Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.30850 del 26/11/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 638/2018 proposto da:

C.D., rappresentato e difeso dall’avvocato DIEGO BUSACCA;

– ricorrente –

contro

*****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OFANTO, 18, presso lo studio dell’avvocato PIETRO SCIUME’, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA RITA ISABELLA FAMA’;

A.D.V.C., N.M.G., A.D.V.V., AL.DI.VI.VA., rappresentati e difesi dall’avvocato DAFNE MUSOLINO;

– controricorrenti –

e contro

BONANNO DI G.A. & C. SAS, A.D.V.G.;

– intimati –

nonchè

sul ricorso proposto da:

*****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OFANTO, 18, presso lo studio dell’avvocato PIETRO SCIUME’, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA RITA ISABELLA FAMA’;

– ricorrente incidentale –

contro

C.D., A.D.V.C., N.M.G., A.D.V.V., AL.DI.VI.VA., BONANNO DI G.A. & C. SAS, A.D.V.G.;

– intimati –

nonchè

sul ricorso proposto da:

A.D.V.C., N.M.G., A.D.V.V., AL.DI.VI.VA., rappresentati e difesi dall’avvocato DAFNE MUSOLINO;

– ricorrenti incidentali –

contro

C.D., *****, BONANNO DI G.A. &

C. SAS, A.D.V.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 658/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 14/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, il rigetto del sesto motivo e l’assorbimento dei restanti motivi del ricorso principale; nonchè

per il rigetto del ricorso incidentale del *****, e per l’assorbimento del ricorso incidentale di N.M.G., Al.di.Vi.Va., A.d.V.V. e A.d.V.C.;

uditi gli Avvocati Busacca, Sciumè e Vignola per delega dell’Avvocato Musolino.

FATTI DI CAUSA

C.D. propone ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza n. 659/2017 della Corte d’appello di Messina, pubblicata il 14 giugno 2017.

Il *****, resiste con controricorso e propone ricorso incidentale articolato in quattro motivi.

N.M.G., Al.di.Vi.Va., A.d.V.V. e A.d.V.C. si difendono con controricorso e propongono ricorso incidentale in cinque motivi.

Rimangono altresì intimati, senza svolgere attività difensive, la Bonanno s.a.s. di G. e A.d.V.G..

C.D., conduttore in forza di affitto d’azienda di un immobile adibito a stazione di servizio per automezzi ed autorimessa, di proprietà dei signori A.d.V. e N., compreso nell’edificio del *****, con ricorso per procedimento sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c., depositato in data 5 ottobre 2009, convenne i proprietari A.d.V. e N., il Condominio e la Bonanno s.a.s. per ottenere il risarcimento dei danni cagionati dalle infiltrazioni d’acqua presenti nel locale. L’adito Tribunale di Messina dispose il mutamento del rito e la separazione di alcune delle domande principali e riconvenzionali nei rapporti fra il conduttore C. e i locatori A.d.V. e N., da trattare secondo le regole delle controversie di cui all’art. 447 bis c.p.c., nominando invece CTU per le restanti domande compatibili con il procedimento sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c.. All’udienza del 28 luglio 2016, dando lettura del provvedimento, il Tribunale di Messina con “sentenza n. 2186/2016”, dichiarò che “le infiltrazioni di umidità denunciate dal ricorrente nel ricorso introduttivo ex art. 702 bis c.p.c.” fossero “addebitabili alla mancata manutenzione e riparazione della condotte condominiali”, condannando il ***** ad eseguire le opere necessarie alla riparazione delle condotte, al rifacimento delle struttura del garage “*****”, una volta eliminata la causa delle infiltrazioni, ed ancora al risarcimento dei danni nell’importo di Euro 1.020,00 al mese con decorrenza dal 24 giugno 2009 sino alla data di eliminazione delle cause del danno.

Il *****, propose appello con citazione notificata il 27 ottobre 2016. C.D. eccepì in via pregiudiziale l’inammissibilità per tardività dell’appello principale, proponendo in subordine appello incidentale. In parziale accoglimento del gravame, la Corte di Messina con sentenza del 14 giugno 2017 rigettò la domanda di risarcimento dei danni da lucro cessante avanzata da C.D. e comunque condannò in solido Condominio e locatori all’esecuzione delle opere necessarie alla riparazione delle condotte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I.1. Il primo motivo del ricorso di C.D. denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 702 bis, 702 ter e 702 quater c.p.c., la nullità della sentenza e l’inammissibilità dell’appello principale per intempestività, con passaggio in giudicato della pronuncia del Tribunale. Viene evidenziato che lo stesso atto d’appello proposto dal *****, fosse espressamente volto, come si legge nella sua pagina 2, “avverso e per la riforma integrale della sentenza (rectius: ordinanza) n. 2186/16 pubblicata il 28/07/16 comunicata in pari data”. Si deduce anche la violazione del principio dell’ultrattività del rito.

Il secondo motivo del ricorso di C.D. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., comma 1, artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c. (omissione della “udienza filtro”, omessa valutazione dei requisiti di ammissibilità degli appelli).

Il terzo motivo del ricorso di C.D. deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia sull’appello incidentale).

Il quarto motivo del ricorso di C.D. denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e difetto di motivazione, per la confusione tra danno emergente e lucro cessante, nonchè la sussistenza di prove tecniche e documentali sul danno da lucro cessante.

Il quinto motivo del ricorso principale denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e segg. e l’illegittimità della compensazione delle spese giudiziali.

Il sesto motivo del ricorso di C.D. attiene alla mancata condanna del Condominio per responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c..

1.2. Il primo motivo del ricorso incidentale del *****, allega la violazione dell’art. 100 c.p.c., per la sopravvenuta carenza di interesse ad agire e di legittimazione attiva di C.D..

Il secondo motivo del ricorso incidentale del ***** deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., quanto alla valutazione delle prove sulla causa delle infiltrazioni ed il riparto delle responsabilità.

Il terzo motivo del ricorso incidentale del ***** denuncia la violazione dell’art. 2043 c.c., circa la valutazione delle prove con riferimento agli oneri di spesa.

Il quarto motivo del ricorso incidentale del ***** deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e segg. e l’illegittimità della compensazione delle spese.

1.3. Il primo motivo del ricorso incidentale di N.M.G., Al.di.Vi.Va., A.d.V.V. e A.d.V.C. (strutturato in un sottomotivo numerato 1.1.) deduce la violazione degli artt. 291,101 e 347 c.p.c. e l’errata motivazione, in relazione alla dichiarazione di contumacia delle appellate ed alla considerazione delle stesse come parti del giudizio di primo grado, destinatarie delle domande di C.D., con violazione del diritto di difesa e formazione del giudicato.

Il secondo motivo del ricorso incidentale N. – A.d.V. deduce la nullità della sentenza per omesso rinvio delle parti dinanzi al giudice di primo grado.

Il terzo motivo del ricorso incidentale N. – A.d.V. denuncia l’errata motivazione e la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 1127 c.c. (da intendere: art. 1227), quanto alla valutazione delle prove, del nesso di causalità e del riparto delle responsabilità relativi alle infiltrazioni.

Il quarto motivo del ricorso incidentale N. – A.d.V. prospetta la violazione degli artt. 1100 e 1118 c.c. e l’errata motivazione sul riparto delle responsabilità tra i proprietari degli immobili.

Il quinto motivo del ricorso incidentale N. – A.d.V. deduce la nullità della sentenza impugnata per contraddittorietà tra motivazione e dispositivo.

II. Il primo motivo del ricorso di C.D. risulta fondato.

La Corte d’appello di Messina ha affermato che il provvedimento reso il 28 luglio 2016 dal Tribunale, “pur avendo definito un procedimento sommario di cognizione”, introdotto col ricorso ex art. 702 bis c.p.c., del 5 ottobre 2009, era stato assunto “in forma di sentenza ed inserito nel Registro Generale delle Sentenze al n. 2186/2016”. Sicchè, “sulla base del nomen attribuito dal giudice di prime cure”, ad avviso della Corte di Messina, l’appellante ***** aveva legittimamente ritenuto, alla luce del principio dell’apparenza, di poter impugnare il provvedimento del Tribunale non già entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione, segnato dall’art. 702 quater c.p.c., ma nel più lungo termine di sei mesi ex art. 327 c.p.c., comma 1. La sentenza impugnata, per argomentare la statuizione di tempestività dell’appello notificato dal ***** il 27 ottobre 2016, ha così enunciato il principio secondo cui “l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un dato provvedimento giurisdizionale vada fatta in base al principio dell’apparenza, con riguardo esclusivo alla qualificazione del provvedimento compiuta dal giudice, indipendentemente dalla sua esattezza”.

Essendo dedotto col primo motivo del ricorso di C.D. un “error in procedendo”, il sindacato di questa Corte investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agli atti sui quali il ricorso è fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicità della interpretazione prescelta al riguardo dai giudici del merito.

La decisione della individuata questione di diritto adottata dalla Corte d’Appello di Messina contrasta con l’elaborazione ermeneutica di questa Corte.

E’ stato affermato in giurisprudenza che all’appello nel procedimento sommario di cognizione non è applicabile l’art. 327 c.p.c., comma 1 (se non nei limiti individuati da Cass. Sez. 3, 27/06/2018, n. 16893), poichè la decorrenza del termine per proporre tale mezzo di impugnazione dal deposito dell’ordinanza è logicamente e sistematicamente esclusa dalla previsione, contenuta nell’art. 702 quater c.p.c., della decorrenza dello stesso termine, per finalità acceleratorie, dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza medesima, ovvero, se sia stata resa in udienza e inserita a verbale, dalla data dell’udienza stessa (Cass. Sez. 2, 06/06/2018, n. 14478; Cass. Sez. 6 – 2, 09/05/2017, n. 11331).

Il primo motivo del ricorso di C.D. impone, dunque, di verificare se debba invece trovare applicazione il termine d’impugnazione di sei mesi, previsto dall’art. 327 c.p.c., allorchè il giudice adito con ricorso per procedimento sommario di cognizione, dopo aver proceduto nelle forme di cui agli artt. 702 bis c.p.c. e segg., e senza aver mai adottato alcun provvedimento di conversione del rito, come previsto dell’art. 702 ter c.p.c., comma 3, denomini poi erroneamente come “sentenza” (anzichè ordinanza) il provvedimento conclusivo di merito di accoglimento (o rigetto) della domanda.

E’ evidente come, nel caso in esame, l’errore del giudice sulla denominazione del provvedimento non comporti nè profili di contrasto fra forma adottata e contenuto sostanziale, nè dubbi sulla individuazione del mezzo d’impugnazione esperibile contro tale provvedimento (che è comunque l’appello), ma soltanto eventuali conseguenze ai fini della decorrenza e della durata del termine per appellare.

In ogni modo, nell’elaborazione del cosiddetto principio di “apparenza e affidabilità”, secondo l’insegnamento recato da Cass. Sez. U, 11/01/2011, n. 390, si è subito chiarito come esso imponga un’indagine sugli atti, al fine di accertare se l’adozione da parte del giudice di merito di quella determinata forma del provvedimento decisorio (nella specie, sentenza anzichè ordinanza, secondo il modello legale prescritto dell’art. 702 ter c.p.c., comma 6) sia stata o meno il risultato di una consapevole scelta, ancorchè non esplicitata con apposita motivazione, dovendosi trarre decisivi indizi di una tale scelta consapevole dalle concrete modalità con le quali si sia svolto il procedimento (cfr. Cass. Sez. 6 – 1, 08/03/2012, n. 3672; Cass. Sez. 6 – 1, 09/10/2015, n. 20385; Cass. Sez. 1, 15/01/2016, n. 623; Cass. Sez. L, 19/06/2018, n. 16138).

Il temperamento del principio di “apparenza e affidabilità” ai fini della individuazione del regime di impugnazione di un provvedimento non dà, pertanto, rilievo in sè alla denominazione ed alla forma esteriore adottate, quanto alla qualificazione, anche implicita, dell’azione compiuta dal giudice, in coerenza altresì con il principio cosiddetto della ultrattività del rito, dovendosi rinvenire la disciplina del gravame in quella dalla legge stabilita per il rito in concreto seguito nel grado precedente (arg. da Cass. Sez. 1, 08/01/2019, n. 210; Cass. Sez. 6 – 3, 09/08/2018, n. 20705; Cass. Sez. L, 26/05/2017, n. 13381; Cass. Sez. 1, del 13/02/2015, n. 2948; Cass. Sez. 3, 11/07/2014, n. 15897).

Nel caso della decisione adottata dal Tribunale di Messina il 28 luglio 2016, la denominazione di “sentenza” non risulta frutto di alcuna meditata valutazione da parte del giudice, nulla emergendo in tal senso dalla pronuncia come dallo svolgimento del procedimento, non ravvisandosi alcunchè di neppure sostanzialmente equipollente ad un provvedimento di conversione del rito sommario in cognizione ordinaria a norma dell’art. 702 ter c.p.c., comma 3 (avendo invece il Tribunale immediatamente disposto la separazione di alcune delle domande intercorrenti tra il conduttore C. e i locatori A.d.V. e N., perchè venissero trattate secondo il rito di cui all’art. 447 bis c.p.c.).

Nè potevano ricorrere gli estremi per la rimessione in termini, in forza dell’art. 153 c.p.c., richiesta dal controricorrente Condominio, postulando la stessa la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, mentre quanto finora considerato ha escluso che l’erronea denominazione del provvedimento fosse idonea a fondare un legittimo affidamento sul diverso termine per appellare.

Va quindi affermato che l’errato nomen juris di sentenza attribuito al provvedimento conclusivo di merito con cui viene accolta una domanda proposta ai sensi degli artt. 702 bis c.p.c. e segg., all’esito di giudizio interamente svoltosi secondo le regole del procedimento sommario di cognizione, senza che risulti una consapevole scelta del giudice di qualificare diversamente l’azione o di convertire il rito in ordinario, non comporta l’applicazione del termine d’impugnazione di sei mesi, previsto dall’art. 327 c.p.c., restando comunque l’appello soggetto al regime suo proprio di cui all’art. 702 quater c.p.c..

L’appello notificato in data 27 ottobre 2016 dal ***** avverso il provvedimento di accoglimento della domanda ex art. 702 bis c.p.c., di C.D., pronunciato dal Tribunale di Messina all’udienza del 28 luglio 2016, era, pertanto, inammissibile per tardività, in relazione al termine di trenta giorni stabilito dall’art. 702 quater c.p.c. (rimanendo così assorbito l’appello incidentale proposto in via subordinata da C.D.).

In accoglimento del primo motivo del ricorso principale di C.D., la sentenza impugnata, che ha giudicato sull’appello inammissibile del *****, deve essere cassata senza rinvio, a norma dell’art. 382 c.p.c., comma 3, in quanto il processo non poteva essere proseguito.

Va autonomamente rigettato il sesto motivo del ricorso di C.D., circa la mancata condanna del Condominio per responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c., in quanto, avendo la Corte di Messina accolto l’appello del medesimo *****, essa non poteva di certo fare applicazione della norma citata, la quale suppone la totale soccombenza della parte che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. L’esito di cassazione senza rinvio della sentenza impugnata comporta, piuttosto, la necessità che sia la Corte di cassazione a pronunciare sulle spese di tutto il giudizio a norma dell’art. 385 c.p.c., nonchè sull’eventuale istanza di condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., proposta nel giudizio di legittimità, ove sia accertato il dato complessivo della soccombenza dolosa o gravemente colposa, avendo riguardo all’esito globale della controversia. Avendo invece riguardo alla domanda ex art. 96 c.p.c., che C.D. ha formulato nel proprio ricorso per cassazione, manca la connotazione della mala fede o colpa grave della condotta processuale del *****, occorrente per la condanna ex art. 91 c.p.c., comma 1, applicabile ratione temporis.

Rimangono assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e i ricorsi incidentali proposti dal *****, e da N.M.G., Al.di.Vi.Va., A.d.V.V. e A.d.V.C..

Alla luce della reciproca soccombenza rispetto alle pretese di merito azionate e delle peculiari vicende procedimentali che hanno connotato i giudizi di impugnazione, si ravvisano le ragioni per compensare per intero tra le parti le spese processuali sostenute nel giudizio di appello e nel giudizio di cassazione.

Stante il parziale accoglimento del ricorso principale e l’assorbimento dei due ricorsi incidentali, non trova applicazione per nessuna delle impugnazioni l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, agli effetti del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. Tale obbligo sussiste, infatti, soltanto “quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile…”, e, trattandosi di misura eccezionale, la norma di cui al citato art. 13, comma 1 quater, non è suscettibile di interpretazione analogica, non trovando perciò applicazione nemmeno allorchè, come nel caso in esame, i ricorsi, o singoli motivi di essi, non vengano decisi per il sopravvenuto difetto di interesse correlato ad una pronuncia assorbente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale di C.D., rigetta il sesto motivo, dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale nonchè i ricorsi incidentali proposti dal *****, e da N.M.G., Al.di.Vi.Va., A.d.V.V. e A.d.V.C., cassa senza rinvio la sentenza impugnata perchè il processo non poteva essere proseguito e compensa tra le parti le spese processuali sostenute nel giudizio di appello e nel giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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