Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.32754 del 09/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9137-2018 proposto da:

L.V.D., L.L., I.C., (VEDOVA L.), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SFORZA PALLAVICINI 18, presso lo studio dell’avvocato ISIDORO TOSCANO, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO GIANNANDREA;

– ricorrenti –

contro

– ZURICH INSANCE PUBLIC LIMITED COMPANY RAPPRESENTANZA GENERALE PER L’ITALIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI PELLEGRINO, rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO RUSSI;

– FINCANTIERI CANTIERI NAVALI ITALIANI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI presso lo studio dell’avvocato ENZO MORRICO, che la rappresenta e difende;

– ALLIANZ S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO, 17/A, presso lo studio dell’avvocato MICHELE CLEMENTE, che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI S.P.A., GENERALI ITALIA S.P.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 54/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 16/03/2017 R.G.N. 2656/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/06/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza n. 54/2017 la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia resa dal Tribunale della stessa sede, in data 4.4.2014, con la quale era stata rigettata la domanda proposta da L.V.D., L.L. e I.C., eredi del de cuius L.R., nei confronti di Fincantieri Cantieri Navali Italiani spa, la quale aveva chiamato in causa le compagnie assicuratrici in epigrafe indicate al fine di essere da loro eventualmente manievata, per sentirla condannare, previo accertamento del nesso eziologico tra la morte del predetto L.R. e la condotta colposa della società, alla corresponsione in favore di ciascuno degli eredi del risarcimento per tutti i danni sofferti dal defunto, trasmessi agli eredi iure successionis, nonché al risarcimento di tutti i danni sofferti dagli attori causati dalla condotta posta in essere dalla società.

2. A fondamento della decisione i giudici di seconde cure, premessa l’ammissibilità dl gravame, hanno rilevato che: a) tra il L.R. e la società era intercorso un verbale conciliativo, riguardante la risoluzione del rapporto con incentivo all’esodo, in cui vi era stata la rinuncia del lavoratore ai diritti vantati iure hereditatis dagli eredi, in particolare al risarcimento danno ex art. 2043 e ss. c.c., 2087 e 2116 c.c.; b) per quanto riguardava i diritti vantati iure proprio dagli eredi, consistenti in notevoli pregiudizi patiti sia a livello psico-fisico che economico, non era stata fornita alcuna prova del danno lamentato; c) quand’anche si fosse voluto ritenere assolto l’onere probatorio, il risarcimento del danno richiesto non sarebbe stato possibile per il decorso del termine prescrizionale di cinque anni ai sensi dell’art. 2948 c.c., avendo riguardo al momento in cui la malattia professionale era stata percepita (1984) ovvero riconosciuta con la sentenza del 1988 del Pretore di Bari; d) in relazione alla eccezione di prescrizione, sollevata nella memoria di costituzione, da Fincantieri con riguardo all’intera domanda proposta, non era ravvisabile alcun vizio di ultra petizione atteso che la prescrizione era stata riferita al “danno lamentato dagli eredi” e, quindi, a tutti i diritti per i quali i ricorrenti avevano agito in giudizio; e) quanto al termine della prescrizione, lo stesso andava individuato in quello quinquennale e non erano state ipotizzate, né erano ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione; f) a fronte della decorrenza individuata alla data dell’1.6.1984, il primo atto interruttivo era stato il tentativo obbligatorio di conciliazione del 24.2.1999, allorquando la pretesa si era ormai prescritta; g) il decorso della prescrizione ha valore oggettivo per cui non rilevava che il L., al momento della presentazione della domanda amministrativa all’INAIL, non avesse certezza sia in ordine alla consapevolezza piena della malattia, sia in ordine alla riferibilità causale di esso alla attività di lavoro prestata presso altra società.

3. Gli eredi L., sopra indicati, hanno proposto ricorso per cassazione affidato a sette articolati motivi. Hanno resistito con controricorso la Zurich Insurance Public Limited Company Rappresentanza Generale per l’Italia, la Allianz spa e la Fincantieri spa.

4. Le società hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 112,99,345 e 132 c.p.c., art. 2697 c.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 1325 c.c., n. 1, artt. 1324,195,1966,1346,1418 e 1421 c.c., art. 1362 c.c., commi 1 e 2, artt. 1363,1366,2043,2087,2059 e 2113 c.c., art. 410 c.p.c., art. 32 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omesso esame di un motivo di appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. I ricorrenti lamentano lo stravolgimento del motivo di appello, da parte della Corte territoriale, che avrebbe erroneamente ritenuto che, nel proporre gravame, non fosse stata chiesta la riforma totale della sentenza di primo grado, così anche della parte in cui questa aveva compreso come oggetto della dichiarazione di rinuncia generale contenuta nell’atto di transazione anche il diritto al risarcimento del danno biologico da malattia professionale. Deducono, poi, l’omessa o inesatta applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale, assumendo che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il vincolo sinallagmatico andava individuato solo tra l’erogazione della somma di lire 28.000.000 e l’incentivazione all’esodo e non anche con la rinuncia al risarcimento dei danni. Infine, obiettano l’erroneità della statuizione della Corte di appello perché era stato omesso di considerare che, nell’oggetto della dichiarazione abdicativa, non poteva essere sicuramente ricompreso il diritto al cd. danno iure proprio, perché sorto successivamente e perché estraneo al riferimento normativo contenuto nella transazione.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,187,345 e 101 c.p.c., art. 24 Cost., artt. 115 e 329 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonché la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 2697,2043,2087 e 2059 c.c., art. 2047 c.c., commi 1 e 3, art. 2935 c.c., art. 116 c.p.c., artt. 2727 e 2729 c.c., artt. 589,590 e 185 c.p.; la motivazione apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e l’omesso esame di fati decisivi per il giudizio discussi dalle parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 5. Eccepiscono i ricorrenti la nullità della sentenza per alterazione dei termini della controversia rispetto a quelli sui quali il giudice di appello era stato chiamato a pronunciarsi; l’apparenza della motivazione della gravata sentenza in ordine alla ritenuta mancata dimostrazione della prova del danno iure proprio, l’omissione al ricorso delle previsioni per considerare raggiunta la prova del danno da perdita dei rapporti parentali nonché l’omesso esame circa il contenuto degli atti di causa appositamente richiamati che avrebbero potuto fare desumere, in via inferenziale, l’esistenza di un trauma emozionale e di un danno esistenziale iure proprio per i parenti.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 112 e 99 c.p.c., art. 2697 c.c., comma 2 e art. 2938 c.c. (vizio di ultra-petizione) nonché omesso esame di una parte del 2 motivo di appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 3. Deducono l’erroneità della decisione della Corte territoriale nella parte in cui non era stato accolto il motivo di gravame consistente nella denuncia di ultra-petizione di cui sarebbe stata viziata la sentenza di primo grado lì dove era stata accolta l’eccezione di prescrizione sollevata da Fincantieri riferendola a tutti i diritti rivendicati dagli attori e non solo a quello riguardante il risarcimento del danno biologico.

5. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omesso esame (quanto meno parziale) del motivo individuato, nell’atto di appello, quale motivo sub lett. b), nell’ambito del 2 motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: in particolare, della doglianza relativa al termine iniziale di decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno iure proprio, che andava, invece, individuato con l’evento morte da cui il diritto avrebbe potuto essere esercitato ex art. 2935 c.c..

6. Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 2043 c.c., art. 2947 c.c., comma 1, art. 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che, anche qualora si fosse voluto ritenere che la Corte territoriale avesse esaminato la questione di cui al quarto motivo, comunque la decisione sarebbe stata errata in ordine alla individuazione della decorrenza del termine di prescrizione.

7. Con il sesto motivo i ricorrenti eccepiscono la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omesso esame del motivo individuato nell’atto di appello, quale motivo sub lett. c) nell’ambito del 2 motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo alla questione afferente all’interruzione della prescrizione costituita dalla avvenuta transazione intercorso tra il de cuius e la Fincantieri spa.

8. Con il settimo motivo si obietta la violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, art. 345 c.p.c. (per omesso rilievo di giudicato interno), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonché la violazione del combinato disposto di cui agli artt. 2043,2087,2059 e 2935 c.c., art. 2047 c.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. I ricorrenti lamentano che la Corte territoriale avrebbe motivato in contrasto con quanto statuito dal Tribunale in ordine al dies a quo della prescrizione, così violando il principio del giudicato interno e che avrebbe errato nel ritenere che il termine prescrizionale non decorresse da quando la malattia professionale si fosse manifestata con certezza e ne fosse conoscibile la eziologia professionale.

9. Per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica devono essere esaminati preliminarmente i motivi riguardanti le questioni della prescrizione dei diritti azionati nel presente giudizio.

10. Il terzo motivo è infondato non essendo ravvisabile alcun vizio di ultra-petizione dal momento che l’eccezione di prescrizione sollevata dalla società controricorrente nel giudizio di primo grado correttamente è stata riferita dalla Corte territoriale, conformemente alla formulazione della stessa, in via generale ai danni lamentati dai ricorrenti, risultando, pertanto, compresi sia il danno biologico patito dal de cuius e richiesto dai ricorrenti iure hereditatis, sia quelli autonomi iure proprio.

11. Il quarto ed il quinto motivo, in quanto interferenti tra loro, devono essere scrutinati congiuntamente.

12. Essi sono infondati.

13. In primo luogo, va disatteso il vizio di omesso esame, ex art. 112 c.p.c., del motivo di appello relativo alla individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno iure proprio, in quanto la Corte territoriale ha esaminato la censura proposta dai ricorrenti e ha anche esplicitamente, espresso le ragioni a fondamento del rigetto di tale motivo di appello.

14. In secondo luogo, deve osservarsi che i giudici di seconde cure, in relazione al profilo della individuazione del dies a quo, hanno fatto applicazione dei consolidati principi indicati da questa Corte, ritenendo correttamente che, trattandosi di responsabilità extracontrattuale e non essendo ipotizzabili figure di reato tali da innalzare il termine ai sensi dell’art. 2947 c.c., comma 3, il termine di decorrenza della prescrizione per il danno subito dal soggetto in vita rimane quello quinquennale previsto dall’art. 2935 c.c. e art. 2947 c.c., comma 1 ed il dies a quo va individuato nel momento in cui il lavoratore deceduto ha avuto piena consapevolezza della malattia.

15. Tale momento coincide con la conoscibilità della eziologia professionale della malattia e rappresenta un quid pluris rispetto alla semplice manifestazione all’esterno della patologia. (Cass. n. 4774/1997; Cass. n. 19022/2007; Cass. 24586/2019; Cass. n. 16605/2020).

16. Il medesimo criterio va adottato anche ai fini della decorrenza del termine ordinario di prescrizione del diritto al correlato risarcimento del danno riconducibile all’art. 2059 c.c., trattandosi di situazione analoga e addirittura sovrapponibile (Cass. n. 10441/2007).

17. Parimenti infondato il sesto motivo di ricorso inerente al presunto mancato esame da parte della Corte territoriale dell’intervento di un atto interruttivo della prescrizione.

18. Giova premettere che costituisce vizio di omessa pronuncia l’omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda o su un’eccezione di parte o su un’istanza che richieda una statuizione di accoglimento o di rigetto, tale da dare luogo alla inesistenza di una decisione sul punto per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto, salva l’ipotesi in cui ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro assorbimento in altre declaratorie (Cass. n. 4079/2005; Cass. n. 10696/2007).

19. Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale ha valutato il profilo relativo alla sussistenza di un atto interruttivo della prescrizione, ma ha concluso, in sostanza, che esso fosse intervenuto in un momento in cui la pretesa dei ricorrenti si fosse oramai già ampiamente prescritta: in particolare, dal contesto di tutta la gravata sentenza, si desume che alcun valore poteva derivare dal riconoscimento del diritto insito nel verbale di conciliazione del 7.11.1994, per quanto riguardava la posizione del de cuius, perché in quella sede questi aveva rinunciato ad ogni credito risarcitorio e, per i diritti vantati dagli eredi iure proprio, perché, alla data del verbale del 7.11.1994, era già decorsa la prescrizione quinquennale del diritto di natura extracontrattuale, decorrente, come già detto, dall’1.6.1984 in cui fu diagnosticata la patologia, ovvero dall’8.11.1988, in cui fu pubblicata la sentenza del Pretore di Bari di riconoscimento della malattia professionale.

20. Il settimo motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse.

21. Infatti, la Corte territoriale, pur avendo individuato un diverso termine di decorrenza per la prescrizione dei diritti vantati sia iure hereditatis che iure proprio, in ogni caso ha ritenuto, con argomentazioni ritenute corrette, la loro avvenuta prescrizione quinquennale anche con riguardo al differente termine di decorrenza rappresentato dalla data di pubblicazione della sentenza del Pretore di Bari di accertamento della broncopatia come malattia professionale dell’8.11.1988.

22. L’eventuale accoglimento della censura non potrebbe, quindi comportare in nessun caso la cassazione della gravata sentenza di talché è ravvisabile, in capo ai ricorrenti, una carenza di interesse.

23. Infine, anche le censure veicolate con i primi due motivi di ricorso sono inammissibili per carenza di interesse.

24. Infatti esse, fondate rispettivamente sulla avvenuta rinuncia dei diritti vantati dal de cuius con la intercorsa transazione e sulla mancata dimostrazione dei danni per quelli iure proprio, non possono scalfire l’altra ratio decidendi della decisione impugnata relativa alla intervenuta prescrizione e, pertanto, risultano superate dal rigetto delle doglianze relative ad essa (Cass. n. 22753/2011; Cass. n. 3633/2017).

25. Alla stregua di quanto sopra esposto il ricorso deve essere rigettato.

26. Al rigetto segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

27. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 9 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2021

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