LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 5951/2017 proposto da:
B.G., elettivamente domiciliata in Roma, Corso Trieste n. 87, presso lo studio dell’avvocato Antonucci Arturo, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati Vassalle Roberto, Virgili Francesca, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Banca Popolare di Vicenza s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Nazionale n. 204, presso lo studio dell’avvocato Zitiello Luca, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Musco Carbonaro Benedetta, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 98/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/06/2021 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.
La Corte:
RILEVA 1. – Ru.Ma.An. ha convenuto in giudizio Banca Popolare di Vicenza soc. coop. p.a. onde ottenere la declaratoria di nullità o l’annullamento dell’ordine di acquisto da lei impartito in esecuzione del contratto di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini sottoscritto in data 30 agosto 1994. Ha dedotto di non aver mai sottoscritto l’ordine e ha lamentato la violazione, da parte della banca, degli obblighi informativi previsti dalla disciplina normativa, primaria e regolamentare.
Il Tribunale di Brescia ha dichiarato la nullità dell’ordine di acquisto oggetto di lite per difetto di forma scritta, oltre che per la violazione delle norme imperative; per l’effetto ha condannato la convenuta al pagamento della somma complessiva di Euro 105.000,00, corrispondente a quanto oggetto di investimento, con detrazione del valore delle cedole incassate in virtù dei titoli acquistati, pari a Euro 7.885,93; ha altresì condannato l’attrice alla restituzione dei titoli medesimi.
2. – Banca Popolare di Vicenza ha proposto gravame, cui ha resistito B.G., costituitasi in giudizio quale erede dell’attrice vittoriosa in primo grado, nel frattempo deceduta.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 16 gennaio 2017, ha riformato la sentenza di primo grado e rigettato le domande proposte; ha quindi condannato l’appellata alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione della detta pronuncia, pari a Euro 136.401,39, oltre interessi. Il giudice distrettuale, pur riconoscendo l’inadempimento della banca agli obblighi informativi, ha osservato come l’appellata nulla avesse eccepito a fronte della deduzione della banca per cui, ai fini della liquidazione del danno, si sarebbe dovuto “tenere conto dell’aumento di valore dei titoli scambiati con quelli caduti in default ovvero della noncuranza con cui la cliente aveva gestito il proprio patrimonio non avendo fatto nulla per limitare le perdite”; ha aggiunto, in proposito, che B.G. non aveva argomentato in merito alla produzione documentale attestante la valorizzazione delle obbligazioni argentine, il cui prezzo risultava, all’attualità, superiore a quello del tempo dell’investimento. Con riguardo alle nullità contrattuali dedotte dalla banca, e basate su vizi di forma, la Corte territoriale ha in sintesi osservato: che nel giudizio avente ad oggetto la nullità degli ordini investimento, il giudice di appello non può esaminare, come domanda nuova, quella vertente sulla nullità del contratto quadro; che, comunque, tale contratto non poteva considerarsi privo del requisito formale in ragione della mancata sottoscrizione della banca; che il requisito di forma contemplato dall’art. 23 t.u.f. concerneva il contratto quadro, e non i singoli ordini di investimento impartiti all’intermediario, onde non poteva trovare riscontro la lamentata nullità dell’ordine di acquisto delle obbligazioni argentine, oggetto di causa.
3. – Avverso la decisione resa dal giudice del gravame ha proposto ricorso per cassazione B.G., la quale ha fatto valere sei motivi di impugnazione. Ha resistito con controricorso Banca Popolare di Vicenza, che a sua volta ha svolto una impugnazione incidentale basata su quattro motivi. Sono state depositate memorie.
4. – Col primo motivo del ricorso principale sono lamentati la falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e la violazione dell’art. 1421 c.c., in relazione alla ritenuta novità dell’eccezione di nullità dell’ordine per mancanza di valido contratto quadro, oltre che la violazione dell’art. 23 t.u.f. (D.Lgs. n. 58 del 1998), artt. 1321 e 1421 c.c., in relazione alla inesistenza di valido contratto quadro, non sottoscritto dalla banca, e alla conseguente nullità dell’operazione oggetto di causa. Deduce la ricorrente che le nullità di protezione debbono essere rilevate d’ufficio dal giudice, anche in appello, allorché ciò corrisponda all’interesse del contraente nel cui interesse esse sono previste. Osserva, poi, che il giudice di appello avrebbe dovuto “dichiarare la nullità dell’investimento di causa in quanto posto in essere in assenza di valido contratto quadro, tale non essendo la mera dichiarazione unilaterale ricognitiva del solo cliente”.
Il secondo motivo di ricorso principale oppone la violazione dell’art. 23 t.u.f. e art. 1325 c.c., in relazione alla natura dell’ordine di borsa e alla possibilità, negata dalla sentenza, di dichiarare la nullità del singolo ordine e della singola operazione. Viene censurata la “categorica affermazione”, contenuta nella sentenza impugnata, per cui l’ordine di borsa, in quanto atto esecutivo del contratto quadro, non potrebbe essere dichiarato nullo; si assume che tale rilievo sia contrario al diritto e, segnatamente, alle disposizioni richiamate.
Col terzo motivo la ricorrente B. lamenta la violazione degli artt. 1352 c.c. e segg. e dell’art. 23, comma 6, t.u.f., in relazione alla forma dell’ordine e alla prova del conferimento dello stesso. Si imputa alla Corte distrettuale di aver omesso di considerare l’art. 1 del contratto di intermediazione del 30 agosto 1994, il quale stabiliva che gli ordini fossero “conferiti di norma per iscritto” e che ove impartiti telefonicamente, ne facesse prova “la relativa registrazione della banca”, comunque facoltizzata a richiedere la conferma scritta dei detti ordini. Deduce la ricorrente che il giudice di appello, sulla base di tale regolamentazione pattizia, avrebbe dovuto quindi ritenere non raggiunta, da parte della banca, la prova del conferimento dell’ordine.
Il quarto motivo dell’impugnazione principale oppone la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di risoluzione e la nullità della sentenza. Deduce la ricorrente che la Corte di appello avrebbe mancato di statuire sulla domanda subordinata proposta col proprio atto di gravame, avente ad oggetto la risoluzione dell’ordine di investimento. Rileva la stessa istante che tale domanda, pur non essendo stata espressamente formulata in primo grado, doveva ritenersi implicitamente proposta; ricorda, in proposito, che il giudice del merito, nell’individuare il contenuto delle domande, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le medesime sono espresse, ma deve aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte.
Col quinto motivo del ricorso principale, proposto da B.G., la sentenza impugnata è censurata per falsa applicazione degli artt. 1227 e 1223 c.c., in relazione alla ritenuta sussistenza di un concorso di colpa dell’investitrice. Lamenta la ricorrente che la sentenza di appello, pur avendo affermato la sussistenza di un nesso causale tra il comportamento inadempiente della banca e il danno, aveva negato il risarcimento per non avere l’investitrice aderito all’offerta pubblica di scambio formulata dalla Repubblica Argentina. Deduce, al riguardo, non potersi configurare un concorso di colpa del danneggiato, per non aver questi aderito a un’offerta pubblica di nuova collocazione di obbligazioni argentine dal momento che non può farsi carico all’investitore di “non essersi, prudentemente, nuovamente fidato di un titolo emesso da un’emittente già resosi insolvente”.
Col sesto mezzo la ricorrente principale lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di restituzione dei titoli consegnati alla banca in esecuzione della sentenza di primo grado. Viene denunciato, in sintesi, che il giudice distrettuale abbia mancato di statuire sulla domanda subordinata dell’odierna istante avente ad oggetto la restituzione dei titoli che la medesima aveva consegnato alla banca per dare attuazione alla pronuncia resa dal Tribunale, che aveva accolto la propria domanda, ma riconosciuto il diritto dell’intermediario a ricevere i titoli oggetto dell’investimento.
Il primo motivo del ricorso incidentale prospetta la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul motivo di appello relativo alla presunta inammissibilità della testimonianza della dipendente della banca; lamenta, quindi, la nullità della sentenza impugnata. Assume la ricorrente incidentale che la Corte di merito avrebbe completamente omesso di esaminare il motivo di appello da essa articolato e relativo alla presunta inammissibilità della deposizione testimoniale di una propria dipendente.
Col secondo mezzo dell’impugnazione incidentale sono denunciate la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. e la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sul motivo di appello relativo alla mancata assunzione della prova testimoniale al fine di dimostrare la segnalazione di inadeguatezza. La pronuncia di appello è censurata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che essa banca non avesse fornito idoneo supporto probatorio alla propria allegazione circa l’impossibilità di rinvenire prova scritta della segnalazione di inadeguatezza dell’operazione di investimento rispetto al profilo di rischio della cliente. E’ lamentata, in particolare, la mancata esplicitazione delle ragioni per le quali la prova per testimoni volta a dimostrare la segnalazione di inadeguatezza dell’operazione di investimento doveva ritenersi inammissibile.
Il terzo motivo del ricorso della banca censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 1 del 1991, art. 6, comma 1, lett. b), in relazione alla presunta mancata consegna del documento sui rischi generali di cui all’art. 28 reg. Consob n. 11522/1998. Viene osservato che al momento della sottoscrizione del contratto quadro da parte della cliente (agosto 1994) la normativa di riferimento non prevedeva la consegna del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, che era stato introdotto solo nel 1997.
Col quarto motivo del ricorso incidentale sono denunciate la violazione e falsa applicazione dell’art. 23, comma 6, t.u.f. e degli artt. 1218 e 2697 c.c.. Secondo l’istante il giudice del gravame avrebbe errato nel ritenere in re ipsa la sussistenza del nesso causale tra inadempimento e danno, dal momento che tale relazione avrebbe dovuto essere provata da controparte. E’ spiegato che la prova del nesso causale in questione deve essere sempre dimostrata da chi agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno e che, nella fattispecie, gli investimenti posti in atto dall’originaria attrice contestualmente o successivamente all’operazione oggetto di causa escludevano in radice il nesso causale tra l’inadempimento e il pregiudizio patrimoniale lamentato, “essendo provato in via documentale che la de cuius, quantomeno a far data dall’anno 2000, ha sistematicamente investito in titoli della Repubblica Argentina, evidentemente perché attratta dagli elevati rendimenti che li caratterizzavano”.
5. – Come rammentato da entrambe le parti nelle rispettive memorie, Banca Popolare di Vicenza, nelle more del presente giudizio di legittimità, è stata posta in liquidazione coatta amministrativa: procedura il cui avvio e svolgimento sono regolate dal D.L. n. 99 del 2017 (convertito con modificazioni, dalla L. n. 212 del 2017). Ricorda poi la ricorrente che, in conformità dell’art. 3 del detto Decreto è stata disposta, in data 26 giugno 2017, la cessione del compendio aziendale a Banca Intesa Sanpaolo.
Gli effetti dell’apertura della procedura concorsuale sul giudizio proposto nei confronti delle banche sono, come è noto, disciplinati dall’art. 83, comma 3, t.u.b.; nella fattispecie viene tuttavia in considerazione il successivo trasferimento del compendio aziendale a un soggetto terzo, onde occorre esaminare come reagisca la norma richiamata con tale evenienza.
Reputa il Collegio che la questione, anche per il rilievo che assume sul piano pratico, prospettandosi con riguardo a tutte le controversie che siano state instaurate contro Banca Popolare di Vicenza in bonis, meriti di essere approfondita in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte:
rimette la causa alla pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 15 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021
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