2011.

2.1 Venendo all’esame dei motivi del ricorso, con il primo si deduce la “nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,214 e 216 c.p.c., nonchè degli artt. 2697 e 2719 c.c., in riferimento dell’art. 360 c.p.c., nn. 3), 4) e 5)”.

La censura si articola in pluralità di profili, che risulta opportuno analizzare singolarmente.

In primo luogo, il ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui afferma che nella cambiale, a differenza di altre scritture private, risulta indifferente sia la grafia con la quale è stata compilata la scrittura, sia la circostanza che la compilazione della cambiale sia avvenuta ad opera di un terzo, essendo sufficiente la sottoscrizione per attribuire al firmatario la paternità dell’intero documento.

In secondo luogo, il ricorrente censura la statuizione della corte territoriale secondo cui il disconoscimento di un titolo cambiario, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., può avere ad oggetto la sola sottoscrizione del titolo, risultando irrilevante che esso sia stato completato da un altro soggetto.

Osserva il ricorrente come tali rilievi sarebbero in contrasto con il disposto dell’art. 214 c.p.c., il quale chiarisce come oggetto del disconoscimento possa essere sia la scrittura che la sottoscrizione, non risultando quindi irrilevante la circostanza che il contenuto del titolo sia stato materialmente completato da persona diversa dal sottoscrittore.

Inoltre, il ricorrente deduce che limitare l’oggetto del disconoscimento della cambiale alla sola sottoscrizione (escludendolo in ordine agli ulteriori elementi della data di emissione, scadenza di pagamento, importo e simili) risulterebbe in violazione del medesimo art. 214 c.p.c., in ragione della fondamentale rilevanza, ai fini degli effetti dell’atto negoziale, anche degli ulteriori elementi descritti.

In terzo luogo, il ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui essa adduce l’esistenza tra le parti di un “patto di riempimento” con il quale sarebbe stato autorizzato il completamento della cambiale da parte di un soggetto diverso dal sottoscrittore; e nella parte in cui ha ritenuto insussistente un disconoscimento da parte del B. in ordine alla sottoscrizione della cambiale.

Afferma infatti il ricorrente che non solo, da un lato, egli non ha mai dedotto la sussistenza di un “patto di riempimento”, ma che egli ha altresì espressamente disconosciuto la cambiale. In particolare, il disconoscimento sarebbe avvenuto avendo il B. dedotto di aver sottoscritto la cambiale nella qualità di amministratore unico della B.G. Costruzioni Srl, anzichè in proprio quale persona fisica.

Afferma dunque il ricorrente che, a fronte di tale disconoscimento, l’utilizzabilità delle cambiali quali elemento di prova avrebbe ineluttabilmente richiesto la proposizione dell’istanza di verificazione.

Da ultimo, riprendendo quanto sopra dedotto, il ricorrente lamenta il vizio di omessa pronuncia della sentenza impugnata, la quale nulla avrebbe statuito in ordine alla circostanza, dedotta nel giudizio di appello dal ricorrente, per cui la sottoscrizione del B. quale amministratore unico della B.G. Costruzioni avrebbe dispiegato effetto nei confronti della sola società, non anche verso il ricorrente quale persona fisica.

2.2 Il motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

La contestazione effettuata dal ricorrente nei giudizi di merito non assurge al rango di un vero e proprio disconoscimento. Egli, infatti, non ha contestato l’autenticità della sottoscrizione, quanto piuttosto che gli effetti di quella sottoscrizione avrebbero dovuto esplicarsi in capo alla BG Costruzioni S.r.l., anzichè direttamente nei suoi confronti quale persona fisica.

Tale contestazione non costituisce un disconoscimento, bensì un’eccezione in ordine agli effetti del titolo cambiario, la cui fondatezza, in accordo all’art. 2697 c.c., doveva essere provata dal B. in base agli ordinari canoni di riparto dell’onere probatorio.

Pertanto, correttamente la Corte d’appello ha escluso che avesse rilevanza il preteso disconoscimento, prospettato dal B. fra i motivi di gravame, e si è invece soffermata sui profili dell’imputazione degli effetti giuridici della cambiale alla società piuttosto che al suo legale rappresentante.

Consegue che il motivo, che ripropone il tema del disconoscimento della sottoscrizione, non intercettando le effettive ragioni della decisione, è inammissibile.

3.1 Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 1273 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 21 della Legge cambiaria (R.D. n. 1669 del 1933).

In particolare, la censura si incentra sulla sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che fosse onere del B. provare quale fosse il contenuto del patto di riempimento intercorso con la FAS S.r.l., dimostrando in tal modo che quest’ultima avesse riempito le cambiali in modo difforme dal mandato ad scribendum affidatole.

Ritiene, invece, il ricorrente che egli fosse esonerato da tale prova, stante l’inutilizzabilità in giudizio delle cambiali a causa dell’avvenuto disconoscimento e della mancata proposizione dell’istanza di verificazione.

In secondo luogo, il ricorrente sostiene che sarebbe stato onere della FAS S.r.l. provare l’accollo liberatorio, da essa invocato, tra la B.G. Costruzioni s.r.l. ed il B., e che, in assenza di detta prova, la FAS S.r.l. non avrebbe potuto far valere il proprio credito cambiario nei confronti del ricorrente. Ciò in quanto, nel giudizio di merito, la FAS S.r.l. aveva proposto una domanda riconvenzionale, non subordinata, volta ad accertare e dichiarare la sussistenza di detto accollo liberatorio.

Infine, il B. si duole della circostanza che la Corte d’appello avrebbe ignorato, in violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, alcuni elementi di fatto della vicenda (e cioè che il rapporto contrattuale di fornitura intercorse solamente tra la FAS S.r.l. e la B.G. Costruzioni s.r.l.; che il saldo della fornitura costituiva un debito commerciale della sola B.G. Costruzioni s.r.l.; che la FAS S.r.l. percepì dalla sola BG Costruzioni s.r.l. un pagamento parziale; che gli effetti cambiari erano stati domiciliati presso un conto bancario intestato alla B.G. Costruzioni S.r.l.).

3.2 Il motivo è infondato.

Il giudizio di merito prende le mosse da un’opposizione all’esecuzione proposta dal B., il quale contestò il diritto della FAS S.r.l. di procedere ad esecuzione forzata. Analogamente, anche il giudizio di appello è stato introdotto dal B., risultato soccombente in primo grado.

Nella veste di attore, prima, e di appellante, poi, era quindi onere del B. provare l’illegittimità della procedura esecutiva azionata a suo carico.

D’altronde, deve certamente escludersi che il portatore di una cambiale per porre in esecuzione il titolo debba dapprima provare il rapporto causale intercorrente fra l’emittente e il primo prenditore. E che le cambiali fossero pienamente utilizzabili è fuor di discussione, dal momento che la Corte d’appello ha ritenuto che la contestazione del B. non integrasse gli estremi di un vero e proprio disconoscimento (v. par. 2.2).

Risulta infondata anche la censura in ordine all’omesso esame di alcuni fatti del giudizio. Infatti, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte d’appello ha espressamente valutato le circostanze di fatto richiamate dal ricorrente, ritenendo tuttavia le stesse inidonee ad integrare delle presunzioni gravi, precise e concordanti tali da fondare gli assunti del B..

Le censure in esame, nella parte in cui sono volte a sovvertire quest’accertamento, implicano valutazioni in fatto precluse a questa Corte.

4. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2729 c.c., consistita nell’aver effettuato una valutazione atomistica di singoli elementi di prova, analizzandoli singolarmenti anzichè nella loro valenza e portata complessiva, in violazione dei parametri di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 c.c..

Il motivo è inammissibile.

Il vizio denunciato non sussiste, in quanto la Corte d’appello si è espressa in modo univoco sul valore complessivo da attribuire alle presunzioni di che trattasi, osservando che le stesse “non possono considerarsi precise e univoche” (pag. 11). Si tratta di un apprezzamento di merito che non può essere censurato in questa sede) anche per quanto precisato da Cass. Sez. U. 24/01/2018, n. 1784.

5. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,183 e 190 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c..

La doglianza riguarda la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la domanda del B. di accertamento l’avvenuto pagamento della somma di Euro 19.064,62 dalla BG Costruzioni S.r.l. alla FAS S.r.l., a parziale soddisfo del credito cambiario.

La decisione della Corte d’appello poggia su tre ragioni: a) il B. ha prodotto soltanto la copia del fronte di due assegni bancari emessi dalla Valco Costruzioni S.r.l. in favore della BG Costruzioni S.r.l., senza tuttavia produrre in giudizio copia del retro di tali assegni, talchè non vi sarebbe prova della girata di tali titoli in favore della FAS S.r.l.; b) quest’ultima ha espressamente contestato il pagamento, osservando che esso era avvenuto prima della scadenza delle cambiali e che nè il B. nè la BG Costruzioni avevano mai preteso la restituzione dei titoli; c) la questione dell’avvenuto pagamento parziale era stata prospettata per la prima volta non con l’atto introduttivo ma nel prosieguo della causa, sicchè la contestazione della FAS S.r.l. (avvenuta in sede di memorie di replica) doveva ritenersi tempestiva.

Il ricorrente censura tale statuizione sotto più profili.

Anzitutto, egli sostiene di aver dedotto il pagamento parziale già con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado; la contestazione della FAS S.r.l. non sarebbe stata quindi tempestiva, sicchè doveva ritenersi operante il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., con relativo esonero dall’onere probatorio in capo al B..

In secondo luogo, la circostanza che nè il B., nè la BG Costruzioni S.r.l. abbiano chiesto la restituzione dei titoli cambiari non incide sull’intervenuto pagamento parziale degli stessi.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

La corte territoriale sostiene che “nel ricorso in primo grado parte appellante non aveva in alcun modo dedotto l’avvenuto parziale pagamento del debito, sicchè la FAS nella sua comparsa non aveva contestato tale circostanza, ma lo ha fatto solo nel prosieguo della causa di primo grado a seguito della specificazione da parte del B. della eccezione di pagamento” (pag. 12).

Viceversa, il ricorrente sostiene di aver dedotto l’avvenuto pagamento parziale sia con il ricorso in opposizione all’esecuzione sia con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di merito. Sul punto, però, il motivo è incompleto, perchè omette di riprodurre il punto indicandone la sede processuale – in cui la questione sarebbe stata formulata per la prima volta. Non basta a soddisfare il requisito della specificità la generica indicazione di alcuni paragrafi degli atti introduttivi del giudizio, non accompagnata dal necessario momento di sintesi del contenuto di quelle pagine.

Piuttosto, il B. avrebbe avuto l’onere di indicare specificatamente gli atti e i documenti di cui discorre, localizzandoli in questo giudizio di legittimità e, prima ancora, nelle fasi di merito e di riprodurli direttamente od indirettamente (Sez. U, Sentenza n. 28547 del 02/12/2008, Rv. 605631 – 01, nonchè, ex multis, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7455 del 25/03/2013, Rv. 625596 – 01).

6. Con il quinto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1284 c.c., nonchè del D.Lgs. n. 231 del 2002, artt. 2 e 4, consistita nel condannare il B. alla corresponsione degli interessi moratori sulle somme oggetto delle cambiali. Il B. sostiene che, nella misura in cui si ritenga che le cambiali fossero riferibili a lui personalmente, non rivestendo egli la qualità di imprenditore, non potevano applicarsi gli speciali interessi di mora previsti per il ritardo nel pagamento nelle transazioni commerciali dal D.Lgs. n. 231 del 2002.

Il motivo è infondato.

Stante il rigetto dei precedenti motivi, deve ritenersi definitivamente accertato che le cambiali vennero sottoscritte dal B. a titolo personale, in forza di un accollo liberatorio con la B.G. Costruzioni S.r.l. Il debito originario, quindi, traeva origine da un rapporto fra imprese e ricadeva nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002.

Tanto premesso, deve escludersi che la successiva circolazione del debito per effetto dell’accollo (cumulativo o liberatorio che fosse) possa aver inciso sul regime degli interessi di mora. A ragionare diversamente, il contenuto del titolo cambierebbe a seconda della circolazione della cambiale. In sostanza, al fine di individuare se ad un determinato rapporto obbligatorio debbano applicarsi o meno gli interessi di mora previsti dal D.Lgs. n. 231 del 2002, occorre guardare alla qualità delle parti e alla natura del rapporto al tempo in cui sorge il debito, cioè al suo momento genetico, mentre le successive vicende dell’obbligazione non sono suscettibili di modificare il regime degli interessi.

Il tutto a tacere della circostanza che, poichè per la validità della girata non occorre la data, ragionando diversamente si porrebbero irrisolvibili problemi pratici sulla decorrenza dei diversi regimi di interessi.

7. Con il sesto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c., nonchè degli artt. 51 e 71 della Legge Cambiaria (R.D. n. 1669 del 1933).

Il ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui essa ha rigettato la sua domanda di accertamento dell’illegittimità dei protesti e della conseguente richiesta di risarcimento dei danni.

Il motivo è infondato.

In difetto di illegittimità della richiesta di pagamento nei confronti del B., non può infatti ritenersi illegittimo il protesto levato nei suoi confronti. Pertanto, l’infondatezza dei precedenti motivi di ricorso destituisce di pregio anche la presente doglianza.

8. Con il settimo motivo si invoca la violazione e falsa applicazione degli artt. 96 e 112 c.p.c.. Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine alla domanda da esso formulata di condanna della FAS S.r.l. al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

Il motivo è manifestamente infondato.

La domanda di risarcimento danni per responsabilità aggravata poggiava sul presupposto dell’illegittimità dei protesti levati sui titoli cambiari ai danni del B.. Nella misura in cui è stata accertata la legittimità dell’esecuzione forzata intrapresa ai danni del ricorrente, appare evidente che non vi sia spazio alcuno per la condanna del creditore ex art. 96 c.p.c..

L’accoglimento di una siffatta domanda sarebbe assolutamente incompatibile con il rigetto dell’opposizione all’esecuzione, sicchè non può dirsi che la Corte d’appello abbia omesso di esaminare la domanda del B., ma piuttosto che l’abbia implicitamente disattesa.

9. Con l’ottavo motivo si invoca la violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., nonchè del D.M. n. 55 del 2014, art. 28.

Il ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui quest’ultima avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di appello proposto in ordine alla liquidazione delle spese processuali, in relazione al quale il B. aveva dedotto l’erroneità della decisione di primo grado per aver essa applicato il D.L. n. 1 del 2012, art. 9 e il D.M. n. 140 del 2012 anzichè il D.M. n. 55 del 2014, entrato in vigore anteriormente (3 aprile 2014) alla pubblicazione della sentenza di primo grado (26 settembre 2014).

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente, infatti, non chiarisce il proprio interesse alla proposizione del motivo in esame, poichè non deduce nè prospetta che l’applicazione del D.M. n. 55 del 2014 sarebbe stata a lui più favorevole, in quanto l’ammontare delle spese processuali sarebbe stato inferiore.

10. Con il nono motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.. Il ricorrente si duole della mancata ammissione, da parte della corte territoriale, delle istanze istruttorie da lei formulate, rigettate in primo grado e riproposte in sede di appello.

In particolare, il ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto irrilevanti le istanze istruttorie, “atteso che i capitoli di prova indicati concernono circostanze inidonee a provare gli assunti dell’appellante (16 e 16bis) o afferenti domande assorbite (19 e 21)” (pag. 12).

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente, infatti, non ha convincentemente dimostrato l’illegittimità del giudizio di irrilevanza della prova, come sopra riportato.

11. Con il decimo e l’undicesimo motivo si invoca la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nonchè del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Il ricorrente si duole della condanna alle spese processuali e di quella al pagamento di un importo pari a quello del contributo unificato dovuto per l’impugnazione principale.

Tali statuizioni sarebbero illegittime, in quanto l’appello proposto dal B. avrebbe dovuto essere accolto.

I motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto sono entrambi condizionati all’accoglimento almeno parziale di uno dei motivi precedenti. L’infondatezza o l’inammissibilità di tutte le altre censure e, di conseguenza, la conclusiva conferma della sentenza d’appello priva di pregio le censure in esame.

Con particolare riferimento all’undicesimo motivo, si deve aggiungere che è inammissibile il ricorso per cassazione avverso le statuizioni della sentenza di appello che abbiano dato atto della sussistenza o insussistenza dei presupposti per l’erogazione, da parte del soccombente, di un importo pari a quello corrisposto per il contributo unificato, in quanto tale rilevamento, essendo un atto dovuto collegato al fatto oggettivo delle definizione del giudizio in senso sfavorevole all’impugnante, non ha un contenuto decisorio suscettibile di impugnazione, sicchè l’eventuale erroneità dell’indicazione sul punto potrà essere solo segnalata in sede di riscossione (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22867 del 09/11/2016, Rv. 643000 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15166 del 11/06/2018, Rv. 649329 – 01).

12. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non si provvede alla liquidazione delle spese processuali, stante la rilevata inammissibilità del controricorso.

Sussistono, invece, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019

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