LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15242-2020 proposto da:
A.I., A.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA, 55 presso lo studio dell’avvocato MARCELLO IZZO, rappresentati e difesi dall’avvocato GENNARO TORRESE;
– ricorrenti –
contro
S.M., D.G.G., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato PASQUALE STRIANO;
– controricorrenti –
per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA, depositata il 06/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa GORGONI MARILENA;
lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del SOSTITUTO PROCURATORE DOTT. PEPE ALESSANDRO che chiede che la Corte di Cassazione, respinga il ricorso, con le conseguenze di legge.
RILEVATO
che:
A.V. e A.I. ricorrono per regolamento necessario di competenza avverso l’ordinanza, depositata in data 6 aprile 2020, con cui il Tribunale di Torre Annunziata dichiarava la propria incompetenza funzionale a favore della Corte d’Appello di Napoli.
Resistono con controricorso D.G.G. e S.M..
A.V. e A.I. citavano D.G.G. e S.M., condannati in sede penale per i reati di cui agli artt. 582,585,594 e 612 c.p., dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, perché quantificasse il danno da loro risentito quale conseguenza dei reati accertati a carico dei convenuti.
Stante la pendenza del giudizio di cassazione avverso il provvedimento penale di condanna emesso dalla Corte d’Appello di Napoli, con la pronuncia n. 10899/17, il giudizio veniva sospeso.
Con sentenza n. 30450/2019, la Corte di Cassazione penale riformava la sentenza di condanna della Corte d’Appello di Napoli, rilevando l’intervenuta prescrizione unitamente ad un vizio di motivazione in ordine alla responsabilità dell’imputato, disponeva l’annullamento senza rinvio della sentenza stessa e, “stante che essa conteneva anche la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, l’annullamento delle statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello”.
A.V. ed A.I. assumono di aver riassunto sia il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli, come indicato dalla Suprema Corte, ai fini dell’accertamento della responsabilità civile degli odierni controricorrenti, sia il procedimento sospeso dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, avente ad oggetto la mera quantificazione dei danni subiti.
Il Tribunale di Torre Annunziata, nonostante l’istanza di sospensione, ex art. 295 c.p.c., formulata dai ricorrenti volta ad attendere le decisioni pregiudiziali della Corte d’Appello civile di Napoli, emetteva l’ordinanza oggetto dell’odierno ricorso, con cui rilevava d’ufficio la litispendenza, ex art. 39 c.p.c., tra il giudizio innanzi a sé e quello pendente davanti alla Corte d’Appello di Napoli, quale giudice di rinvio, ex art. 622 c.p.p., dichiarava la propria incompetenza funzionale a conoscere la domanda attorea, la cui cognizione giudicava attribuita, per effetto della sentenza n. 30450/2019 di questo Supremo Consesso, alla Corte d’Appello di Napoli e condannava A.V. ed A.I. al pagamento delle spese di lite.
Il Procuratore generale, nella persona del Sostituto Procuratore, Dott. Alessandro Pepe, ha chiesto il rigetto del ricorso, per le seguenti ragioni:
i) non sussiste tra le due controversie totale identità, perché nel giudizio di rinvio, dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli, era stato invocato solo l’accertamento dei danni derivanti dai reati-illeciti commessi dagli originari imputati, senza chiederne la condanna risarcitoria, oggetto del giudizio pendente dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata;
ii) non ricorre tra i due giudizi una situazione di litispendenza, bensì di continenza, in cui la causa continente è quella pendente dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata;
iii) il risultato non cambia perché la devoluzione della controversia alla Corte d’Appello di Napoli da parte della pronuncia della Suprema Corte, per un nuovo esame, è stata piena; il giudizio di rinvio alla Corte d’Appello, ex art. 622 c.p.p., dà vita ad una totale transiatio iudicii, ove la pretesa risarcitoria va esaminata, secondo le regole civilistiche, anche nel quantum, senza che ricorra alcun vizio per il fatto che venga meno il doppio grado di giurisdizione, non avente copertura costituzionale;
iv) solo se non riassume il giudizio ai sensi dell’art. 622 c.p.p., la parte sarebbe libera di dar vita ad un nuovo giudizio o di riassumere il processo civile già iniziato;
v) la domanda civile proposta in sede penale aveva ad oggetto anche il riconoscimento di una provvisionale ex art. 539 c.p.p., comma 2; il che non poteva non implicare che la domanda comprendesse la condanna risarcitoria, essendo la situazione speculare a quella di cui all’art. 278 c.p.c., ove, dopo la provvisionale, il giudizio prosegue per la liquidazione e il risarcimento dell’intero danno.
In vista dell’odierna camera di consiglio i controricorrenti depositano memoria, con cui, oltre a ribadire quanto affermato nel controricorso, danno atto che la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza parziale n. 427/2021, ha dichiarato la sua competenza a pronunciarsi sia sull’an che sul quantum debeatur.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 384, comma 2, c.p.c., per avere il Tribunale di Torre Annunziata dichiarato la litispendenza senza considerare che tra i due giudizi indicati non vi era identità di oggetto e di petitum.
La tesi sostenuta è che la domanda rivolta al Tribunale di Torre Annunziata aveva per oggetto solo la quantificazione dei danni, a seguito delle sentenze penali che avevano accertato la responsabilità degli imputati nella causazione dei medesimi. Invece, il processo dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli aveva per oggetto l’accertamento della responsabilità civile di S.M. e D.G.G. al verificarsi dei danni. Tra i due processi vi era un rapporto di pregiudizialità, giacché, solamente dopo l’accertamento della responsabilità civile da parte della Corte d’Appello, il Tribunale di Torre Annunziata avrebbe potuto determinare il quantum debeatur. La dichiarazione di litispendenza, invece, estinguendo il giudizio dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, obbligherebbe la parte eventualmente vincitrice a promuovere un’identica domanda giudiziale avente ad oggetto la quantificazione dei danni, in violazione del principio della ragionevole durata del processo.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano “Violazione e falsa applicazione dell’art. 39 c.p.c. con omissione di concessione dei termini a difesa da parte del giudice in violazione del principio del contraddittorio”. Pur non avendo il giudice a quo invitato i difensori delle parti alla precisazione delle conclusioni né concesso i termini per le comparse conclusionali, la tesi dei ricorrenti è che l’unica modalità di impugnazione dell’ordinanza del 6 aprile 2020 sia il regolamento necessario di competenza, avendo l’ordinanza deciso, con carattere di definitività, sulla litispendenza.
3. Deve darsi atto che, come dedotto dagli odierni ricorrenti, con l’ultimo motivo di ricorso, avverso l’ordinanza n. 64/2020 del Tribunale di Torre Annunziata è proponibile il regolamento necessario di competenza, attesone il carattere decisorio (conformemente a Cass., Sez. un., 21/09/2014, n. 20449).
4. In ordine al primo motivo, occorre muovere dal dato, costituito dal contenuto della domanda formulata dagli odierni ricorrenti quando si erano costituiti parte civile nel processo penale: domanda che, come accertato dal Collegio, si era sostanziata nella richiesta di accertamento della responsabilità civile degli imputati volta al conseguimento del risarcimento dei danni, rispetto ai quali avevano, come rilevato dal PM, ottenuto una provvisionale.
Tenuto conto che il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli, quale giudice di rinvio ex art. 622 c.p.p., ha per oggetto tutto ciò che sarebbe stato da decidere in ordine all’azione civile esercitata dalla parte civile nell’ambito del processo penale non può che trarsi la conclusione che tra il giudizio riassunto dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli e quello riassunto dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata ricorra una situazione di litispendenza, per la ragione che. nel giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p., la Corte d’Appello ha il potere di decidere sia in ordine all’an sia in ordine al quantum, non potendosi consentire al danneggiato di assumere in tale processo una posizione diversa rispetto a quella assunta nel giudizio di penale, ove era avvenuta la costituzione di parte civile.
Come questa Suprema Corte ha già avuto occasione di chiarire, i rapporti tra il giudizio civile e quello penale sono stati oggetto di un’attenta revisione da parte del legislatore ed attualmente sono improntati ad un principio di tendenziale separazione ed autonomia, le cui origini ed i cui riflessi sono ampiamente illustrati, in particolare, da Cass. 12/06/2019, n. 15859, cui si rinvia.
Ai fini che qui interessano, preme mettere in evidenza che il titolare dell’azione civile ha la scelta se attivarla nell’ambito del giudizio penale oppure esercitarla in sede civile. La costituzione di parte civile nel processo penale si prospetta come lo strumento tendenzialmente preferibile di tutela del diritto alle restituzioni ed al risarcimento del danno per determinate categorie di reati. La scelta concreta fra il cumulo o la separazione delle azioni – che il soggetto danneggiato ha l’onere di compiere, tenendo comparativamente conto dei vantaggi e degli svantaggi ottenibili, sul piano processuale, da ciascuna delle opzioni nella sua disponibilità – deve misurarsi con il fatto che la fattispecie genetica del diritto al risarcimento e’, in base alla legge civile, più ampia ed articolata di quella configurabile in forza della norma incriminatrice penale; essa, dunque, non è a quest’ultima esattamente sovrapponibile, ma configura e schiude un ambito di cognizione giudiziale ben più esteso, sì da preconizzare un ventaglio più ampio di forme di tutela reintegrativa che possono essere ottenute solo tramite una pronuncia del giudice civile e all’occorrenza di presupposti differenti. A valle della scelta di costituirsi parte civile nel processo penale, si colloca l’eventualità del giudizio di rinvio dinanzi al giudice civile a seguito della sentenza di legittimità che annulli la sentenza penale. Come si collochi questo giudizio rispetto al processo già celebrato e conclusosi con la sentenza della Corte di Cassazione, quali effetti vi esplichi la sentenza di annullamento e, dal punto di vista processuale, a quali regole debba soggiacere sono questioni che hanno trovato una soluzione, avallata anche dalla pronuncia della Corte di Cassazione penale, Sezioni Unite, 4/06/2021, n. 22065, nella giurisprudenza più recente di questa Corte. Detta soluzione risulta in continuità con la regola del favor separationis ed ispirata al principio generale dell’ordinamento della parità e della originarietà dei diversi ordini giurisdizionali, al contenimento delle ipotesi di interferenza tra i diversi procedimenti, cui corrisponde la propensione a considerare di stretta interpretazione ogni disposizione che si ponga come derogatoria rispetto al favor separationis; essa culmina con il riconoscimento che il giudizio di rinvio dinanzi alla Corte d’Appello competente per territorio e per valore ex art. 622 c.p.p. sia un giudizio trasmigrato dalla sede penale a quella civile, in quanto più consona ad accertare, senza deroghe e limitazioni alle regole processuali civilistiche ed a quelle sostanziali, una situazione soggettiva ed oggettiva del tutto autonoma (il fatto illecito) rispetto a quella posta a fondamento della doverosa comminatoria della sanzione penale (il reato), attesa la limitata condivisione, tra l’interesse civilistico e quello penalistico, del solo punto in comune del ‘fattò (e non della sua qualificazione), quale presupposto del diritto al risarcimento, da un lato, e del dovere di punire, dall’altro. In sostanza, il giudizio che si svolge dinanzi al giudice civile cui è stato rimesso è autonomo strutturalmente e funzionalmente da quello penale da cui proviene.
Pur dovendosi diversificare secondo le “ragioni” per le quali il giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. è stato disposto e cioè se: a) a seguito di annullamento su ricorso della parte civile “ai soli effetti della responsabilità civile”, ex art. 576 c.p.p., della sentenza di proscioglimento limitatamente agli effetti civili; b) a seguito dell’annullamento delle sole disposizioni o capi della sentenza penale di condanna dell’imputato che riguardano l’azione civile (su ricorso dell’imputato ex art. 574 c.p.p. o della parte civile ex art. 576 c.p.p.), c) a seguito di pronuncia, nel precedente grado di giudizio, di condanna, anche generica alle restituzioni e al risarcimento dei danni, quando il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare estinto il reato per amnistia o prescrizione, decidono sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti civili (art. 578 c.p.p.). Nel primo caso l’annullamento ha per oggetto gli effetti civili della sentenza di assoluzione, gli ultimi due devono essere ulteriormente disarticolati, perché in un caso la sentenza penale di condanna, relativamente agli effetti penale, passa in giudicato, nell’altro, al contrario, non si forma alcun giudicato.
La cornice entro cui si colloca la vicenda per cui è causa è l’ultima (lett. c). Gli odierni controricorrenti, imputati, avevano impugnato quanto alla loro responsabilità la sentenza della Corte d’Appello di Napoli che li aveva condannati; e logicamente dalla decisione penale di quest’ultima era insorta la “dipendenza” della pronuncia di condanna risarcitoria, poiché ne era disceso l’accertamento dell’an dei danni risarcibili; a nulla rilevando più neppure il fatto che il relativo quantum era stato chiesto al giudice civile, dato che, in una domanda risarcitoria, l’an è imprescindibile presupposto del quantum. Come precisato da Cass. n. 15182/2017, cit.: “La rimessione al giudice civile ex art. 539 c.p.p. sprigiona effetto, infatti, soltanto se si forma il giudicato sui capi della sentenza penale da cui dipende il quantum della pretesa civile – come accadrebbe, per esempio, se il condannato impugnasse non sulla sua responsabilità penale, bensì esclusivamente su profili attinenti al trattamento sanzionatorio -“:
Detto giudicato, nella vicenda per cui è causa, non si è formato. “E ciò significa che l’azione civile rimane nell’ambito del processo penale nella sua integrità, senza alcuna scissione tra an e quantum… Quando, allora, il giudizio penale si conclude perché il giudice di legittimità “annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l’azione civile” oppure “accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato” (ricorso in tal caso proposto soltanto, è ovvio, dalla parte civile) – ai sensi nell’art. 622 c.p.p. – la rimessione al giudice civile quale giudice di rinvio significa inevitabilmente conferirgli la cognizione di tutto quanto ancora non è stato deciso con pronuncia passata in giudicato a proposito della domanda civile che la parte civile aveva inserito nel giudizio penale. Non sussiste, quindi, una scissione paragonabile a quella dell’ipotesi di rimessione ex art. 539 c.p.p.: quel che residua della regiudicanda come riguardante la domanda civile viene tutto convogliato davanti “al giudice civile competente per valore in grado di appello””: Cass. 15182/2017, cit.
Ricapitolando: la parte civile, esercitando l’azione civile nell’ambito del giudizio penale, ha perseguito la completa tutela del suo diritto esattamente come l’avrebbe potuta perseguire in sede civile, atteso che il rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p. ha consentito una piena transiatio del giudizio sulla domanda civile superstite a quello penale operata dal giudice di legittimità penale. Di conseguenza, la Corte d’Appello nel giudizio di rinvio era investita della decisione in ordine all’an ed al quantum della condanna risarcitoria.
5. Non può non rilevarsi, infine, che non hanno pregio le argomentazioni difensive dei ricorrenti, secondo cui, una volta ottenuta la pronuncia sull’an da parte della Corte d’Appello nel giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p., essi sarebbero costretti ad avviare ex novo un giudizio al solo scopo di ottenere la quantificazione del danno. Dette conclusioni si fondano, infatti, su una interpretazione dei rapporti tra il giudizio civile e quello penale non più attuale (cfr. supra p. 4.), risultando evidente che i ricorrenti attribuiscono alla costituzione della parte civile nel processo penale effetti ridimensionati, tesi ad attenuare nettamente l’interesse del danneggiato a costituirsi parte civile non in sintonia con quelli voluti dal legislatore del 1988.
6. Ne consegue che tra il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli e quello pendente dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata ricorre una situazione di litispendenza, avendo ad oggetto entrambi la richiesta di condanna risarcitoria per i medesimi fatti illeciti.
7. La Corte, dunque, non accoglie il ricorso, dichiara la litispendenza tra il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli e il giudizio instaurato dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata tra A.V. e A.I. e D.G.G. e S.M., dispone la cancellazione dal ruolo della causa pendente dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, successivamente introdotta da A.V. e A.I..
8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
9. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico dei ricorrenti l’obbligo del pagamento del doppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara la litispendenza tra il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli e il giudizio instaurato dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata tra A.V. e A.I. e D.G.G. e S.M., dispone la cancellazione dal ruolo del giudizio pendente dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, successivamente introdotto.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della parte controricorrente, liquidandole in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2021
Codice Procedura Civile > Articolo 278 - Condanna generica - Provvisionale | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 295 - Sospensione necessaria | Codice Procedura Civile
Codice Penale > Articolo 582 - Lesione personale | Codice Penale
Codice Penale > Articolo 585 - Circostanze aggravanti | Codice Penale
Codice Penale > Articolo 594 - Ingiuria | Codice Penale