LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Crispi 6 di B.M. & C. s.a.s., con sede in Monza, in persona del socio accomandatario sig. B.M., e E.C., rappresentati e difesi per procura alle liti a margine del ricorso dagli Avvocati Fausto Martinetti, e Giuseppe Gigli, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via G. Pisanelli n. 4.
– ricorrenti –
contro
O. Progetti s.a.s. di G.O. & C., in persona del legale rappresentante sig. O.G., rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al controricorso dagli Avvocati Luigi Troisi, Cesare Perletti, e Fabio Francesco Franco, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Giovanni Pierl Luigi da Palestrina n. 19.
– controricorrente –
Fragola s.r.l.; S.H. s.r.l.
– intimati –
avverso la sentenza n. 2073 della Corte di appello di Milano depositata il 27.5.2016.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 2073 del 27.5.2016 la Corte di appello di Milano, in accoglimento parziale dell’appello principale proposto da Crispi 6 di B.M. & C. s.a.s. e di E.C. e di quello incidentale avanzato dalla O. Progetti s.a.s. di G.O. & C., condannò la società Crispi 6 e E.C., quale socia accomandataria, al pagamento della somma di Euro 93.040,66, minore di quella di Euro 96.119,20 liquidata in primo grado, a titolo di pagamento del prezzo dei lavori di appalto eseguiti dalla società O. in forza del contratto del 24.5.2007, previa compensazione dell’importo pari alle spese necessarie per l’eliminazione dei difetti delle opere, oltre gli interessi ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, confermando nel resto la sentenza di primo grado, che aveva respinto le domande della società Crispi 6 di risarcimento dei danni causati dal ritardo sia nella ultimazione delle opere che nel rilascio del certificato di agibilità, rappresentati dai mancati introiti della locazione dell’immobile ad uso alberghiero alla Fragola s.r.l..
La Corte territoriale motivò la decisione di rigetto delle domande di risarcimento dei danni avanzate dalla società committente i lavori di appalto rilevando che le parti non avevano concordato alcun termine per la consegna del certificato di agibilità mentre, con riguardo alla consegna dei lavori, avvenuta il 22 luglio 2008, le parti avevano sì previsto il termine del 20.9.2007, ma altresì contemplato espressamente l’eventuale differimento della ultimazione dei lavori in conseguenza della variante e del secondo permesso a costruire, sicché non era riscontrabile al riguardo alcun inadempimento dell’impresa O.; che con la lettera del 9.7.2008 la società Crispi 6 aveva riconosciuto quanto dovuto per le opere extra capitolato; che la domanda della committente di risarcimento dei danni per il mancato incasso dei canoni di locazione da parte della Fragola s.r.l. non era fondata, per avere la stessa società locatrice instaurato un giudizio di sfratto per morosità nei confronti di quest’ultima, per essere la società O. rimasta estranea a detto contratto di locazione e per essere sia la società Fragola, chiamata in causa, sia la società Sh s.r.l., intervenuta in giudizio affermando di essere titolare dell’esercizio dell’attività alberghiera nell’immobile oggetto dei lavori, le cui domande erano state respinte in primo grado, rimaste contumaci nel giudizio di appello, rinunziando così alle loro pretese risarcitorie.
Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 21.6.2016, con atto notificato il 21.9.2016 ricorrono la società Crispi 6 di B.M. & C. s.a.s. e E.C., sulla base di sette motivi.
Resiste con controricorso la O. Progetti s.a.s. di G.O. & C.. Le società Fragola e SH non hanno svolto attività difensiva.
La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata. Le parti ricorrenti hanno depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione al capo della sentenza che ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni per ritardo nella ultimazione dei lavori.
Si assume in particolare:
– la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale motivato sul rilievo che l’eventualità del differimento del termine contrattuale di ultimazione era stato concordato dalle parti in conseguenza della seconda variante e del secondo permesso di costruire presentati in tempi evidentemente incompatibili con l’originario termine di consegna, senza che sul punto la società O. avesse evidenziato alcun evento impeditivo;
– la violazione degli artt. 1362,1363,1366 e 1371 c.c., per avere male interpretato la clausola relativa al differimento del termine, fermandosi ad una sua lettura atomistica, senza collegare la sua portata al contratto di locazione stipulato dalla Crispi 6 con la società Fragola, efficace fin dall’1.8.2008;
– la violazione degli artt. 1218,1460 e 2697 c.c., per avere escluso il ritardo dell’appaltatore sulla base della semplice clausola di cui sopra, in assenza della prova da parte di quest’ultimo di uno specifico impedimento all’ultimazione dei lavori, violando così anche la regola sull’onere della prova;
l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, rappresentato dalla circostanza che la società O. aveva presentato la domanda del secondo permesso di costruire in data 18.6.2017, in tempo, si sostiene, ampiamente utile al completamento dei lavori in base al termine contrattuale.
Il mezzo è infondato.
Quanto alla prima censura, il vizio di extapetizione non sussiste, atteso che dalla lettura della sentenza impugnata emerge che, a fronte della contestazione avanzata dalla società committente di ritardo nella ultimazione dei lavori, la Corte di merito, nel decidere sul punto, ha esaminato i documenti prodotti in causa al fine di accertare se era stato fissato un termine di compimento delle opere e quindi l’eventuale sussistenza del ritardo addebitato all’impresa, giungendo alla conclusione che il termine originariamente convenuto non era da considerarsi essenziale avendo le parti previsto che “… eventuali ritardi nella ultimazione delle opere saranno tollerati oltre che per causa di forza maggiore anche per eventuali problematiche connesse alle pratiche concernenti l’ottenimento del secondo permesso di costruire e della variante delle due camere in più…”, ravvisando in tale accordo un sostanziale differimento del termine originariamente previsto per la ultimazione dei lavori al 20.9.2007.
La censura di violazione delle norme di interpretazione del contratto concluso tra le parti, per non avere il giudicante posto in correlazione il termine previsto per la ultimazione dei lavori con il contratto del 22.5.2007 con cui la committente concedeva in locazione alla Fragola, a partire dall’1.8.2008, l’immobile in questione, è priva di pregio in quanto si basa sul presupposto indimostrato di un consapevole collegamento negoziale tra i due contratti, che vale a dire non solo la O. Progetti fosse a conoscenza della locazione dell’immobile oggetto di appalto ma si fosse in qualche modo impegnata a completare i lavori al fine di consentirne la regolare esecuzione, in contrasto, si può aggiungere con il rilievo della Corte di appello secondo cui la, O. non aveva partecipato al contratto di locazione, cioè era, rispetto ad esso, del tutto estranea.
Quanto alla terza censura, che deduce la violazione delle disposizioni codicistiche in tema di inadempimento, si osserva che la Corte di appello ha motivato la sussistenza del differimento del termine di ultimazione dei lavori sulla base sia della clausola negoziale sopra riportata, che in ragione del rilievo che la previsione della variante e del secondo permesso di costruire erano stati “presentati in tempi evidentemente incompatibili con il rispetto dell’originario termine di consegna”, considerazione questa che integra un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di giudizio di legittimità.
Priva di pregio è per l’effetto anche la censura di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito, si sostiene, dalla presentazione, in data 18.6.2017, della domanda del secondo permesso di costruire, atteso che tale circostanza, come appena sopra rilevato, è stata considerata dalla sentenza.
Il secondo motivo di ricorso denunzia vizio di omessa pronuncia, violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione al capo della sentenza che ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni per ritardo nella consegna del certificato di agibilità dell’immobile.
Si assume in particolare:
l’omesso esame dell’eccezione secondo cui la O. Progetti aveva omesso di eseguire il collaudo strutturale dell’edificio e di provvedere alle altre incombenze necessarie per l’acquisizione del certificato, indicando falsamente nella domanda di avere eseguito il collaudo statico delle strutture in cemento armato;
la violazione degli artt. 1362,1363,1366 e 1371 c.c., per avere affermato che le parti non avevano stabilito alcun termine per la consegna del predetto certificato, senza collegare la previsione di tale obbligo al contratto di locazione stipulato dalla Crispi 6 con la società Fragola, efficace fin dall’1.8.2008 e senza ravvisare nella lettera del 9.8.2008 l’assunzione di un nuovo impegno da parte della O. all’immediata consegna del compendio immobiliare munito delle necessarie certificazione;
la violazione dell’art. 1183 c.c., comma 1, che legittima il creditore, in caso di mancata apposizione del termine, ad esigere immediatamente l’adempimento;
– l’omessa pronuncia sull’eccezione svolta dalla odierna ricorrente sulla falsità delle attestazioni contenute nella lettera del 9.7.2008 circa l’esecuzione del collaudo statico;
– l’omessa applicazione degli artt. 1175 e 1375, per non avere la Corte di merito ravvisato nella falsa attestazione di cui sopra la violazione del principio di esecuzione del contratto secondo buona fede, traendo le dovute conseguenze in tema di inadempimento della società appaltatrice.
Il mezzo è infondato.
Quanto alla prima censura perché la sentenza impugnata si è pronunciata sull’eccezione di inadempimento attinente al ritardo per il rilascio del certificato di agibilità, affermando che nessun termine era stato concordato tra le parti per la sua consegna e che, conseguentemente, nessuna responsabilità poteva essere ascritta ad O. Progetti s.a.s..
Parte ricorrente deduce tuttavia che la Corte non avrebbe considerato che la richiesta di detto certificato conteneva la falsa attestazione della impresa in ordine all’esecuzione del collaudo delle strutture in cemento armato, che in realtà non era mai stato effettuato.
Sul punto si osserva però che tale circostanza non appare sostenuta dal ricorso dalla indicazione specifica degli elementi di prova da cui essa risulterebbe.
La censura di violazione delle norme di interpretazione del contratto ripete sostanzialmente, con riferimento al termine di consegna del certificato di agibilità, la doglianza svolta nel primo motivo ed è pertanto, per le ragioni sopra dette, da respingere.
La dedotta violazione dell’art. 1183 c.c., non sussiste, atteso che l’immediata esigibilità da parte del creditore della prestazione, in caso di mancata fissazione di un termine, trova un limite nella natura della prestazione da eseguire. In ogni caso si osserva che il ricorso non deduce alcun atto di parte da cui risulta che la committente avesse chiesto l’esecuzione della prestazione diffidando la controparte dall’eseguirla entro un determinato termine.
La dedotta omessa applicazione da parte del giudice, nella valutazione del comportamento delle parti, del principio di buona fede è inconsistente, non risultando dalla sentenza impugnata l’accertamento di fatti o comportamenti che avrebbero potuto portare a ritenere la violazione di tale dovere da parte della impresa appaltatrice.
Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1218,1223,1453 e 1668 c.c., nonché degli artt. 2043 e 2056 c.c., omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, omessa pronuncia, violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 34,39 e 295 c.p.c., in relazione al capo della sentenza che ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni per ritardo nella ultimazione dei lavori e nella consegna del certificato di agibilità, consistiti nel valore dei canoni di locazione non riscossi da parte della società odierna ricorrente. Il mezzo censura la decisione per avere negato tale danno pur essendo conseguenza dell’inadempimento dell’appaltatore, sulla base del rilievo che la società aveva iniziato procedimento di sfratto nei confronti della società conduttrice Fragola e chiesto in tale sede la sua condanna al pagamento dei canoni scaduti, senza considerare che la richiesta risarcitoria si riferiva anche al periodo precedente la suddetta locazione, a partire dalla data convenuta di ultimazione dei lavori, e che la pendenza di un tale giudizio avrebbe semmai richiesto il provvedimento di sospensione necessaria del processo ovvero la possibilità per la Corte di appello di pronunciarsi incidentalmente, ai sensi dell’art. 34 codice di rito, sulla questione ritenuta pregiudicante. Si lamenta inoltre che la Corte abbia dedotto erroneamente dalla contumacia delle società Fragola e S.h. la loro rinuncia a pretese risarcitorie nei confronti della esponente.
Il motivo è da ritenersi assorbito in considerazione del rigetto dei motivi precedenti, da cui risulta confermato l’accertamento compiuto dalla Corte di merito circa l’insussistenza dell’inadempimento da ritardo da parte della società O. Progetti, accertamento negativo che di per sé esclude per tale fatto il diritto al risarcimento dei danni lamentati.
Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, omessa pronuncia e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione al capo della sentenza che ha ritenuto validi ed efficaci gli impegni di pagamento assunti dalla Crispi 6 con la lettera del 9.7.2008.
Si assume in particolare l’omessa valutazione del fatto che al momento della consegna dell’opera la società committente era del tutto all’oscuro delle gravi inadempienze della controparte e della falsa attestazione in ordine al compimento del collaudo statico, venendone a conoscenza soltanto dalla relazione dell’ing. A., fatto che se correttamente valutato avrebbe portato il giudicante a ritenere legittimo il rifiuto al pagamento della committente.
Il motivo è inammissibile in quanto denunzia non già l’omessa considerazione di un fatto, bensì l’omessa formulazione di un giudizio circa la condotta che la parte addebita alla società O., vale a dire un mero apprezzamento delle risultanze istruttorie.
Il quinto motivo denunzia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, lamentando che il giudice di merito non abbia considerato che l’importo per le opere extra contratto non era stato concordemente quantificato dalle parti in Euro 151.578,78.
Il motivo è inammissibile, attendendo non già alla mancata considerazione di un fatto, ma al risultato della valutazione operata dal giudice a quo di un documento, vale a dire la lettera del 9.7.2008, da cui ha desunto l’avvenuto riconoscimento da parte della Crispi 6 dell’importo per le opere extra capitolato.
Il sesto motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia in relazione all’affermazione della sentenza secondo cui le parti avevano previsto un eventuale differimento del termine di ultimazione dei lavori mentre non avevano contemplato il termine per la consegna del certificato di agibilità, per non avere il giudice a quo esaminato la richiesta della Crispi 6 di accertare le reali cause della ritardata acquisizione del suddetto certificato.
Il motivo è da ritenersi assorbito in ragione del rigetto dei precedenti motivi, in particolare delle censure che attaccavano l’affermazione della Corte territoriale secondo cui le parti non avevano convenuto un termine per la consegna del predetto certificato.
Il settimo motivo di ricorso denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di legge e nullità della sentenza per error in procedendo, per avere accolto la domanda della società O. liquidando sulla somma ritenuta dovuta dalla società Crispi 6 gli interessi di mora nella misura prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002, ritenendo che essa avesse ritualmente proposto tale richiesta nella prima memoria istruttoria, senza considerarla inammissibile perché nuova e generica quanto all’ammontare richiesto.
Anche questo mezzo è infondato, tenuto conto che la sentenza impugnata ha dato atto che la richiesta di pagamento degli interessi moratori era stata formulata nella prima memoria istruttoria depositata ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 6 e che deve ritenersi corretta la valutazione dalla Corte milanese circa la sua ammissibilità, trattandosi di mera precisazione della domanda di pagamento degli interessi già formulata in atto di citazione e non di domanda nuova.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021
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